Non ci sono solo le stime del ministero del Tesoro britannico o della Banca centrale inglese, quelle che parlano di Pil inferiore di 4 punti percentuali, 100 o 200 miliardi in meno per la Corona, inflazione e crollo del valore della sterlina. Il ripristino delle barriere doganali, e non parliamo solo della frontiera tra le due Irlande, porterebbe a una contrazione significativa del turismo dall'Inghilterra secondo uno studio di Euromonitor International, che prevede il crollo delle uscite dal Regno Unito se il Parlamento, il prossimo 11 dicembre, dovesse bocciare l'accordo con l'Europa così faticosamente raggiunto dalla premier Teresa May e portare a un'uscita incontrollata dall'Europa dei 28 prevista per marzo 2019.
Il magazine de "L'agenzia di viaggi" riporta le parole di Caroline Bremner, di Euromonitor International: «Gli inglesi viaggeranno di meno al di fuori dei confini nazionali. In compenso l’ulteriore calo della sterlina renderà più attrattivo il Regno Unito come meta per le vacanze». Ne soffriranno i più giovani, ma in generale «chi avrà problemi a organizzare i propri viaggi all’estero saranno circa 20 milioni di persone».
Ne sconteranno le conseguenze le principali mete turistiche, dagli Stati Uniti alla Francia e al Portogallo, ma il Paese visitato di più dagli inglesi è la Spagna, che dagli inglesi prende il 21% delle sue entrate da turismo inbound. C'è infatti il rischio di dover essere costretti a pagare una tassa di 50 sterline sotto forma di visto della validità di tre mesi per poter entrare nell’area Schengen. Cambio imminente dei flussi turistici, quindi, che potrebbero portare l'emergente middle class asiatica a far decollare destinazioni come Stati Uniti, Thailandia e Hong Kong.
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