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Carlo Ciccoli (FdI): I cittadini non credono in questo strumento, va modificato alla radice



Per i sostenitori dei 5 quesiti referendari resta il disappunto, in altre sedi, come negli ambienti di centrosinistra, un disinteresse generale. Oggi appare chiara la situazione dopo i risultati dei 5 referendum sulla giustizia. Una percentuale di elettori si è detta favorevole all’abrogazione di parte delle norme, altra si è detta contraria, ma il risultato del referendum è stato reso nullo da una percentuale di astenuti che possiamo definire assolutamente da record. Un risultato che per tanti è parso come una sconfitta annunciata. Tenendo conto dei dati del Viminale i votanti non hanno superato il 21% degli aventi diritto. Il sito del ministero dell’Interno riporta questi dati di affluenza:


Quesito 1(incandidabilità dopo condanna): 20,95%

Quesito 2 (limitazione misure cautelari): 20,93%

Quesito 3 (separazione funzioni dei magistrati): 20,93%

Quesito 4 (membri laici consigli giudiziari): 20,92%

Quesito 5 (elezioni componenti togati CSM):20,92%


Su questi risultati, il commento del capogruppo di Fratelli d’Italia al Consiglio Regionale Marche, Carlo Ciccioli: “Il dato del 21% dei votanti mi lascia abbastanza perplesso visto che mi attendevo un risultato che si attestasse tra il 20% e il 30%. In sincerità mi aspettavo un maggior afflusso di votanti almeno un elettore su 4 al voto, elemento che non avrebbe cambiato comunque le sorti dei referendum”.


Cosa non ha funzionato in questa tornata referendaria?


“Credo ormai ci sia in Italia un vero e proprio pregiudizio di fondo da parte dei cittadini chiamati ad esprimere il loro parere, la loro posizione. La gente non crede nella validità o meglio nella reale utilità dei referendum. Ce ne soso stati tanti altri in passato che hanno anche riportato percentuali utili ai fini di cambiare le cose ma spesso non si sono apportate le modifiche richieste dai cittadini che così hanno perso fiducia in questo strumento”.


In sostanza una larga fetta di italiani li vede con scetticismo?


“Le leggi non sono cambiate e i più scettici hanno semplicemente deciso di non andare a votare, anche in questo mese di giugno. Lo hanno fatto deliberatamente, non per una forma di sciatteria o incuria. Erano consapevoli di non votare perché convinti che non sarebbe servito a nulla. Non ci sono distinguo da fare tra politici, cittadini comuni e professionisti. Un po’ tutti l’hanno vista cosi”.


C’è stata una forma di disinformazione su questi referendum?


“Direi che è parsa evidente a tutti noi. Aggiungo che ho riscontrato una profonda disinformazione: la gente non ne sapeva nulla a parte la fetta di addetti ai lavori nel panorama giustizia. In tanti mi hanno contattato perché non sapevano come votare. Erano edotti in via generica sul quesiti e sapevano si trattasse di temi legati alla giustizia ma non avevano approfondito gli argomenti e credo che non ci sia stata una informazione chiara e che ai referendum, a livello nazionale, sia stato lasciato, dedicato, pochissimo tempo, uno spazio marginale del panorama informativo nazionale. Ha pesato sul risultato negativo del flusso di votanti anche la modalità dei referendum, che sommo alla mancata pubblicizzazione con spazi destinati alla discussione e alla spiegazione dei quesiti solo negli ultimi giorni”.


La politica e i referendum, che ruolo?


“A seconda degli schieramenti, in tanti non li hanno sentiti come propri intesi come battaglie del proprio partito, altri non hanno affrontato l’argomento comportandosi con ostracismo, il Pd ad esempio non voleva che passassero ma si è semplicemente defilato. Matteo Salvini ha commesso un errore: ha esagerato nell’appropriazione dei referendum e cosi facendo ha ottenuto la contrarietà di chi quindi chi non sostiene le battaglie o non è sulla posizione della Lega”.


In chiusura, cosa occorre fare per rendere davvero interessanti i referendum proposti?


“Se il referendum non ha un’efficacia mi sembra evidente che il cittadino non lo vede come uno strumento valido, non lo considera di utilità. Di qui nasce un totale disinteresse perché chi decide di non esprimere il suo parere è convinto che oggi il metodo del referendum non serva a cambiare le cose. Credo anche che i quesiti sulla Legge Severino e la custodia cautelare siano oggi oggetto di incertezza e quindi non andavano proposti”.


Il suo è un giudizio tagliente sui referendum


“Per rendere valido un referendum intanto, a mio avviso, occorre una sostanziale modifica, andando alla radice della questione, modificando la stessa legge sui referendum. Proporrei di abbassare il quorum come accade già in Svizzera, considerando che la quota del 50% è decisamente esagerata. In secondo luogo andrei a creare referendum propositivi e on abrogativi”.


di Gianluca Amatucci


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