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Chi era Gianni? Un europeista convinto morto povero, Mach di Palmstein ricorda l’amico De Michelis



“Gianni è morto povero, come Pietro Nenni. Per una persona che ha avuto le importanti responsabilità e il potere che ha avuto lui è il complimento migliore che io possa fargli”. Ferdinando Mach di Palmstein, oggi, è un analista strategico che ha “un sogno” da regalare ai suoi figli: “costruire la Federazione degli Stati e dei Regni d’Europa” e non, ci spiega, “Gli Stati Uniti d’Europa” perché, nella Ue fino a oggi a 28 Paesi, ma presto a 27, con l’uscita del Regno Unito, convivono, appunto, “ben sei regni e corone”. Ma, ieri, Mach di Palmstein, è stato una delle menti del Psi di Craxi, intimo amico dello storico leader socialista, nonché di tutti i personaggi importanti nella vita del Psi. Compreso, appunto, Gianni De Michelis. Il “caro amico”, nel suo ricordo, non è mai separato – anzi, è inseparabile – dalla valutazione del politico e dello statista De Michelis. Abbiamo intervistato Mach di Palmstein per ricordarlo.


Perché la figura di De Michelis, ieri così controversa, è stata rivalutata da tutti, ma solo oggi che è scomparso?

Era controversa, la sua figura, è vero. Ma oggi, paragonato agli attuali politici, che sono molto meno competenti di lui, la sua assenza pesa. Aveva studio, passione, esperienza. Qualità che oggi scarseggiano, nel panorama politico.


Partiamo dal ‘lessico familiare’. Una famiglia importante, quella De Michelis. Ebrei veneziani colti. Il fratello, Cesare, ha fondato la omonima casa editrice.

Gianni possiamo definirlo un ‘doge di Venezia’. Sposa una signora coltissima e ricchissima dell’intellighentjia veneziana. Avevamo un’amica milanese in comune, ma appartenevamo a correnti diverse, nel Psi. Io con Craxi, lui con Signorile, delfino di Riccardo Lombardi, nella sinistra socialista. “Ciccio”, come chiamavamo Cesare, ha fondato la casa editrice, come dice lei, ed era un uomo coltissimo. Anche Gianni lo era. La sua ‘piattaforma’, si direbbe oggi, era il lavoro, lo studio, la curiosità infinita. Ancora vivo, di recente, si era appassionato agli studi della demografia.


Perché De Michelis rompe con Signorile?

Perché Signorile, con la collaborazione esterna di Giulio Andreotti, cerca di defenestrare Craxi in una drammatica riunione della segreteria del Psi. De Michelis passa con Bettino che gli ‘deve’, di fatto, il mantenimento del posto. Eravamo ai tempi dello scandalo Eni-Petronim. Furono momenti davvero drammatici, ma Craxi la spuntò e vinse.


Cosa pensava Craxi di De Michelis?

“Erano molto diversi. Lo stimava. Gianni ‘sapeva’ che Craxi era più bravo di lui, nel fare politica, e lo rispettava. Una volta Craxi disse a un amico: ‘Sai, è venuto da me Gianni. E’ preoccupatissimo per le sorti dell’Inps. Ma con tutti i problemi che ho, posso mai occuparmi dell’Inps?!’.


Quale era la posizione di De Michelis nel partito?

“Dobbiamo a Gianni la nascita del pensiero e del filone lib-lab italiano. Insieme a Carlo Scognamiglio, allora allievo prediletto di Guido Carli e tecnico di valore, poi Altissimo e Stefano Parisi, furono i fondatori del pensiero lib-lab.


De Michelis ministro. Prima alle Partecipazioni Statali

Si deve a lui la prima, vera, ondata di privatizzazioni dei grandi asset di partecipazioni statali italiane. Andreotti anche era molto consapevole del suo valore. Con quella sua vocina una volta disse di Gianni quello che diceva sempre di De Gasperi: “La differenza è tra i riformisti che parlano e i riformatori che fanno”. Gianni era un vero riformatore.


C’era anche Martelli, con i suoi ‘meriti e bisogni’….

Gianni stava al governo, Martelli al partito. Martelli ha ricondotto all’alveo democratico un pezzo della sinistra extraparlamentare, quella di Lotta continua, anche finanziando un giornale come Reporter. Ma fu Sofri il vero inventore della politica ‘dei meriti e dei bisogni’, non Martelli. E il vero riformatore era Gianni, non Martelli. Tra i due c’erano capacità politiche simili, ma qualità umane molto diverse. Gianni, al confronto, era e resta un gigante.

Parliamo del De Michelis ministro degli Esteri

Era stimatissimo negli Usa come in Israele. Il resto era lotta politica. Ha avuto dei tentennamenti sulla guerra tra Serbia e Croazia, con una posizione più filo-serba che filo-croata, ma questa è una mia opinione. Sentiva forte il richiamo della questione balcanica, ne era molto legato.


Ma Sigonella ci parla di un Craxi anti-americano…

Sigonella è stato un episodio, peraltro tollerato dagli Usa. Non è piaciuto, ovviamente, agli ebrei americani e a quelli israeliani. Un ebreo, in carrozzina, è stato buttato a mare e orrendamente trucidato, sulla nave ‘Achille Lauro’. Non sono cose che gli ebrei possono, giustamente, dimenticare. Ma Ronald Reagan, che non pure non tollerò la scelta di Sigonella, aveva capito le ragioni di Craxi. Eppure, dire a posteriori che Craxi è stato ‘fatto fuori’ per Sigonella è un errore storico madornale. Furono ben altre le ‘colpe’ che Craxi pagò e in anni molto successivi a quell’episodio.


L’amicizia tra Craxi e Arafat e l’Olp è un fatto, però

Certo. Ero presente quando Arafat venne ad Hammamet il giorno della morte di Bettino e mi strinse la mano perché mi aveva scambiato per un soldato di guardia alla casa. Una stretta di mano che non dimenticherò mai. Enorme, possente, calorosa. Come la sua mano. Craxi vedeva nei palestinesi un popolo debole e oppresso che voleva riportare nell’alveo della democrazia e, alla fine, ci riuscì.


De Michelis aveva posizioni diverse, però?

Gianni non era un estremista, era un riformatore, appunto. Quando andava negli Usa, prima di essere ricevuto al Dipartimento di Stato, dove era stimatissimo, andava da un suo caro amico, con il quale poi fondò il centro studi dell’Aspen, Enzo Viscusi, un beneventano che, per trent’anni, è stato il presidente di Eni Usa. Viscusi aveva sposato una figlia di Rockfeller, allora azionisti di Esso, poi Exxon, che investivano i loro fondi privati in azioni Eni. Eni che, dunque, era per metà statale e per metà azionaria, come proprietà, con i fondi della Esso in maggioranza. Poi i Roxfeller sono usciti dai fondi Eni e dalla Exxon per investire in energie rinnovabili, sotto la presidenza Obama. De Michelis, dunque, aveva una visione strategica dei problemi industriali dell’Italia. Un’altra cosa che fece fu di favorire l’Occidental nella chimica italiana, Occidental che era in mano a un petroliere in ottimi rapporti con la Russia. Come si vede, aveva una visione geopolitica completa.


Che tipo di Europa sognava, De Michelis?

Il mio stesso sogno, quello di una Federazione degli Stati e dei Regni d’Europa, il sogno di tutti i veri europeisti. Lo stesso sogno che coltiva, oggi, per capirci, Mario Draghi.


Come visse il periodo di Tangentopoli?

Con la superiorità del vero uomo politico che non si abbatte per una tempesta giudiziaria o, meglio, per l’interferenza della giustizia nella politica. Aveva un suo uomo di fiducia, Giorgio Casadei, che in carcere, ormai, aveva le porte girevoli: entrava e usciva. Anche Martelli ne ebbe uno, Restelli. Gianni è morto povero, come Nenni.


Sperò nella ricomposizione della diaspora socialista…

Sì, credette in Berlusconi, ma fu un errore. Berlusconi dei socialisti era amico, ma solo se restavano sotto la sua ‘alabarda spaziale’, altrimenti li respingeva o tramortiva.


Parliamo degli aspetti ‘contestati’. La chioma, il ballo…

La discoteca è un luogo visibile. Gianni non nascondeva le sue passioni: il ballo e l’altro sesso, quello ‘naturale’. Non lo esibiva e non lo nascondeva. Si divertiva molto a ballare. Al mio matrimonio invitò a ballare mia moglie al posto… dello sposo, che ero io. Solo un grande amico lo può fare. Vede, il perbenismo ha ucciso le nostre democrazie, insieme al politically correct dei liberal made in Usa. È liberalismo, non liberismo, che sta uccidendo i nostri Paesi mentre le dittature autoritarie e guerrafondaie proliferano. E il movimento del Meetoo è un’altra forma di razzismo. Non si può stare né con loro né con le dittature illiberali.


Di uomini come De Michelis non ne fanno più…

No, ci sono, ma vivono nella società, lavorano, fanno gli imprenditori. Hanno paura della politica perché hanno paura dei giudici. In Italia come in Francia e negli Usa. Devono avere il coraggio di uscire fuori, ma ci sono. E, come me, coltivano il sogno di una Federazione degli Stati e dei Regni d’Europa. Lo stesso sogno di Gianni.


di Ettore Maria Colombo

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