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Chi ha paura di toccare Sangiuliano? I dem partono all’assalto di Tg1 e Tg3, ma mai del Tg2



D’accordo, sarà pure la settimana di Sanremo, ma la polemica politica sull’informazione non conosce tregua. Anche perché la campagna elettorale per le regionali non si ferma affatto, dato che fra pochi giorni si vota in Abruzzo e la partita è molto aperta. In pratica non esiste un silenzio elettorale per far sentire le canzoni. Sarebbe davvero troppo. E così succede che dalle fila del Pd, in evidente difficoltà per le vicende congressuali e in crisi di nervi per i sondaggi, c’è chi se la prende con il Tg1 e il Tg3, ovvero con le testate che dovrebbero essere maggiormente sensibili alle cose di casa Dem. E che le cose non stiano andando nel verso giusto, lo dimostra il fatto che non viene attaccato il Tg2, come tutti si aspetterebbero essendo quello che si è maggiormente smarcato dal coro del politicamente corretto, ovvero il filo governativo andante, aprendo nuove finestre sulla realtà.


Cosa che gli altri non fanno. No, il problema sono il Tg1 e il Tg3. Dunque avanti tutta con l’assalto ai due telegiornali della Rai. «Nelle edizioni di pranzo di oggi Tg1 e Tg3 sono stati gli unici telegiornali ad aprire con il Restitution Day elettorale del Movimento 5 stelle, a tre giorni dal voto in Abruzzo», afferma il senatore del Pd, Davide Faraone, capogruppo dem in commissione Vigilanza. Legittimo sollevare la questione, tranne per un dettaglio. Le elezioni regionali interessano gli addetti ai lavori e gli elettori chiamati al voto. Semmai al momento del risultato il dato assume un valore nazionale. «Tutti gli altri tg, sottolinea Faraone, hanno aperto con altre notizie: Tg2 con Trump, Tg5-Tg4-Studio Aperto con le indagini sul caso del giovane Bortuzzo, Tg La7 con lo scontro nel governo sulla Tav. Anche i siti dei giornali (Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero, Il Fatto Quotidiano) aprono con altro, nessuno con la manifestazione M5s». Ecco l’elenco dimostra, semmai ve ne fosse bisogno, quanto sia ancora forte il pluralismo nel sistema dei media italiani.


«L’informazione del servizio pubblico, pagata da tutti gli italiani, trasformata in propaganda per il partito di Di Maio, Grillo e Casaleggio. Direttori con lunga carriera in Rai, come Carboni e Paterniti, diventati trombettieri politici», conclude. Concetti e polemiche, quelli di Faraone, usati quasi tutti i giorni dal deputato Dem Michele Anzaldi, diventato il Gasparri di sinistra, che attacca sistematicamente Tg1 e Tg3, facendo quasi pensare che dietro agli assalti vi siano ragioni personali e non politiche. Come spesso accade. Insomma, l’esponente del Pd usa la strategia della goccia d’acqua, scordandosi che quando al governo c’era Matteo Renzi accadeva la stessa cosa. Solo che allora Anzaldi se la prendeva con quelli che non incensavano il Pd. Basta invertire l’ordine dei fattori e il risultato non cambia. Comunque, per non farsi mancare nulla se Faraone se la prende con i Tg, Anzaldi contesta Sanremo e la conduzione di Bisio, come da copione insomma.


di Alberto Milani

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