Leggere gli articoli strumentali del “Corriere della Sera” che esaltano il ruolo di Cinecittà ed i risultati raggiunti, crea un senso di sgomento, di stupore e di depressione. La “risposta italiana ai sogni hollywoodiani” è talmente falsa da rischiare di essere comica, con affermazioni di nessun pregio e nessuna sostanza come “il mix di accordi a lungo termine e vendite singole” che non è una strategia, è un “dò cojo cojo” tipicamente romanesco.
Il vero motivo per il quale alcune società straniere soggiornano nel nostro paese è il paradossale tax credit, che viene abusato in tutti i modi possibili.
Senza tax credit l’industria si sposterebbe automaticamente in paesi più generosi, perché così è il cinema, e purtroppo così è diventata la televisione, grazie alla estensione strumentale e malsana del tax credit anche alle serie.
L’accordo con Fremantle per l’uso di sei teatri di posa per cinque anni è il doveroso inchino di Maccanico al suo ex datore di lavoro, che tutto è tranne un uomo generoso verso il nostro paese, dal quale sa abilmente succhiare il nettare sempre a vantaggio di una società estera. Non c’è nulla di virtuoso nell’affitto, che è solo un modo per creare un po' di reddito.
Quando Cinecittà fu affidata alle sapienti mani di Abete, che vagheggiava una specie di monopolio dei teatri di posa con quindici anni di ritardo, Blandini annunciò ai quattro venti che finalmente entravano in azione i privati, e che finiva l’epoca dei baracconi di Stato, inutili e costosi.
Abete ridusse Cinecittà un colabrodo, ma, invertendo la rotta, Franceschini sostenne la tesi che finalmente lo Stato rientrava in possesso di quella ottava meraviglia che è Cinecittà, evidentemente necessaria come strumento per far circolare i soldi alla cultura.
A dimostrazione di ciò è stata sufficiente la nomina di Bettini, esperto nella materia.
Leggere che verranno costruiti altri capannoni in un terreno non confinante, e che verranno favoriti i giovani, non sembra essere coerente con l’amianto delle vecchie strutture e l’avviso di sfratto ad alcune realtà giovanili presenti in loco, ma, come è ormai palese, l’ordine è quello di vantare risultati plateali per giustificare l’arrivo dei soldi.
Una vicenda triste quella di Cinecittà, che se fosse raccontata come si deve avrebbe il vantaggio di illustrare perfettamente la decadenza della politica e dell’amministrazione di questo paese.
di Michele Lo Foco
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