Il neo presidente, autonominato, del Venezuela, Juan Guaitó, non potrà dire di guidare il Paese fino a quando non sarà riuscito a conquistare il consenso e l’appoggio delle alte gerarchie militari. In ogni passaggio cruciale della storia del Venezuela, in cui c’era il rischio dello scivolamento verso una forma di governo autoritario, i militari hanno sempre giocato un ruolo centrale.
In questa situazione rompere il legame che lega i vertici delle forze armate con Nicolas Maduro non è semplice giacché si tratta di un rapporto di potere che ha regalato ai generali privilegi e ricchezze, consegnando di fatto nelle loro mani, il motore economico del Paese.
Secondo il ministero del Tesoro degli Stati Uniti, le alte cariche militari del governo di Maduro, quali il ministro della Difesa, Vladimir Padrino, il generale maggiore delle forze armate Gerardo Rangel, l’ex comandante della Guardia nazionale, Nestor Reverol, che ha un ruolo apicale nei ministri degli Interni e della Giustizia, sono anche trafficanti di droga e invischiati in intrallazzi di ogni genere. Riciclaggio di denaro, frodi, estrazioni minerarie illegali, con tutto il business che vi ruota attorno, rappresenterebbero la base del solido legame tra i militari e Maduro. È evidente, come afferma l’analista della IHS Markit, Diego Moya-Ocampos, “se cade Maduro, cadono anche loro”.
È questa la situazione con cui deve fare i conti Juan Guaidó cercando di acquisire il comando e quindi il controllo delle alte gerarchie militari. Moya-Ocampos spiega che «quello di Maduro è un governo militare nel quale l’alto comando delle forze armate è parte del governo. Pertanto sarebbe alquanto strano che coloro che sono ora in posizione di vertice e quindi con grande potere, rinunciassero a tutto questo». Guaidó sta facendo un’azione di forte pressione sui soldati e sui generali affinché lo riconoscano come Presidente. Anche se questo è difficile da far passare per un governo che vuole segnare una discontinuità rispetto al passato, è comunque l’unica strada per abbattere Maduro. Guaidó ha presentato una proposta all’Assemblea Nazionale: l’amnistia sui reati di presunta corruzione e violazione dei diritti umani a chi diserta. Questa offerta potrebbe convincere le fasce medio basse dei corpi militari ma di sicuro, osserva l’analista Moyà-Ocampos, non è abbastanza per i vertici. Maduro ha consentito ai ranghi più alti delle forze armate di occupare posizioni chiave nell’economia del Paese e di accumulare ingenti fortune. Controllano i porti, hanno appalti per centinaia di progetti relativi al settore immobiliare pubblico, concessioni sull’attività mineraria e sui sevizi petroliferi e soprattutto hanno in mano quello che è il gioiello del Venezuela, il Petroleos de Venezuela, la compagnia petrolifera statale venezuelana.
Lo storico Tomas Straka, professore all’Andres Bello Catholic University di Caracas, sostiene che nonostante il Paese sia in una fase buia della sua storia, in un drammatico declino, sarebbe una sorpresa se i capi militari non continuassero a sostenere il regime. «I loro interessi economici sono strettamente connessi con Maduro». Secondo gli Stati Uniti, sono interessi perlopiù illegali. Dal 2015 Washington ha sanzionato decine di attuali e ex alti funzionari della sicurezza con l’accusa di corruzione, traffico di cocaina, violazione dei diritti umani nella repressione delle proteste contro il governo. Maduro ha condannato le sanzioni americane sostenendo che erano senza fondamento o che le motivazioni erano state costruite in modo strumentale. Il consenso di cui gode da parte degli apparati militari è molto forte. Il giorno dopo che Guaidó si è autoproclamato Presidente legittimo davanti a una folla adorante a Caracas, il ministro della Difesa, Padrino e otto comandanti regionali hanno giurato fedeltà a Maduro e denunciato il colpo di Stato. Padrino, parlando a Caracas nella più importante base militare, ha usato parole di fuoco: «Le forze armate giurano di morire per il padre della patria e respingono un governo illegale». Nello stesso momento Maduro cantava vittoria. «L’esercito si è espresso ed è dalla parte della costituzione e del popolo. La sua voce è forte e chiara» ha detto in una dichiarazione. Guaidó, intanto, ha fornito alcuni dettagli sul progetto di un’amnistia, annunciando che presenterà le misure adottate dall’Assemblea Nationale, ma non ha specificato dove e quando. Allo stesso tempo continua l’azione di lobby per conquistarsi l’appoggio dei militari.
di Laura Della Pasqua
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