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Con De Santis al Festival dell’incompetenza perde il popolo e muore la musica italiana



dal nostro inviato


E tanto tuonò che piovve. Una pioggia di fischi travolgenti, urla catartiche in un rito liberatorio partito quando sul teleschermo dell’Ariston è comparso il nome di Simone Cristicchi e subito dopo quello di Loredana Bertè. In rapida sequenza i due cantanti che tanto piacevano alla gente e che non sono entrati nella terna dei vincitori hanno unito un popolo stanco di questa Rai del cambiamento che piace solo alla De Santis, della contiguità che alla fine ti fa allontanare dalla meritocrazia e dalla tensione di cinque serate appiattite al volere dei vertici. Sul palco l’imbarazzo totale dei tre poveri conduttori, sacrificati sull’altare dalla direttrice di RaiUno già prima che questo festival cominciasse. Castrati nel contenuti, appesi a un gobbo che scandiva le scene volute da dirigenti incapaci e maniaci del controllo, che ieri in sala, prima della classifica, correvano a destra e a manca spulciando carte che solo loro sanno.


Teresa De Santis

Chi ieri sera era all’Ariston ha detto basta: nonostante la Rai abbia cercato di silenziare in video il fragore dei fischi non c’era modo di continuare la trasmissione. Di fronte a un impietrito Baglioni e a una Virginia Raffaele con gli occhi sbarrati, è toccato a Claudio Bisio il compito di calmare gli animi. “Mi prendo io la responsabilità, Loredana Bertè è incoronata vincitrice dall’Ariston”. Bisio ha rialzato la testa, ha lavato l’onta dei suoi monologhi pilotati e ha dato al popolo quello che voleva il popolo. Una magra consolazione, tanto che da quel momento il pubblico in teatro non è stato più lo stesso, pervaso da un’ombra di complotto che porta alla resa. Per 69 anni il Festival della canzone italiana che ha fatto apprezzare Sanremo in tutto il mondo è stato il festival della canzone nazional popolare, la kermesse che univa un popolo di eroi, santi, poeti, artisti e navigatori. Si sa, gli italiani godono di poco e basta una canzone per farli contenti. Quel panem et circenses che l’antica Roma non mancava mai di dare alla gente. Per la prima volta nella storia di Sanremo, però, il concorso canoro non ha messo al centro la musica e i bisogni degli italiani. Ha creato invece, e volutamente, uno scontro culturale, in un momento in cui gli italiani sono stanchi e ormai ripetono ovunque la frase simbolo di Salvini, quel “prima gli italiani” che ha portato la Lega al governo con i 5 Stelle.


Allora succede che in un paese governato da populisti e sovranisti, i dirigenti di RaiUno compiano, nel loro stagnante ambito di potere, un colpo di Stato, in spregio di chi li ha piazzati a occupare immeritatamente quel posto. Un colpo di Stato, sì, perché quello che è successo ieri all’Ariston ha creato un precedente sul quale, probabilmente, bisognerà fare luce. La domanda che tutti si fanno è: come è possibile che gli italiani, al costo di 51 centesimi, decretino Ultimo come il vincitore (con il 46,5 per cento delle preferenze contro il 14,1 di Mahmood) si vedano stravolgere il risultato da una giuria d’onore o di “qualità “, composta da quattro gatti ben selezionati dai peggiori radical chic del servizio pubblico? Tecnici che non hanno nulla di tecnico, come Joe Bastianich, un ristoratore molto ricco che non si capisce come possa passare da programmi di cucina a massimo esperto di musica e arte. Senza contare la sua assoluta inadeguatezza come giurato, una figura che dovrebbe dimostrare obiettività e che non può permettersi di twittare a gara aperta, l’invito ai suoi follower a votare la canzone dei Negrita sugli sbarchi. Altro che tecnico, un politico ammaestrato per portare a compimento il “brillante” piano della De Santis. E come lui gli altri attori e personaggi senza alcun legame con la musica chiamati a sovvertire il senso di quello che è sempre stato Sanremo. Spenti i riflettori sulle qualità del povero Mahmooud e dei suoi “Soldi”, la cui unica colpa è quella di essere diventato una pedina in mano ai politicanti della Rai, si accendono le luci sui giochetti poco chiari di questo Festival. La Corte dei Conti ha aperto un fascicolo sul contratto di Baglioni e prossimamente la De Santis potrà spiegare meglio ai magistrati contabili l’arrampicata sugli specchi della “contiguità “. Inoltre c’è una pioggia di richieste di chiarimento, da parte degli utenti dei social network, sul funzionamento e peso del voto da casa. Sarebbe ora che, di fronte a un'evidenza senza precedenti, qualche pm prenda in mano la situazione. Altrimenti Ultimo sarà sempre e solo ogni italiano.


di Rita Cavallaro

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