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Concessionari pertinenziali manifestano al Mef per la riforma dei canoni che strozzano le aziende

Aggiornamento: 5 apr 2019



Si è spostata sotto la sede del Mef in via XX Settembre la protesta dei concessionari pertinenziali, che da anni lottano contro un canone demaniale impazzito in seguito alla mancata riforma dei canoni concessori – ancora soggetti a una legislazione datata 1989 – attesa dal 2003, quando il ministro Tremonti dell’allora governo Berlusconi adottò una soluzione che prevedeva l’aumento del 300% per tutti i concessionari, andando a sanare evidenti situazioni di privilegio, senza però intaccare la sopravvivenza delle aziende. Dal 2003 in poi, tra deroghe e condoni (nel 2006 il governo Prodi abrogò la legge e condonò gli anni precedenti per 550milioni) il provvedimento non solo non ha mai visto luce, ma ha creato una situazione di evidente squilibrio ai danni dei concessionari detti appunto pertinenziali (che abbiano cioè costruito sul terreno demaniale strutture in cemento) che si sono ritrovati a sopperire al mancato gettito derivante dal congelamento della riforma e a veder aumentare da un anno all’altro – per giunta con reatroattività – il loro canone, schizzato del 3000 fino al 5000%, che sta letteralmente strozzando circa trecento aziende in tutta Italia. Come sottolineato dal portavoce del coordinamento concessionari pertinenziali, Walter Galli, nel corso di un’intervista su Spraynews, «Siamo stati agganciati ai valori immobiliari Omi (peraltro in categorie pure sbagliate e che non prendendo in considerazione l’attività svolta dai concessionari) e i canoni che ne sono usciti sono inverosimili, fuori da ogni logica di mercato. Succedono delle vere follie; comuni ad alta valenza turistica che pagano 5 euro al metro quadro e città come Pomezia dove si arriva a 20 euro». Il paradosso, come più volte ripetuto dai manifestanti, è che concessionari con identiche redditività si trovino a pagare cifre completamente sproporzionate. Nel caso dei cosiddetti “balneari”, i canoni si aggirano attorno ai 4mila euro l’anno, a fronte di cifre stimate in 60-70mila euro, con punte di addirittura 200mila, per la categoria vessata.


Un presidio di circa trenta persone che hanno fatto sentire la propria voce con cori, cartelli e striscioni per chiede un incontro e sollecitare la politica, in particolare i sottosegretari Massimo Bitonci (Lega) e Laura Castelli (M5S), a rispettare le promesse fatte in campagna elettorale, quando era stata annunciata finalmente una riforma dei canoni che eliminasse il pesante squilibrio ai danni dei pertinenziali, ridistribuendo il carico su tutti i soggetti concessionari ed eliminando il paradosso ancora in piedi. Ci sono di mezzo anche le pendenze passate, decadenze e cartelle esattoriali che, come nel caso di Maria, imprenditrice da quasi trent’anni nella riviera romagnola, ammontano a poco più di 600mila euro. C’è poi quella di Marcella, a cui lo Stato richiede più di 800mila euro. Angelo, uno dei membri più attivi del comitato, direttamente dalla Versilia, ci spiega che, solo tra i presenti, sono decine le famiglie di dipendenti che aspettano di conoscere il proprio futuro, legato a quelle aziende che rischiano di fallire. C’è Cinzia, tra le promotrici del comitato, che si dice pronta «a incatenarsi» finché non arriveranno risposte concrete dagli amministratori pubblici. A tenere alti i cartelli anche qualche giovane, come Giada da Cesenatico, che ha accompagnato il padre per supportarlo nella protesta e che ci spiega come la loro sia una lotta «di cui non importa quasi a nessuno e soprattutto di cui nessuno parla. Siamo pochi, tra le duecentocinquanta e le trecento aziende, non spostiamo numeri e voti come per i balneari. I media devono far conoscere la nostra storia».


Dopo ore passate sotto la pioggia al ritmo di fischietti e trombette, finalmente una delegazione del Coordinamento è riuscita ad ottenere un incontro, prima con il Segretario di Massimo Bitonci e in seguito con il Sottosegretario grillino Alessio Villarosa, cui spetterà la delega demaniale, che si sarebbe impegnato ad assicurare entro novembre 2019 un provvedimento, nel decreto della legge di stabilità, che sospenda i pagamenti, le decadenze e le cartelle esattoriali sino alla riforma dei canoni. «Villarosa si è impegnato in prima persona assicurandoci la sospensione dei pagamenti arretrati nell’emendamento che presenteranno nel corso dell’iter legislativo. Come comitato non possiamo che continuare a vigilare e a lottare per interrompere questa ingiustizia e riprenderci le nostre attività» ha dichiarato il portavoce del coordinamento Walter Galli.


di Alessandro Leproux

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