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Confindustria chiede un piano shock sui cantieri ma per Alitalia nessuno si presenta all’appello




“Serve un piano shock per far ripartire l’economia”. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia striglia ancora una volta il governo, attaccando la decisione di mettere in stand by la Tav e di rallentare le grandi opere infrastrutturali. I cantieri già finanziari vanno aperti perché possono essere un volano per la ripresa con la creazione di migliaia di posti di lavoro.

Boccia fa da megafono all’insofferenza ma anche alla sorpresa degli imprenditori del Nord, il grande bacino elettorale della Lega, per la decisione inaspettata di Salvini. Il grido della Confindustria è una sorta di warning lanciato al vicepremier, un avvertimento che il cuor produttivo del Paese è pronto a mollarlo se non si mostrerà coerente con quanto detto in campagna elettorale e soprattutto con quello che è il DNA della Lega.


Gli imprenditori si sentono traditi e avvertono che da ora fino alle elezioni europee, le due forze di maggioranza potrebbero oscillare tra inciuci e colpi di fioretto ma comunque tutto resta cristallizzato, le grandi decisioni sono rimandate.

In una intervista a La Repubblica, Boccia rimanda agli ultimi dati congiunturali che ind cano un economia in rallentamento, che è anche globale e colpisce Paesi più forti come la Germania, ma che rischia di avere un impatto grave sull’Italia.

Il Presidente di Confindustria non crede nell’effetto di traino per la ripresa della legge di Bilancio. “Le nostre imprese associate ci dicono che anche a gennaio si avvertono cali di fatturato e l’eventuale effetto sulla domanda interna auspicato dal governo non basterà a contenere il rallentamento dell’economia. Occorre fare anche altro, non si può prescindere dalle ragioni dello sviluppo. Perché la questione sociale si deve affrontare puntando sullo sviluppo. Dobbiamo combattere la povertà, non rischiare di far aumentare gli attuali cinque milioni di poveri”.


Quindi chiede di “agire subito” senza aspettare le europee. E questo vuol dire far partire i cantieri “usando le risorse già stanziate” che in “ tre anni potrebbero generare un incremento del Pil dell’1 per cento”.

Per Boccia questo governo sta tradendo quella che è la natura dell’Italia, di seconda manifattura d’Europa. Invece le politiche finora attuate, “sono ostili all’industria”. Rinunciare alla Tav, incalza Boccia, che “è finanziata per una parte dall’Europa significa rinunciare all’occupazione che a regime generebbero i cantieri — secondo uno studio della Bocconi darebbero lavoro a 50.000 persone — e in questo momento storico della vita economica dell’Italia e dell’Europa è davvero incomprensibile”.

Nega di temere l’uscita delle imprese pubbliche aderenti a Confindustria che pure sono state determinanti per la sua elezione. “È una fake news” dice. Le “pubbliche rappresentano il 2% dei voti e il 4% dei contributi che per Confindustria nazionale significa circa un milione di euro. Sono imprese quotate. Queste “minacce” non mineranno la nostra autonomia”.


Poi boccia il piano di salvataggio pubblico dell’Alitalia. “Servono vettori e aeroporti efficienti che colleghino il Paese al mondo. Non vorremmo che dietro questo nuovo interventismo pubblico vi sia solo una logica elettorale e assistenzialistica nonché tanta voglia di spartirsi un po’ di poltrone”. Ma dimentica che nessuna impresa si è fatta avanti per diventare partner dell’ex compagnia di bandiera. La stagione dei capitani coraggiosi è finita miseramente e troppo spesso gli imprenditori si sono offerti per rilevare aziende in difficoltà utilizzando però i soldi pubblici.




Ma questo Confindustria lo dimentica.L’allarme di Boccia ricorda tanto quel “FATE PRESTO”, il titolo a caratteri cubitali col quale il 10 novembre 2011 Il Sole 24 Ore lanciava un appello alle istituzioni per salvare l'Italia dalla crisi di fiducia che aveva fatto impennare lo spread BTp/Bund fino a 575 punti. Da allora il mondo imprenditoriale non ha mostrato di voler fare quel colpo di reni che chiede alla politica. Ci si attende sempre che il primo passo lo facciano altri.l “FATE PRESTO”, il titolo a caratteri cubitali col quale il 10 novembre 2011 Il Sole 24 Ore lanciava un appello alle istituzioni per salvare l'Italia dalla crisi di fiducia che aveva fatto impennare lo spread BTp/Bund fino a 575 punti. Da allora il mondo imprenditoriale non ha mostrato di voler fare quel colpo di reni che chiede alla politica. Ci si attende sempre che il primo passo lo facciano altri.


di L.D.P.





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