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Conte cede a Bruxelles: deficit al 2,04%, ora ci sono 7,5 miliardi in meno



Il passo indietro alla fine c’è stato. Il target del deficit nella manovra economica scende da 2,4 a 2,04% del pil. È questa l’offerta che il premier Giuseppe Conte ha presentato a Bruxelles incontrando il presidente della Commissione UE Juncker. L’obiettivo è di evitare la procedura d’infrazione, mantenendo però le due misure “bilancerà” del reddito di cittadinanza e di quota 100. Sembra passato un secolo da quel 27 settembre quando Di Maio affacciato a Palazzo Chigi si agitava rivendicando il risultato di aver imposto un deficit al 2,4%. Abbassare il deficit significa 7,5 miliardi in meno disponibili per la spesa. Cosa verrà sacrificato non è ancora chiaro. Conte, davanti alle telecamere, non ha fornito molti dettagli. Si è limitato a rassicurare che reddito di cittadinanza e quota 100 non sono messi in discussione’ «restano invariati e partiranno nei tempi previsti», ma che le relazioni tecniche su queste due misure indicano una minore spesa rispetto alle “prudenti” stime iniziali. Poi annuncia di aver «aggiunto qualcosa sul piano delle dismissioni».


Il fatto è che quota 100 e reddito di cittadinanza si sono già sgonfiati. L’uscita anticipata rispetto alla legge Fornero non è così vantaggiosa come sembrava all’inizio.

Per il reddito di cittadinanza, Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro della Lega, ha spiegato che il risparmio previsto, a fronte di minori risorse disponibili, è di 2 miliardi: 1,5 arriverebbero dai 10 in cassa per il reddito di cittadinanza (9 più 1 per i centri per l'impiego). Il restante 0,2% viene racimolato da un piano di dismissioni rafforzato rispetto a quello indicato nell'ultimo documento di bilancio. Il passaggio al 2,04 è importante ma non ancora decisivo per l'Europa. «Ci sono buoni progressi», fanno trapelare fonti Ue dal Palais Berlaymont poco dopo l'incontro Conte-Juncker. Ma la trattativa non è certo chiusa e continuerà nei prossimi giorni.


Sulla decisione di rivedere il deficit ha giocato un ruolo decisivo il pressing effettuato dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che, nel corso della colazione al Quirinale con il premier Conte e diversi ministri, aveva messo in guardia dai rischi che la procedura d’infrazione avrebbe sulla nostra economia e quindi aveva auspicato un accordo con Bruxelles. All’annuncio di Conte, la reazione dei mercati non si è fatta attendere con lo spread sceso di oltre 15 punti terminando a fine giornata a 272, livello minimo da inizio ottobre. La partita con Bruxelles però non è finita. Indiscrezioni dicono che la Commissione vorrebbe che si scendesse ancora, arrivando all’1,8%. Il governo però sa bene che alla Commissione non conviene tirare troppo la corda e aprire una procedura di infrazione per uno scarto così esiguo mentre ci sono problemi ben più urgenti da affrontare quali la rivolta dei Gilet Gialli e la paura terrorismo in Francia. Inoltre usare la mano pesante, significherebbe dare a Lega e 5Stelle un argomento forte per la campagna elettorale delle elezioni europee. Cioè dire che il governo italiano è stato disponibile ma si è scontrato con l’ennesima rigidità di Bruxelles.

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