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Conte-Salvini e quei sospetti dei leghisti sulla trappola di staccare la spina al Governo



Matteo Salvini reagisce duramente ma non rompe. Come era prevedibile. «Matteo mica è uno che si fa saltare i nervi così, a causa di Conte. Non scherziamo. È abbastanza furbo per non cascarci», spiega un parlamentare leghista sotto anonimato che giudica quel «li vado a prendere io in aereo» (riferito alla nuova crisi sull’immigrazione al largo di Malta ndr), pronunciato da un premier apparso sempre più in versione pentastellata l’altra sera in tv a Porta a Porta, come “due dita nell’occhio” della Lega e del suo leader.


Il governo andrà avanti, come del resto aveva preannunciato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio e numero due leghista Giancarlo Giorgetti pur aggiungendo che «il problema non è risolto». E pur ricordando lo stesso Salvini a Conte, cifre alla mano, che «gli altri paesi europei se ne fregano e noi corriamo?»; pur ricorrendo all’ironia quando sempre Salvini dice evidentemente riferito al presidente del Consiglio: «Baglioni? Canta che ti passa, lascia che di sicurezza, immigrazione e terrorismo si occupi chi ha il diritto e il dovere di farlo». Durezza alternata a ironia. Ma i nervi appunto non saltano. Perché dalla storia del «li vado a prendere io in aereo», tra i leghisti si va diffondendo, come un venticello malizioso, sempre più un sospetto. E cioè, come lo rappresentano alcuni, che Conte «potrebbe aver dato avvio alla strategia di farci saltare i nervi, indurci a staccare la spina, farci chiedere quindi, forti come siamo nei sondaggi, elezioni che però non ci verranno concesse, e quindi spedire noi all’opposizione, da dove magari vedere Conte premier di una nuova maggioranza con Cinque Stelle, di cui ormai lui sembra il vero capo che ha posto sotto tutela Luigi Di Maio, e un Pd a guida di Nicola Zingaretti.


E Forza Italia che farà, ci starà?». «Però, tiè, i leghisti non sono mica scemi», è la conclusione che viene fuori da queste congetture, sfoghi e sospetti alimentati nella parte “verde” del governo da una giornata in cui è stato braccio di ferro continuo sulla sorte dei migranti della Sea Watch e Sea Eye tra il premier e il ministro dell’Interno in visita a Varsavia. Qui Salvini ha incontrato il presidente del partito di maggioranza Aleksander Kaczysky e si è proposto di fatto come frontman dei sovranisti europei, pur continuando a declinare il sovranismo in chiave “eropeista”, ribadendo il ritorno alle radici del “vecchio sogno” contro “l’Europa dei burocrati”, e l’appartenenza dell’Italia alla Ue e alla Nato. Sembra ormai chiaro come ripetono ormai come un mantra un po’ tutti che fino alle elezioni europee il governo andrà avanti. Ma qualcuno della maggioranza azzarda che l’esecutivo potrebbe durare anche oltre e fa una battuta: «Quel che secondo i luoghi comuni dura poco alla fine dura sempre…». E però che ora la Lega non abbia più tra gli alleati-contraenti di governo come interlocutore soltanto Luigi Di Maio, considerato più malleabile, ma un osso dimostratosi molto più duro come Conte, è un fatto. Il presidente del parlamento europeo e vicepresidente di Forza Italia, Antonio Tajani la vede un po’ brutalmente così sulla vicenda dei migranti: «Ha vinto Conte, ha perso Salvini, ha vinto il buon senso». Tajani invita alla trattativa per la riforma del trattato di Dublino, secondo il quale è il Paese che viene raggiunto per primo a dover accogliere. Ma, intanto, la partita tra Conte e Salvini sembra solo iniziata.


di Paola Sacchi

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