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Contro l'invasione di stormi e gabbiani nelle città arrivano i falchi di Maurizio Alessandrini



Stamattina Maurizio Alessandrini si è svegliato quando era ancora notte fonda per stare al Colosseo alle prime luci del giorno. Stessa levataccia la farà domani. Lo ha chiamato una ditta americana che per conto di Google deve far alzare sul cielo della Città eterna dei piccoli droni per effettuare delle riprese dall’alto. Impresa complicata perché i gabbiani che ormai hanno invaso i cieli di Roma potrebbero attaccare i droni. Per evitarlo c’è un solo modo: utilizzare i falchi. E Maurizio Alessandrini è appunto uno dei più esperti falconieri che ci sia in Italia. Talmente esperto da aver trasformato quella che è iniziata più di venti anni fa come una passione per la nobile arte della falconeria in una professione vera e propria. Con la sua ditta “Falconieri Romani” Alessandrini organizza non solo l’allontanamento dell’avifauna infestante, ma partecipa agli spettacoli per le feste medievali, alla didattica per le scuole o alla passeggiate wild. Anche se l’attività più richiesta dal mercato è sicuramente l’allontanamento degli uccelli dai parchi e dai monumenti delle nostre città.

Possiede una trentina di rapaci che cura e addestra ogni giorno. Lavora in tutta Italia, poche settimane fa è stato a Moncalieri, in Piemonte, però il grosso della sua attività si svolge nella regione Lazio. I suoi falchi hanno liberato i giardini pubblici di Pomezia, Torvajanica e Latina dall’invasione dei piccioni. «Per allontanare le colonie di volatili – ci spiega - abbiamo utilizzato falchi di alto volo e poiane di basso volo, rapaci che in maniera non cruenta, sfruttando la paura genetica che gli uccelli hanno dei predatori, sono riusciti ad allontanare gli stormi». Il falconiere presidia anche diversi spicchi di cielo di Roma. Il palazzo dell’Acea è uno di quelli difeso dai suoi rapaci, così come il palazzo della Fao e la Galleria d’arte moderna o i Mercati generali. E poi anche luoghi istituzionali, «quelli su cui sventola il tricolore».


Chiediamo quali ma Alessandrini si chiude in un fermo riserbo. Possiamo solo immaginare che a difendere il Quirinale, oltre ai corazzieri, ci siano anche i falchi di Maurizio.

Una operazione che ha avuto un innegabile successo è stata la campagna anti guano al cimitero monumentale del Verano dello scorso anno. Una situazione oltre il limite di guardia se solo si pensa che negli ultimi anni il numero degli stormi ha raggiunto i 18 milioni di esemplari. Sul suolo, col tempo, si è depositato uno strato fastidioso e maleodorante di guano. Per mettere in fuga gli uccelli l’allora assessore capitolino ai rifiuti Pinuccia Montanari si è rivolta proprio ad Alessandrini. Ed oggi, ci racconta il falconiere, «si può finalmente camminare al Verano senza dovere fare lo slalom tra gli escrementi degli uccelli. Quest’anno al cimitero romano gli stormi non si sono fermati». Ed ora che Montanari non è più assessore? Alessandrini allarga la braccia. E ci spiega che se in Italia siamo molto indietro nello sfruttamento professionale della falconeria (anche se bisogna dire che da qualche tempo le gare per l’allontanamento degli uccelli infestanti hanno trovato posto nelle gare Mepa, lo strumento di eProcurement pubblico, gestito da Consip) nel resto del mondo questa attività è pienamente riconosciuta ed utilizzata nelle situazioni più diverse. Per dire, negli Stati Uniti l’utilizzo dei rapaci per allontanare gabbiani e piccioni dalle are aeroportuali e permettere il decollo in sicurezza dei velivoli è una prassi consolidata. «Ma anche al Cremlino c’è un corpo apposito di falconieri per liberare il palazzo che è la residenza ufficiale del presidente della federazione russa dagli uccelli infestanti».


Chiediamo se l’utilizzo dei falchi è una attività cruenta e la risposta e un netto «assolutamente no. È, al contrario, un metodo incruento ed ecosostenibile. I rapaci in assetto di caccia perciò stesso sono in grado di allontanare piccioni e gabbiani. Certo non basta una giornata per risolvere il problema, ci vogliono settimane di lavoro, occorre che gli uccelli percepiscano che quello spazio che prima era privo di pericoli è diventato per loro potenzialmente ostile, un territorio di caccia dei predatori». Insomma è, potremmo dire, la forza della paura a fare il grosso del lavoro. E in questo la perizia, la bravura e la strategia dei falconieri fa la differenza. Ma per liberare una città grande come Roma dai piccioni e dai giganteschi gabbiani che hanno ormai invaso ogni angolo della città, appollaiati sulle nostre vetture o, più spesso, sui cassonetti dell’immondizia, si potrebbe far conto solo sull’uso dei rapaci? «Roma è una città troppo grande, ci vorrebbero centinaia e centinaia di falchi. Quello che però si può fare è un’azione mirata, in cui oltre ai rapaci entrano in campo una molteplicità di risposte. In alcune occasioni, per esempio, reti e dissuasori sonori, i “distress call” che emettono emissioni sonore che riproducono il grido di allarme emesso dallo stesso storno quando si trova in situazioni di pericolo funzionano. Ma soprattutto occorrerebbe agire alla radice del problema. Gli uccelli vengono in città perché è un luogo caldo e sicuro e perché l’uomo non rappresenta un pericolo ma è, anzi, un fornitore di cibo per piccioni e gabbiani. Ebbene, in Germania per esempio hanno creato ai margini delle città area boschive riscaldate con pannelli solari. Il problema del nostro paese è la mancanza di prevenzione. Si prende l’aspirina per far passare il mal di denti e una volta che il dolore è passato nessuno si preoccupa più».


Succede così che l’attività di falconiere non abbia ancora un suo preciso inquadramento professionale. Perfino l’Inps ha difficoltà a collocare l’attività di Alessandrini, che pure ha una partita Iva e paga le tasse. Artigianato? Commercio? «Alla mia domanda l’unica risposta che ho avuto è che in Italia ci sono tante attività nuove che non hanno un inquadramento preciso! Che dire? Siamo un paese vecchio che fatica a stare al passo coi tempi». Il falconiere deve prendere il porto d’armi venatorio, è considerato un cacciatore anche se i falconieri professionisti come Alessandrini non praticano attività venatoria. «Io non vado a caccia, esercito un’attività di controllo del territorio, il fatto è che rilasciando fauna sono considerato perciò stesso un cacciatore». Anche la Lipu poi se le prende coi falconieri. Li accusa perfino di bracconaggio e si è messa – inutilmente – di traverso al riconoscimento della falconeria come un patrimonio immateriale dell’Unesco. «I nostri animali sono tutti d’allevamento» replica Alessandrini, «non solo, passano molte ore al giorno fuori dalle gabbie, in volo. La falconeria è un’arte che parte innanzitutto dal rispetto assoluto dei nostri rapaci. Accuse senza fondamento quelle della Lipu. Mi consolo, pensando che praticando la falconeria sono in compagnia di Federico II di Svevia che nel ritorno del falco sul pugno vedeva il compimento di un rituale in cui la forza, l’astuzia e l’intelligenza si manifestano in maniera piena».


di Giampiero Cazzato

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