Durissima la relazione sulla cybersecurity, depositata lo scorso 11 dicembre dal comitato parlamentare per la sorveglianza sui nostri servizi segreti. 28 pagine in cui vengono spiegate le motivazioni e attraverso le quali, i membri di Palazzo San Macuto, sede del Copasir, mettono in guardia i presidenti di Camera e Senato sull’ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione , configurazione e manutenzione delle reti 5 G. La stessa linea restrittiva è stata adottata da Australia, Nuova Zelanda e Giappone, altri paesi, al momento, si sono limitati a rafforzare le misure di sicurezza cibernetica senza escludere o imporre limitazione a soggetti partecipanti. L’attacco mirato proprio alla cinese Huawei, lanciata 32 anni fa dal militare cinese Ren Zhengfel, che ha potenziato in modo consistente la sua presenza commerciale nel mercato italiano ed è uno dei principali attori nella realizzazione delle reti 5 G e protagonisti di una dubbia vicenda nel 2009, quando si sarebbero verificati accessi non autorizzati durante l’installazione di backdoor sui cellulari forniti da Huawei a Vodafone Italia. Anche se indipendenti dal potere governativo, le aziende cinesi, sono collegate alle istituzioni del loro Paese, sopratutto in relazione alle norme di legislazione interna.
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