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Covid e Carcere: uno studio dell'avvocato Kishore Bombaci (Coordinatore Buona Destra Toscana)


Vista l’occasione dell’imminente visita nel Carcere di Sollicciano di Firenze del Ministro della Giustizia Marta Cartabia, Spraynews ha contattato l'avvocato Kishore Bombaci, Coordinatore di Buona Destra Toscana, chiedendogli alcune riflessioni sulla generale situazione carceraria in Italia, soprattutto in tempi di Covid.


“Le mie riflessioni – inizia Bombaci - ben lungi dall’essere esaustive, mirano semplicemente a illustrare, per punti, alcune criticità di una materia che avrebbe bisogno di un profondo riassetto normativo che, purtroppo, al di là di facili proclami – continua Bombaci – non si traduce in azioni e decisioni coerenti. Partiamo da un dato. Il numero totale dei detenuti in Italia è 54.134 suddivisi per le 189 prigioni nazionali. Un numero piuttosto alto in valore assoluto se paragonato alla popolazione residente regolarmente in Italia. Di questi, nel 2021, risultano 16.503 detenuti (nel 2020 erano 16.176) che non hanno subito una condanna definitiva. 8.498 in attesa del giudizio di primo grado, e 7.678 condannati non definitivi. Numeri da fare impressione perché, art. 27 Cost. alla mano, circa il 30% dei detenuti non è riconosciuto colpevole, eppure si trova in carcere, per la maggior parte in attesa di primo giudizio. Quindi la domanda spontanea sorge sul perché siano in carcere. Se si ha riguardo alla tipologia di detenuti e ai reati che vengono loro contestati, si comprende che una fetta molto ampia degli stessi, si trova in carcere per reati “non di sangue”, spesso attinenti allo spaccio di sostanze stupefacenti, o comunque per reati non gravi. Buona parte della popolazione carceraria è di origine straniera, spesso senza un difensore di fiducia. Insomma - continua Bombaci – la sensazione è che vi sia una situazione di profonda ingiustizia quando si varca la soglia del carcere.

Attendiamo con ansia la relazione del Ministro che deve essere fatta entro il 31 Gennaio (ai sensi dell’art. 15 L. 47/2015 e ss.mm.ii. per orientarci meglio sulla situazione attuale e per comprendere se la sensazione sopra espressa sia corretta o smentita. Altro dato che sarà interessante valutare e quello relativo alle sentenze di riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione pronunciate nel 2021. Se si ha riguardo a questi parametri per l’anno 2020, si scopre che i procedimenti per ingiusta detenzione intentati sono stati 1.108 e sono state emesse ben 705 condanne al risarcimento per un totale di 37 milioni. Questi pochi dati, iniziano a far intravedere un quadro abbastanza fosco dell’esecuzione penale e dell’uso della custodia cautelare e della reale “giustizia” della Giustizia. Da un lato abbiamo la custodia cautelare che nel tempo lungi dall’essere l’extrema ratio di un sistema penale liberale e garantista si è rivelata prassi disinvolta dei Tribunali, il cui effetto, seppur non voluto, è quello di riempire le “patrie galere” ogni oltre limite di civiltà.

Ritornano di estrema attualità le parole contenute nella relazione accompagnatoria alla L.47/2015 che testualmente riporto: “Il problema carcerario in Italia è cronico e assume dimensioni sempre più preoccupanti, con istituti penitenziari sovraffollati e condizioni detentive sempre meno degne di un Paese civile. Urge trovare soluzioni immediate, in grado non più solo di lenire temporaneamente il problema ma di risolverlo definitivamente. In questa direzione occorre anzitutto una riflessione culturale. Negli ultimi anni la situazione carceraria si è ulteriormente aggravata sotto la pressione di un’ansia di sicurezza, talora assecondata con troppa disinvoltura, che ha germinato una legislazione emergenziale soprattutto preoccupata di prevenire e di punire, senza particolare attenzione per le ricadute sanzionatorie complessive. La stessa prassi giudiziaria si è talora mostrata fin troppo sensibile all’ondata securitaria, favorendo ulteriormente l’espansione dell’uso della leva detentiva a fini sanzionatori e cautelari”. Parole, come detto di una attualità sconcertante. Esiste una diretta correlazione tra la visione del diritto dell’esecuzione penale solo nella sua funzione punitiva e la ingente percentuale di popolazione carceraria in attesa condanna definitiva. La pena dunque cessa la sua funzione rieducativa sempre prevista dall’art. 27 Cost. per diventare esclusivamente luogo di espiazione non solo nel “an” ma anche nel “quommodo”, tenuto conto delle condizioni di vita in cui i detenuti si trovano a scontare le proprie condanne o le proprie attese di condanna (sic!).

Va da sé, che tale situazione, che è patologica nel suo essere drammaticamente diventata endemica, si è aggravata in modo abnorme durante e a causa della pandemia da Covid 19. Emergenza che, in modo particolare nel carcere, le istituzioni tutte e i Governi coinvolti, compreso l’ultimo, hanno dimostrato lacune assolutamente intollerabili. Ecco perché, all’inizio di questo breve scritto, si parlava di una necessaria riforma organica di sistema non solo carcerario ma anche dell’esecuzione penale. In altre parole – continua Bombaci - non si può in alcun modo porre rimedio alla drammatica compressione dei diritti fondamentali dell’individuo che viene perpetrata sistematicamente nelle carceri a causa di problemi strutturali e di sistema, senza ripensare alla custodia cautelare e ricondurla là dove i padri costituenti e il legislatore penale l’avevano giustamente confinata. Estrema soluzione quando ogni altra misura meno afflittiva risulta impossibile secondo una valutazione motivata accuratamente dal Magistrato. Sul piano della cultura giuridica di questo paese occorre superare l’automatica correlazione tra gravità del reato ed esigenza cautelare. E se si pensa che nel 2020 su 82.199 misure cautelari disposte, 24.928 erano di custodia cautelare in carcere, ben si comprende come, invece, la direzione sia quella di una applicazione della custodia cautelare non in linea con la sua “ratio”. Occorre fare attenzione perché ciò rischia di porre il sistema tutto al di fuori della Costituzione e della cultura giuridica di questo Paese che da secoli è patria e culla del diritto. Se poi si considera che circa il 10% dei procedimenti “cautelati” si conclude con un esito che sconfessa la necessità della misura, è legittimo porsi delle domande sull’attenzione con cui queste vengano irrogate . Ciò paradossalmente, avviene anche quando il procedimento si conclude con condanna definitiva con sospensione condizionale della pena che, anche a posteriori, sconfessa la necessità della misura cautelare. Ciò detto, non vi è dubbio che l’uso (o l’abuso?) di tale misura cautelare contribuisca in modo notevole a sovraffollamento carcerario già in essere per effetto di altre concause, fra cui la iper-penalizzazione delle condotte. Sol che si guardi l’incremento delle fattispecie penali introdotte negli ultimi decenni dalle leggi speciali, ci si rende conto agevolmente che l’ambito di applicazione del diritto penale si è esteso oltre ogni limite. Quando tutto è reato, diventa difficile gestire il sistema in modo armonico e razionale, evitando ingolfamenti e appesantimenti, sia prima della sentenza che dopo. Si ritiene – sostiene l’Avv.Bombaci – che un discorso serio sul pianeta Giustizia non possa che partire da una seria depenalizzazione e, in tema di diritto penitenziario - perché no? – anche dalla valutazione circa l’opportunità di misure di clemenza per i reati meno gravi e per detenuti che abbiano dimostrato la loro volontà e possibilità di reinserirsi nel tessuto sociale secondo la funzione costituzionale della pena che è di natura (anche) rieducativa.

La situazione sopra tratteggiata per estrema sintesi, ha mostrato ampiamente e in modo manifesto tutte le sue criticità, assumendo rilievo paralizzante, nel biennio appena trascorso, caratterizzato dalla pandemia da Covid 19. Anche nella gestione dell’emergenza pandemica nelle carceri, il Sistema ha fallito – dice l’Avv. Bombaci senza mezzi termini. Su 54.134 detenuti, sono state somministrate solo 97.017 dosi di vaccino con la conseguenza che in media non sono state fatte seconde dosi, aumentando a dismisura il rischio contagio della popolazione carceraria tenuto conto degli spazi ristretti, e del sovraffollamento per singola cella. L’insorgere di focolai all’interno degli istituti penitenziari, mette a rischio la salute non solo dei detenuti, ma anche del personale che vi lavora sempre più esposto e in trincea rispetto a un virus per combattere il quale ancora oggi non sono stati dotati di misure sufficienti. dati anche interpretati in modo disaggregato, Regione per Regione offrono un quadro sconfortante di un sistema che si è arreso al sacrificio delle persone recluse e del personale penitenziario, cosa che politicamente e istituzionalmente non può essere in alcun modo accettato. Che forse la Costituzione si ferma sulle soglie del penitenziario? Dovremmo aggiungere questo nei corsi di Diritto Pubblico e Costituzionale? Io non credo. Credo anzi al contrario che una Nazione risulti essere tanto più democratica quanto più è in grado di proteggere i soggetti - fossero pure criminali – ma che si trovano in condizione di debolezza e subalternità rispetto allo Stato. Se questa è la premessa, si potrebbe avere dei dubbi sulla reale efficacia liberale della nostra democrazia. Mentre “fuori” il Paese impazzisce nella stucchevole diatriba fra no-vax e pro-vax, ormai divenuta grottesca, “dentro” ci sono i no vax obbligati. Quelli cioè a cui non è stato fatto il vaccino per l’inefficienza di chi doveva prevedere e agire per tempo essendo le varie ondate pandemiche che si sono sin qui susseguite prevedibili e ampiamente previste.

E la politica che cosa fa di fronte a tali emergenze? Poco, o nulla. Nonostante nelle carceri si continui a combattere il virus come se fosse lo stesso del Marzo 2020 appena sbarcato dalla Cina, attualmente anche il Decreto Festività che ha varato misure su stadi cinema e teatri, in tema di politica penitenziaria è stato sostanzialmente fermo. Come giustamente lamentato dalla UILPA nel Comunicato Stampa del 5 Gennaio 2022, “nulla ha finora previsto per le carceri, al di là di un obbligo vaccinale per gli operatori la cui efficacia contro la variante Omicron pare peraltro ridotta. Non è richiesto alcun green pass (nemmeno quello semplice) a utenza e visitatori, fra cui detenuti e rispettivi familiari che si recano a colloquio, avvocati ecc.” Sempre il UILPA segnala che non vi sono dotazioni di mascherine FFP2 per la popolazione carceraria. Si rende pertanto necessario - secondo Buona Destra - un urgente adeguamento del Protocollo Quadro per la Prevenzione e Sicurezza nei luoghi di lavoro che ormai si appalesa datato (23.10.2020) e non in grado di fronteggiare il mutato scenario pandemico. Buona Destra - sostiene l’Avv. Bombaci - su questo è categoricamente dalla parte delle riflessioni dell’UILPA e del Suo Segretario Gennarino De Fazio. Il sistema liberale non è un sistema che può consentire la dimenticanza di categorie di persone e il pregiudizio grave di diritti costituzionali sanciti per ogni essere umano in quanto tale in termini di dignità, salute e sicurezza. Serve insomma un lavoro e uno sforzo collettivo di cui la Politica e le Istituzioni debbono necessariamente farsi carico - auspica l’Avv. Kishore Bombaci - se non prima, quantomeno a partire dalla visita del Ministro a Sollicciano (FI)."


Di Umberto Baccolo

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