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Cultura, Alberto Airola: “Con la fotografia, vi porto nel profondo dell’immaginario”


STEFANO BINI PER IL GIORNALE D'ITALIA

La sua prima mostra Uscita di Sicurezza è stata inaugurata oggi 20 ottobre a Roma, nella sede dell’editore Gangemi, nella bellissima via Giulia 142. A parte il sabato e domenica, la si può visitare dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 tutti i giorni fino all’11 novembre. Ingresso gratuito. Alberto Airola nasce il 13 maggio 1970 a Moncalieri (TO). All’età di vent’anni fonda, a Torino, una casa di produzione audiovisiva con un gruppo di compagni di università: La Zenit Arti Audiovisive, ancora in attività. Si laurea in Lettere Moderne con indirizzo artistico e una tesi storica sul modo di produzione cinematografico italiano negli anni ’50. Dal 1996 è telecineoperatore freelance nel settore della ripresa tv. Successivamente approda al cinema e lavora come operatore di ripresa in pellicola e digitale. Nel 2013 viene eletto Senatore della Repubblica con il Movimento 5 Stelle e riconfermato alle elezioni politiche del 2018. Durante i mandati istituzionali, è membro della commissione di Vigilanza RAI e della commissione permanente Affari Esteri del Senato. Si occupa inoltre di giustizia, diritti civili, cultura. Pur dedicandosi completamente all’attività politica, non abbandona la passione per le immagini. Inizia a fotografare e durante i lunghi viaggi tra Torino e Roma, realizza svariati scatti, che compongono la sua prima raccolta “Uscita di Sicurezza” (2020-2022). Da sempre sperimentatore di nuove tecnologie e tecniche, specializzato nella ripresa documentaristica, rimane fedele ad una tecnica originaria del cinema e della fotografia che esclude o limita al minimo le correzioni e la post produzione dell’immagine. Dai set cinematografici alla fotografia. Com’è avvenuto questo passo? «Essere un operatore di ripresa o un fotografo implica di guardare il mondo attraverso un obiettivo e scegliere cosa mostrarne in una cornice. Sono due mestieri simili sebbene molto diversi. Ho ricominciato a fare foto da quando ho iniziato a fare politica, non potendo più continuare il mio lavoro dietro la macchina da presa nel cinema e nella tv.» Cosa rappresenta questa tua prima mostra fotografica? «È una raccolta di scatti che sono intimamente collegati agli ultimi due anni di attività politica ed istituzionale sebbene non la riguardino. Esprimono il bisogno di attenuare lo stress, il peso della responsabilità che si sente quando ci si trova al centro di scelte importanti per il Paese e lo si rappresenta. Essere un Senatore per dieci anni è stato un grande onore ma anche un impegno. Così fotografando, mi sono trovato un’uscita di sicurezza mentale e spirituale.» Perché il titolo Uscita di Sicurezza? Enigmatico per una mostra. «Mi è venuto spontaneo intitolarla così: è come aprire una porta e trovarsi in un altro mondo, un luogo alternativo alla realtà quotidiana, dove ritrovare se stessi. Nella mia esposizione fotografica si percepiscono dapprima piccole differenze con il reale e man mano che ci si addentra si passa dal surreale all’astratto. Un percorso, un cammino che si ci porta nel profondo dell’immaginario.» Perché il sottotitolo “fotografare l’improbabile”? «Il processo artistico di queste fotografie è molto interessante: non amo modificare i miei scatti con software per la post produzione. Amo scattare una foto o fare riprese con caratteristiche di soggetto, luce, colore, senza manipolazioni successive, così come sono. In questo caso poi si tratta di foto fatte con un cellulare neanche troppo sofisticato. Ho usato alcune funzioni come quella panoramica o le lunghe esposizioni durante i miei viaggi in treno tra Torino e Roma, dal finestrino, usando il telefonino un po’ come un pennello. Il risultato è stato a mio avviso stupefacente: non riuscendo a ricostruire il mondo a quella velocità, il chip del cellulare ha tentato di trovare delle soluzioni fondendo insieme paesaggio, cielo, edifici. Gli scatti sono surreali, sembrano la realtà ma non la rappresentano come ce l’aspettiamo: non è inverosimile ma appunto improbabile, se volete un po’ in senso quantistico. Sorrido nel riguardarle perché il merito di questo lavoro non è solo mio ma anche del dispositivo utilizzato e della casualità.» Dopo vent’anni di cinema, dietro la macchina da presa, chi è Alberto Airola? «Sono una persona che ha fatto un viaggio importante quanto inaspettato: ho imparato moltissimo sulla natura delle persone, sia in senso istituzionale e sociale che umano, spesso facendo errori ma è così che si trova una via percorribile: errando. Sono partito credendo di poter cambiare il mondo, mi sono anche schiantato e poi mi sono rialzato, piano piano ho ripreso forza. Ho compreso che non potevo concretizzare radicali cambiamenti, pur vivendo una grande rivoluzione politica con entusiasmo. Possiamo solo piantare dei semi e curare le piante che riusciranno a crescere, sperando diano dei frutti. È il massimo e non è poco. Nel nostro Paese serve una rivoluzione culturale, un’evoluzione che non si realizza dall’oggi al domani. Adesso mi sento bene, sto facendo quello che amo, esprimo il mio animo artistico.» Quale editore hai scelto per rappresentare le tue foto? «Gangemi. Un editore di libri d’arte, cataloghi, storia. Persone molto sensibili con una grandissima esperienza. Non sono stato solo io a scegliere l’editore ma anche lui a scegliere me. Con Fabio Gangemi ci siamo trovati in armonia e lui ha apprezzato molto il mio lavoro.» Ci dia un paio d’informazioni logistiche, tra luogo e orario della mostra. «La mostra è stata inaugurata il 20 ottobre a Roma, nella sede dell’editore Gangemi, nella bellissima via Giulia al numero 142. A parte il sabato e domenica la si può visitare dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 18 tutti i giorni fino all’11 novembre. Ingresso gratuito. Per altre informazioni sulle opere ci si può rivolgere alla Galleria Von Buren Contemporary, non distante dal luogo di esposizione, in via Giulia 13.»

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