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Da decreto a legge: punto per punto il provvedimento su cui il governo si gioca la credibilità



Dalla teoria alla pratica. Il decreto Dignità, primo discussissimo provvedimento del governo, incentrato sul lavoro e la lotta al precariato, ha visto finalmente luce venendo convertito in legge dopo il voto favorevole espresso dal Senato. La legge dignità, dunque, lavoro figlio di due lunghi mesi di battaglie parlamentari a colpi di emendamenti e rettifiche, ma che finalmente potrà fare il suo ingresso nella realtà dei fatti e toccare con mano le problematiche che dovrebbe andare a colmare.


Cavallo di battaglia di Luigi Di Maio e della sua équipe, la legge pone per primo l'accento sulla stretta ai contratti a termine, che da 36 mesi passano a un massimo legale di 24 mesi, con l'obbligo, dopo i primi 12, di specifica delle causali, pena la conversione automatica a contratto a tempo indeterminato. Incentivi per le assunzioni stabili confermati, con la proroga anche per il biennio 2019-20 per le assunzioni degli under 35 (non più under 30) con contributi al 50% per un massimo di tre anni e per un valore di 3mila euro annuo, punto che dovrebbe fruttare 62mila assunzioni nei prossimi due anni secondo le stime portate dal ministro del Lavoro. Stop alle proroghe per contratti a termine, che da sei diventano quattro, con un costo contributivo maggiorato dello 0,5%. Tutte regole che scatteranno comunque dal 1 novembre, rendendo i contratti siglati sino al 31 ottobre validi secondo le norme sin qui vigenti.


Reintrodotti, dopo un lungo iter parlamentare, anche i voucher, richiesti a gran voce dall'ala leghista e dalle opposizioni. Potranno essere usati nel settore agricolo, in casi di surplus produttivo che li giustifichino o da strutture alberghiere e ricettive del turismo con un massimo di dieci giorni di utilizzo.


Altro punto su cui ha battuto a lungo il pugno il Movimento 5 Stelle è quello delle sanzioni per le aziende che delocalizzano, con particolare riferimento a quelle che hanno ottenuto benefici dallo Stato o a quelle che spostino le loro sedi in nazioni al di fuori dell'Unione Europea. Le sanzioni andranno da due alle quattro volte gli aiuti ricevuti e anche gli incentivi andranno restituiti con un tasso di interesse del 5%. Altra stangata sui licenziamenti illegittimi, con indennità rafforzate con un minimo di sei mensilità e un massimo di trentasei.


Sul gioco d'azzardo, forse l'unico tema che ha trovato piena condivisione in tutte le aree del Parlamento, grosse novità in arrivo. Dopo il già reclamato stop alle pubblicità che diffondano il gioco, per cui verranno salvati solo i contratti in essere, per un massimo di un anno, arriverà anche il logo "no gioco" per quelle ricevitorie che elimineranno le macchinette dai loro locali, obbligo di tessera sanitaria, come per le sigarette, per coloro che vorranno giocare e scritta anche sui "Gratta e Vinci" «il gioco nuoce alla salute».


Altra questione finita alla ribalta delle cronache è quella sul licenziamento delle maestre diplomate e sprovviste dunque di laurea. Tutte quelle con diploma magistrale risalente a prima del biennio 2001-02 potranno continuare ad insegnare. Mentre per le altre migliaia che già insegnano arriverà il "declassamento" a supplenti fino al 30 giugno 2019, con i contratti che da stabili passeranno a tempo determinato, con la previsione però di un concorso straordinario per asili e scuole della prima infanzia a cui potranno accedere anche i laureati in scienze della formazione primaria con almeno due anni di servizio negli ultimi otto.


Finalmente effettivo per la gioia del ministro Di Maio e di tutta la base penstastellata, il decreto su cui il governo punta, in stile roulette, tanto per rimanere in tema, avrà sulle spalle l'obbligo di produrre nel minor tempo possibile risultati convincenti che rivalutino le insistenti critiche piovute praticamente dovunque e da ovunque. Il dado è tratto, ora è il tempo della prova.


di Alessandro Leproux

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