A partire da gennaio, gli automobilisti distratti o insofferenti delle regole del codice stradale, dovranno vedersela con l’aumento degli importi delle multe. Le infrazioni costeranno di più. Questa volta la colpa non è del governo a caccia di modi per far cassa. I rincari dipendono dall’adeguamento a cadenza biennale imposto in rapporto alle statistiche Istat sui prezzi al consumo. L’incremento comunicato dall’Istituto di statistica sarà del 2,2% ma l'ufficialità arriverà solo con la pubblicazione del decreto ministeriale. Secondo quanto calcolato dal comandante della polizia municipale di Verona, Luigi Altamura, per l'Associazione sostenitori ed amici della polizia stradale (Asaps) dal 2019 i divieti di sosta semplici passerebbero da 41 a 42 euro, le violazioni alle Ztl e alle corsie bus da 81 a 83, uso del cellulare alla guida da 161 a 165 euro, l'omessa revisione da 169 a 173 euro.
Bastonato chi ama la velocità. La multa per chi va non oltre 10 km/h rispetto al limite passerebbe da 41 a 42 euro, per l’eccesso di velocità fra 10 e 40 km/h oltre il limite passerebbe da 169 a 173 euro, fra 40 e 60 km/h oltre il limite il rincaro sarebbe da 532 a 544 euro, di 60 km/h oltre il tetto, salirebbe da 829 a 847 euro. Come vengono spesi i soldi incassati dalle multe? La legge prevede che siano impiegati per la sicurezza stradale. Ma l’associazione dei consumatori, Codacons, non ne è convinta e vuole vederci chiaro. Da una indagine che sta svolgendo nella Capitale emerge che non tutti i soldi incassati vengono spesi per quel fine. Per quanto riguarda il municipio IX di Roma, secondo l'associazione dei consumatori, a fronte di 1.122.746,17 di euro per gli anni dal 2015 al 2018 il totale impegnato per le finalità legate alla sicurezza stradale è stato pari a 755.188,66 di cui: “51.312,55 per la manutenzione dei collettori, delle fognature e dei fossi colatori e rete di raccolta e smaltimento acque; 628.343,42 euro per manutenzione stradale; 75.532,69 euro, frutto di multe fatte con autovelox, per la segnaletica orizzontale e verticale. necessarie per potersi occupare della salute delle persone”. Il ministro della Salute Grillo difende la norma spiegando che così vengono tutelati «Quanti si sono formati attraverso corsi organizzati dalle Regioni che non possono essere riconosciuti validi per l’iscrizione agli albi», o che «non hanno partecipato alle procedure indette, a suo tempo, dalle medesime Regioni per la equivalenza ai titoli universitari non essendone prevista la necessità dal quadro normativo di allora».
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