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Dal caso Siri al caso Fazio: le ossessioni insane quotidiane di Salvini



Forse non siamo ad un nuovo caso Siri, però i contorni sono simili. E, trattandosi, di Rai rischia di essere più divertente. Procediamo con ordine. L’ossessione di Matteo Salvini sembra essere diventato Fabio Fazio. Il leader della Lega non perde occasione per dire che non andrà a Che tempo che fa se il conduttore di Rai Uno non si dimezza lo stipendio milionario che percepisce dalla Tv pubblica. Stipendio, diciamo la verità, fuori da ogni logica dato i tempi che corrono.


L’uomo di spettacolo si è sempre fatto scudo di tutto ciò grazie al suo contratto superblindato, figlio dell’era renziana con Mario Orfeo direttore generale. Oggi, da Dogliani, l’amministratore delegato di Viale Mazzini, Fabrizio Salini, ha ufficialmente aperto il fronte con il leader della Lega. “Con Fazio stiamo valutando. Tra due mesi presenteremo i palinsesti autunnali, ci sono diverse ipotesi in campo che stiamo valutando insieme. Considero Fazio uno dei talenti televisivi in forza alla Rai e nel panorama televisivo italiano” dice l’Ad della Rai, rispondendo sul futuro del presentatore Fabio Fazio, al festival della tv e dei nuovi media a Dogliani. Per il capo del Carroccio un pugno allo stomaco, essendo convinto che la tv pubblica è roba sua e non nostra, che paghiamo il canone. «Non c’è niente da valutare», replica secco il vicepremier leghista, «c’è semplicemente da tagliare uno stipendio milionario e vergognoso pagato dagli ‘italiani». Facile a dirsi, più complesso a farsi. Le regole del gioco, i contratti, gli accordi, le eventuali penali da pagare ci sono eccome. Solo che Salvini, essendo dentro un’eterna campagna elettorale dove si promette tutto a tutti, fa finta di non saperlo, sperando chi gli italiani non se ne accorgano. Gli stessi leghisti sono costretti a correre ai ripari. «La settimana prossima presentiamo in Commissione di Vigilanza Rai la risoluzione con cui chiediamo il taglio degli stipendi milionari che sono un insulto al buon senso, peraltro frutto di contratti discutibili, e che in cambio non hanno dato risultati soddisfacenti in termini di ascolti. Chiediamo inoltre all’azienda di intervenire sugli stipendi stellari dei dirigenti non giornalisti percepiti solo in base alla loro anzianità. Salini insieme a Fazio deve valutare solo il modo di non ripetere gli errori del passato e dare il via definitivo alla Rai del cambiamento», affermano all’unisono i deputati della Lega Massimiliano Capitanio, segretario della commissione di Vigilanza Rai, e Alessandro Morelli, presidente della commissione Trasporti, Poste e telecomunicazioni della Camera.

Urlano e strillano anche loro, ma sanno che ci sono leggi e contratti da rispettare. E non carta straccia da calpestare. Intanto Salini rilancia la sua scommessa, riprendono il suo ruolo. «La Rai negli anni ha perso terreno e progressivamente pubblico più giovane e questo ci deve far riflettere e in qualche modo preoccupare», dice Salini, «la Rai deve riportare il contenuto all'interno della sua mission spostando la produzione di questo contenuto dalle reti alle direzioni di genere». «Credo che il nuovo modello organizzativo ci aiuterà a riportare creatività e innovazione all'interno della Rai», spiega l’Ad. Al quale, poi, interessa un punto in particolare. «Non c'è alcuna volontà di penalizzare il cinema, anzi, stiamo valorizzando il

prodotto cinematografico. Il nostro obiettivo è incrementare i film e distribuirli sulle diverse reti», dice il numero uno di Viale Mazzini, il quale, parlando della chiusura di Rai Movie ha ribadito che «ci sarà più cinema sulle nostre reti, più attenzione e più approfondimento, più titoli freschi e meno repliche perché oggi Rai Movie ha un numero di film consistente ma anche un alto tasso di repliche». Ricordando che negli ultimi tre anni Rai Cinema ha finanziato 219 film investendo 70- 75 mln di euro all'anno, Salini ha poi aggiunto: «Io vorrei essere ricordato come colui che ha portato più film in Rai non come quello che ha chiuso Rai Movie». Perché la Rai non è solo Fazio, nonostante Salvini.


di Alberto Milani

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