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Daniela Santanchè: «Azzolina criticata perché donna? No, è inetta»


Daniela Santanchè (FDI) al quotidiano Libero: “Lei è una donna, lei è la Santa, e mal tollera chi usa il genere femminile come scudo per legittimare le proprie inettitudini politiche. Quando perciò sente il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina dire «io sono attaccata in quanto donna», Daniela Santanchè, senatrice di Fratelli d’Italia, le ricorda che non esiste modo peggiore per difendere le donne di questo: strumentalizzarle. Santanchè, secondo lei il sessismo di cui la Azzolina si sente vittima è solo un paravento? «Sì, perché essere donna è l’unico pregio che ha la Azzolina. Per il resto è un’incapace: ogni volta che parla, spara solo supercazzole. La piantasse allora di tirare in ballo la questione femminile: così fa un danno alle altre donne, le fa sembrare tutte incapaci, tirandole verso il basso, al suo livello. Vorrei ricordare poi che, tra le donne in politica, ci sono state e ci sono figure eccellenti come la Thatcher o la Merkel. Nessuna di loro, guarda caso, ha mai detto di essere attaccata perché donna». Questo ormai pare un vezzo a sinistra. Anche la Raggi, la Boschi, la Bellanova, la Boldrini hanno sostenuto a più riprese di essere vittime di attacchi sessisti. «Sì, ma questa dinamica non vale a rovescio. Se viene insultata una donna di destra, nessuno parla di sessismo. È il doppiopesismo della sinistra: la questione di genere è solo un pretesto, a loro interessa demolire l’avversario politico». Che reazione ha avuto quando Susanna Ceccardi, la candidata leghista in Toscana, è stata definita dal suo sfidante del Pd una donna «al guinzaglio» di Salvini? «Ho pensato che, quando non si hanno argomentazioni, l’unica cosa che resta è l’insulto gratuito. Ma questo mette in luce la pochezza dell’avversario e la sua debolezza. Mi ha colpito anche il silenzio delle femministe, a conferma che a loro non frega nulla delle donne, ma solo dell’appartenenza partitica. E poi credo che a sinistra siano le meno autorizzate a parlare di donne al potere». In che senso? «Da quelle parti hanno la sindrome del capo. Stanno lì in attesa che il capo maschio dia loro l’incarico, le candidi, alzi il sopracciglio per dare un segnale. Si veda piuttosto cosa accade in Fratelli d’Italia». E cioè? «È il partito più femminile perché è governato da una donna. Nessuna lì ha la sindrome del capo perché una donna è diventata capo. D’altronde, gli uomini li abbiamo provati già tutti al potere: tecnici, politici, giovani, meno giovani. Ora è il momento di mettere il Paese in mano a una donna come la Meloni. Anche perché Giorgia ha dimostrato che tra donne è possibile fare squadra». Lei ha subito in passato pesanti insulti dall’ex ministro dell’Istruzione, l’allora grillino Lorenzo Fioramonti, che l’ha definita «un personaggio raccapricciante», aggiungendo: «Le sputerei in faccia». I veri sessisti sono nei 5 Stelle? «Sì, perché sono dei comunisti mascherati. Il ceppo è lo stesso, quindi hanno quegli atteggiamenti lì». La Azzolina si fa chiamare “ministra”, la Raggi “sindaca”. Le piacciono quelle desinenze al femminile? «Macché, mi danno terribilmente fastidio. Se una persona bada a queste sciocchezze, piuttosto che ai veri problemi, ad esempio alle donne che hanno pagato al lavoro il prezzo più alto per il Covid, be’ allora non è una donna che sta portando avanti una battaglia di genere, è solo una cretina». Il Me Too ha fatto più bene o più male al genere femminile? «Ha fatto grandissimi danni, non permettendo di cogliere il vero problema. La violenza sulle donne spesso è compiuta su persone comuni, cassiere, casalinghe, operaie. Le donne del Me Too hanno solo sfruttato l’occasione per avere su di sé la luce dei riflettori e fare carriera». Per chiudere: cosa avrebbe da imparare la Azzolina da due donne di centrodestra, già ministri dell’Istruzione, come la Moratti e la Gelmini? «Be’, in confronto a lei, sono due giganti. Non ho mai sentito la Moratti lamentarsi per attacchi di genere. La Azzolina la smetta di trincerarsi dietro la questione femminile per far dimenticare i suoi errori e pensi piuttosto a non distruggere la scuola»."

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