Nel periodo della pandemia si sono imposti alcuni modelli politici basati spesso sulla comunicazione.
Domenico Giordano, spin doctor, giornalista e scrittore di Sant’Agata de’ Goti, nel beneventano, ha analizzato quello del governatore della Campania nel suo “La comunicazione politica di Vincenzo De Luca, da sindaco a social star” (Area Blu Edizioni, 2021).
Giordano, come nasce questo approfondimento su “Governator”?
Tutto è partito dopo che a dicembre 2019 ho presentato un paper nell’edizione di ComPol. Proprio in quell’occasione, con Luigi De Gregorio, docente e autore di “Demopatia”, abbiamo parlato in maniera molto profonda del posizionamento di #VincenzoDeLuca. A mio avviso, infatti, De Luca è il suo stesso posizionamento, coincide con esso, è un tutt’uno indissolubile con la sua comunicazione. Sono partito da qui per analizzarne i tratti emersi nel primo periodo della pandemia.
Quali caratteristiche fondanti ha individuato?
Sono quattro i pilastri su cui a mio avviso poggia il suo agire comunicativo. Un decisionismo esasperato, al limite dell’autoritarismo; un vocabolario incarognito; la ricerca continua e quotidiana di un rapporto non mediato con il pubblico e con gli avversari; la derisione di questi ultimi; la costruzione a tutti i costi della figura del nemico.
Lei lo definisce “il Mike Tyson della politica italiana”: perché?
La gragnuola di pugni verbali che riserva durante i suoi monologhi è incredibile. Ogni volta che incrocia i guantoni con un avversario non si accontenta di metterlo al tappeto. Lui è veramente sazio solo dopo avergli staccato a morsi il lobo della dignità per darla in pasto all’opinione pubblica, ai critici, ai benpensanti, al furore giustizialista e al pubblico.
Ha detto che ogni volta sceglie un nemico diverso. Come mai?
È una scelta ben precisa: chiamare in causa un avversario, portarlo sul ring e delegittimarlo col suo monologo. Ma mentre Berlusconi, ad esempio, ha fondato la sua comunicazione sulla contrapposizione ai comunisti e alla cultura comunista, De Luca ha necessità di cambiare ogni volta bersaglio. Con lui si assiste oltretutto a una diversa reazione da parte dell’opinione pubblica e del sistema politico e mediatico: c’è un innalzamento evidente della soglia di tolleranza. Espressioni come “nullità” (riferita al sindaco di Napoli) o come “cafoni” (riferita a cittadini poco garbati), ad altri sarebbero forse costate la carriera, o quantomeno qualche critica. In questo caso, c’è quasi un processo di normalizzazione: è come se da lui tutti si aspettassero uscite del genere.
Secondo lei De Luca è una social star: questo ruolo porta delle controindicazioni?
Certamente. De Luca non è un attore proattivo dei social, visto che deve il suo successo all’amplificazione delle sue uscite da parte degli utenti, che ribaltano meme e video su tutti i dispositivi possibili. Tuttavia, rischia di diventarne una vittima, perché c’è il pericolo serio che venga ricordato più per il famoso lanciafiamme che non per quanto ha fatto da sindaco o da governatore.
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