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De Santis riabilita Siri Video e consegna Easy Driver all’esterna coinvolta in uno scandalo nel 2013



La premessa stavolta è d’obbligo. Quanto stiamo per raccontarvi risale al 2014 ed è stato raccontato dai maggiori quotidiani nazionali. Storia dunque più che cronaca. In pratica la Rai si trovò al centro di una inchiesta della Procura di Roma su un presunto giro di appalti pilotati per l'affidamento dei cosiddetti servizi di post-produzione di alcuni programmi Rai. Fra le società attenzionate dalla Procura c’era anche la "Siri Video", che oggi è tornata alla ribalta visto che produce su Rai Uno, la rete diretta da Teresa De Santis, Easy Driver. Il programma, in precedenza, veniva realizzato internamente dalla Rai, mentre ora è stato affidato all’esterno. All’epoca dei fatti gli amministratori delegati delle società, Silvio Ricci ( che oggi figura fra i produttori del programma, assieme ad altri), Giuseppe Niglio e Lucia Secondino, vennero iscritti sul registro degli indagati insieme a Mastroianni. Nei loro confronti l'ipotesi di reato era quella di turbativa d'asta.


L'inchiesta, coordinata dal pm Maria Letizia Golfieri, procedeva di pari passo all'istruttoria aperta dall'Autorità Garante della Concorrenza dopo un esposto presentato dai vertici della Rai. L'azienda di viale Mazzini, sulla base di segnalazioni anonime, aveva denunciato presunte irregolarità nello svolgimento delle gare d'appalto che si erano svolte fra il 15 luglio e il 3 ottobre del 2013, quando in ballo c'era la spartizione dei servizi di post produzione di decine di programmi: "Domenica In", "Ballarò", "Porta a Porta", "Chi l'ha visto?" e fino alla "Prova del cuoco". Commesse da decine di milioni di euro. Il sospetto era che le aziende avessero concordato tra loro un’offerta, in modo da scucire alla Rai un prezzo molto più elevato di quello adottato in passato. In alcuni casi il rincaro avrebbe sfiorato il 40 per cento. l'Antitrust a suo tempo aveva fatto eseguire una raffica di ispezioni negli uffici delle imprese coinvolte. Da mail e carteggi sarebbero emersi intrecci societari e scambi di informazioni fra ditte che sulla carta dovevano essere rivali e che, invece, avrebbero “complottato” tra loro. Nell’istruttoria del Garante si legge che «il complesso degli elementi consente di ipotizzare l'esistenza di un coordinamento tra le società, volto a limitare il confronto concorrenziale tra le stesse». Ecco, come sia finita esattamente non lo sappiamo, e ci piacerebbe anche saperlo, ma viene comunque da chiedersi come faccia la Rai a riallacciare rapporti di produzione con società finite nel mirino della magistratura, Ribadiamo, il beneficio del dubbio è lecito, ma è altrettanto legittimo pretendere trasparenza da un’azienda pubblica, sostenuta dai soldi del canone, cioè degli italiani.


di Alberto Milani

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