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Decreto Genova, sì del Senato ma nel Movimento resta la fronda


167 sì, 49 no e 53 astenuti. Ci sono voluti quasi tre mesi per arrivare a questo risultato, con cui il Senato ha dato il via libera definitivo alla conversione del decreto legge su Genova . A favore hanno votato Movimento 5 Stelle, Lega, Fratelli d'Italia, Per le Autonomie; contrari Pd, Leu, astenuta Forza Italia. Composto di 46 articoli, il provvedimento è suddiviso in cinque capi: 1) misure per il sostegno e la ripresa economica del territorio e la popolazione di Genova dopo il crollo del viadotto Polcevera; 2) Disposizioni per la sicurezza della rete nazionale delle infrastrutture e dei trasporti; 3) interventi nei territori dei comuni di Ischia interessati da eventi sismici; 4) misure urgenti per gli eventi sismici nel centro Italia verificatisi tra il 2009 e il 2017; 5) ulteriori eventi emergenziali.


Il decreto autorizza una spesa di 30 milioni annui dal 2018 al 2029 e dispone l'integrazione della contabilità speciale di 9 milioni di euro per l'anno 2018 e di 11 milioni di euro per il 2019. Ci sono anche 500 milioni per il 2018 e 23 milioni di euro per il 2019 per il trasporto pubblico locale in Liguria mentre 20 milioni sono destinati all'autotrasporto e altrettanti al rinnovo del parco mezzi utilizzati nella città, con priorità per i mezzi a propulsione elettrica.

Alla Capitaneria di porto vanno 375 mila euro per il 2018 e 875 mila per il 2019, mentre all'Autorità portuale di Genova va un ulteriore contributo aggiuntivo di 4,2 milioni per quest'anno. Viene istituito un apposito fondo presso il ministero dello Sviluppo Economico con 2 milioni di euro per il 2019 per il finanziamento di progetti per la sicurezza delle infrastrutture stradali. Infine per l'immediata esecuzione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25 alla società concessionaria Strada dei Parchi viene incrementata la spesa con 50 milioni per il 2018 e 142 milioni per il 2019.


Manifestazioni di giubilo tra i parlamentari grillini dopo l'approvazione. Qualcuno trova esagerata la mossa del ministro dei Trasporti: Danilo Toninelli solleva il pugno in segno di giubilo, e scoppia la bagarre, con la presidente Elisabetta Alberti Casellati che deve sospendere la seduta per qualche minuto, per far calmare gli animi. Alla ripresa la stessa presidente dell'aula censura oralmente il ministro: «Atteggiamenti poco commendevoli» li definisce Casellati.Le opposizioni protestano mentre il capogruppo 5 Stelle Stefano Patuanelli definisce il pugno alzato di Toninelli «un piccolo gesto di giubilo, più che tollerabile». Il ministro dei Trasporti poi prende la parola, e sposta l'attenzione: «Grazie all'approvazione di questo decreto domani 266 famiglie avranno una casa». Il Pd rimprovera la presidente di non aver mai ripreso il ministro, ma chiude la polemica chiedendo, e ottenendo, di commemorare i morti a Genova con un minuto di silenzio. Nonostante i proclami e i gesti di giubilo a uscirne incrinato é il Movimento 5 Stelle che scopre di avere una fronda interna che si fa sentire e ottiene risultati, come quello in commissione con l'approvazione di un emendamento contro il condono a Ischia che riduceva l'applicazione nei tre comuni di Ischia con le regole, più stringenti, del 1994 e del 2003. Poi l'aula però è intervenuta a "normalizzare" il testo, riportandolo a come era all'inizio, cioè con il condono. «C'è un clima di terrorismo psicologico», denuncia la senatrice Elena Fattori, una dei sei dissidenti denunciati dal Movimento ai probiviri, che potrebbero decretare la loro l'espulsione. Fattori ringrazia i colleghi che l'hanno sostenuta: «Grazie anche per il coraggio di una scelta non semplice in un clima di terrorismo psicologico lontano da ogni forma di democrazia e condivisione». Gregorio de Falco poi non smentisce la sua fama di uomo deciso e attacca l'organizzazione del Movimento: «No ai capibastone, il Movimento non è un partito. Dimettermi se mi espelleranno? Prima di una sentenza credo occorra un processo e prima ancora delle accuse. La linea politica è quella delineata nel contratto. E la base è con me».


La reazione del governo viene dal sottosegretario agli Affari Regionali Stefano Buffagni, fedelissimo del vicepremier Di Maio, che sbotta: «Se De Falco non si trova, torni a casa». E Carlo Sibilia posta su Facebook: «Chi ha deciso di anteporre i propri interessi a quelli del Paese dovrebbe tornarsene a casa. Il grande squallore della politica del passato era quello di sentire promesse che poi non venivano mantenute perché qualcuno pensava prima ai propri interessi, economici, mediatici, ideologici, privati insomma, anteponendoli a quelli del Paese. Siamo stati eletti per dare delle risposte a tutto questo. Ai genovesi, a chi è stato colpito dal terremoto, dalle alluvioni e altre emergenze. Per essere compatti e portare a casa il risultato».


di Paolo dal Dosso

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