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“Della frustrazione”


di Michele Lo Foco

La notizia divulgata velocemente, che Nicola Maccanico ha lasciato l’ombrello di Franceschini per accucciarsi ai piedi della signora Meloni ha creato un senso di frustrazione non solo all’interno dell’azienda Cinecittà, ma in tutto il settore, che ormai teme lo stanco ripetersi dei cambi di casacca cui abbiamo già assistito nei precedenti governi.

La sinistra ha governato l’Italia, ed in particolare il mondo della cultura, non più con tesi e ideali, ma con il potere amministrativo, andando ad occupare ogni pertugio potesse essere determinante.

Lo spettacolo, la televisione, il cinema si sono dovuti adeguare alla presenza di funzionari di partito, così coesi e certi delle loro prerogative da non porsi nemmeno il dubbio se le loro azioni fossero o meno apprezzabili sotto il profilo tecnico.

Il teatro è stato strapazzato da Nastasi al punto da non avere più la forza di respirare, mentre il cinema è diventato una prerogativa di potentati di sinistra e dei loro tax credit.

La televisione è assurta al ruolo egemone di creatrice di patrimoni, e la sinistra ha toccato con la bacchetta magica i suoi sceneggiatori, i suoi produttori, i suoi alleati esteri, i suoi presentatori, le amanti e le fidanzate.

Per questo motivo la vittoria del centro-destra è sembrata liberatoria al pari di una ventata d’aria pulita, e tutti si sono illusi che la rivoluzione, come tutte le rivoluzioni, avrebbe infranto il muro di potere per consentire a molti di penetrare nella cittadella blindata della sinistra.

Ma la notizia di Maccanico e la ventilata nomina a consigliere di De Mita hanno gelato gli animi, e non solo per la reiterazione del potere amministrativo ma anche perché questo potere, diversamente da quanto affermato, sta portando di nuovo l’azienda Cinecittà, già saccheggiata da Abete, verso il vuoto cosmico dei baracconi costosi e inutili, su una strada che gli studios americani hanno abbandonato da anni, cioè quella di un condominio di bassa burocrazia ma di alta frequentazione che caccia dai propri studi i produttori indipendenti, quelli che dovrebbero al contrario essere sostenuti e al limite acquisiti, per offrire gli spazi agli stranieri cui Maccanico deve riconoscenza.

Dare sostegno agli individui capaci di qualunque contorsione pur di mantenere il potere, integra il pactum sceleris e vuol dire non aver compreso appieno il dramma del settore, che se è scivolato così in basso lo deve alla mancanza di capacità prospettica di coloro che hanno guidato le strutture e vuol dire anche scivolare nel pantano del sottopotere nel quale conta solo l’amicizia di qualcuno e non conta nulla la conoscenza dei meccanismi.

Se poi Maccanico, come ormai sussurrano anche agli angoli della strada, ha fatto un’inversione ad U per sostituire Del Brocco, anch’egli al limite estremo del potere dittatoriale su Rai Cinema, le speranze di un popolo di sopravvissuti al Covid e alla sinistra nella rinascita si affievoliranno e come dice Spinoza, “gli uomini torneranno ad essere schiavi di conoscenze inadeguate sorte dall’azione delle più disparate cause esterne”.

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