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Di Maio cerca sponda ed elogia «lo spirito» dei Gilet gialli che mette a nudo l'ipocrisia a 5 Stelle



Operazione simpatia cercasi: per non farci mancare proprio nulla, in questo inizio di 2019 che eredita tutti i vizi del suo zoppicante predecessore, la politica, nel più umano tra gli umani vizi, prova a mettere le mani sul lavoro altrui e magari, perché no, a farcisi pure bella. A farsi ingolosire, questa volta, il leader politico del Movimento 5 Stelle, il vicepremier Luigi Di Maio che, direttamente dal Blog delle Stelle, ha riservato parole d'apertura e ammirazione per quanto messo in atto dai Gilet gialli in Francia. In un'opera di analogia, apparsa più come un tentativo di accomunare il popolo grillino ai protestanti in assetto da automobilista inferocito che una effettiva somiglianza, il titolare del Mise ha voluto battere il chiodo sul concetto di «democrazia diretta», a suo dire ugualmente ben rappresentato, in Italia, dal popolo delle bandiere gialle, quanto in Francia da quello catarifrangente. In realtà a guardarlo bene il quadro presenta più di una discrepanza e l'aderenza dei due gruppi invocata da Di Maio sembra ridursi a una forzatura, come a dire, le due coperte combaciano ma una ha i lembi che dire stirati è un complimento. Ma la "gialla" verità è che da un lato c'è un Movimento a portata di click, un impero digitale pensato, costruito e infiocchettato, dall'altra una protesta fatta di carne, ossa e sudore, spontanea per quanto mossa da un "fastidio" materiale, più che tangibile (anche se è bene precisare che ogni moto rivoluzionario parte ed è partito dalla pancia e dalla fame). E la differenza non può non essere sostanziale. Nelle parole di Di Maio traspare invidia per quel fuoco sacro, quel parapiglia che in quattro e quattr'otto ha messo a ferro e fuoco Parigi e portato dalla stessa parte migliaia di francesi frustrati ed esplosi in un grido settato sulla stessa linea d'onda. Quello che forse è mancato al Movimento di Grillo e Casaleggio, che quei sentimenti di rabbia e inespressa nevrosi li ha incanalati, fino ad anestetizzarli, nelle regole istituzionali, venendo a patti con quel potere che si prefiggeva di spodestare. E ora che i ben più focosi cugini d'oltralpe tornano a darci qualche dritta sul significato della partecipazione, la pietanza è troppo invitante per non provare a addentarne almeno un boccone. Per il delfino a 5 Stelle, lo spirito dei Gilets Jaunes è «lo stesso che ha animato il MoVimento 5 Stelle e migliaia di italiani fin dal 4 ottobre del 2009». Un nì con forti ascendenti verso il no. E dall'opera lusinghiera di lisciamento si passa, in pieno stile Casaleggio & friends, all'autopromozione quando Di Maio si offre di mettere a disposizione della protesta gialla «alcune funzioni del nostro sistema operativo per la democrazia diretta, Rousseau, per esempio call to action per organizzare gli eventi sul territorio o il sistema di voto per definire il programma elettorale e scegliere i candidati da presentare alle elezioni. E’ un sistema pensato per un movimento orizzontale e spontaneo come il vostro e saremmo felici se voleste utilizzarlo». Ironia della sorte è proprio quel Jean-Jacques Rousseau, le cui idee rivoluzionarie e anti assolutistiche foraggiarono l'ideologia alla base della Rivoluzione francese e che ora finisce prigioniero di un banner luminoso di una piattaforma online, per altro oggetto di discussione sulla reale trasparenza che si porterebbe in dote. La digital-democrazia 2.0, o quel che vi pare, che prende un po' di qua e un po' di là, fa un bel minestrone tra aforismi e citazioni e mette nelle mani del popolo del web (ancora molto poco 2.0) uno strumento che lo affascini più di quanto la tradizionale rappresentanza dei partiti non riesca oggigiorno a fare. Peccato che, andando a stringere, tra lotte e posizioni sostenute e abbandonate al momento della spartizione delle poltrone, gaffe in dichiarazioni e atteggiamenti che ormai non si contano più, derive pericolosamente estremiste in nome della sopravvivenza dell'esecutivo, epurazioni e accenni di rimpasto che nemmeno l'Ancien régime, la ciccia data in pasto agli elettori abbia sempre lo stesso retrogusto. Quello che sembra un tentativo un po' maldestro di prendere il buono che deriva da una protesta che sta frammentando la Francia e destando l'attenzione di tutto il continente è l'ennesima prova di una politica a corto raggio dei grillini che, varcate le soglie del nuovo anno, si riscoprono abili macchinatori a corto di quella benzina che ha infuocato le proteste francesi e, ça va sans dire, fanno di necessità virtù.


P.S. #eSalvinicheffà? Parla a nuora perché suocera intenda, naturalmente. Non potendo lasciare a Di Maio, e ai 5 Stelle quindi, tutto il buono della sommossa dei Gilet in Francia, si schiera anche lui «contro un presidente che governa contro il suo popolo» (Macron, con cui i bisticci a distanza sono all'ordine del giorno), senza dimenticare la stoccata: «assoluta, ferma e totale condanna di ogni episodio di violenza che non serve a nessuno». Come a dire, anche la Lega c'è. Caro 2019, mi ricordi un tuo vicinissimo parente…


di Alessandro Leproux

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