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Di Maio contro ingegneria contrattuale di Fazio: sistema di scatole cinesi per spillare soldi a Rai



Il caso stavolta è serio. Perché Luigi Di Maio, vicepremier e leader del Movimento 5 Stelle in forte deficit di consensi, ha scelto di far partire il siluro contro Fabio Fazio, il superpagato conduttore del programma di Rai Uno "Che tempo che fa", sorta di raffinata vetrina di telepromozioni, da una sede istituzionale. Scegliere di aprire il file durante l’audizione in commissione di Vigilanza, l’organo parlamentare di controllo sulla tv pubblica, non è stato affatto un caso, ma una scelta politica ben ponderata. Così facendo, e le reazioni lo dimostrano, nessuno potrà accusarlo di atto persecutorio ad personam o di editti natalizi nei confronti della star televisiva, molto sensibile quando si parla di soldi, ma di legittima difesa del servizio pubblico.


Di Maio non ha contestato il prodotto confezionato da Fazio, una vetrina per gli amici, sottolineando, invece, il tema del compenso fuori mercato e l’ingegneria contrattuale messa in atto per ottenere tale risultato. Al telespettatore di Voghera, che paga il canone con la bolletta elettrica, tutte le volte che vede Fazio in tv non viene in mente che per stare lì il conduttore ligure percepisce un compenso lordo pari a 2 milioni e 240mila euro all’anno. Se a questi si aggiungono i soldi che viale Mazzini sborsa alla società Offcina Srl, di cui Fazio detiene il 50 per cento delle quote, i costi vivi sostenuti dall’azienda per realizzare il programma si arriva ad una cifra monstre di 18 milioni di euro all’anno. Che, per quattro anni (tanto dura il contratto) fanno lievitare il totale a 72 milioni di euro. Che tempo che fa, passato da RaiTre a RaiUno dalla scorsa stagione, è nettamente al di sotto della soglia del 20 per cento di share, unico livello di ascolti in grado di giustificare, in parte ma non del tutto, tale montagna di soldi. Dunque quando di Maio parla, con saggia scelta linguistica, di ingegneria contrattuale, ha perfettamente ragione. Fazio, con una sorta meccanismo di scatole cinesi, fra compenso personale e società che fattura all’azienda per il format del programma, altra perla per spillare soldi (format sta a significare “schema di una trasmissione”, cioè il tavolo a forma d’acquario!!!) ha ottenuto dalla Rai una montagna di soldi, ingiustificata e ingiustificabile. Senza un’evidenza pubblica ma con una trattativa privata e riservata.


Il conduttore, da sempre, si difende sostenendo che gli incassi, ovvero i contratti pubblicitari, ripagano la trasmissione. In realtà tutto ciò è possibile solo perché c’è il canone, non certo per i contratti delle promozioni. Una storia, quella di Fazio, smontata più volte dagli esperti di marketing e dai guru della televisione. L’unica verità acclarata è che, grazie alla matrioska dei contratti, Fazio ha aggirato tutti i tetti salariali, imponendo alla Rai una cifra fuori mercato. Da questo punto di vista Di Maio ha fatto benissimo a sollevare il caso in Vigilanza, resta solo da capire se dietro al colpo di cannone c’è un esercito pronto a sostenere la battaglia per la trasparenza e la congruità dei compensi. Altrimenti i 5 Stelle finiranno con l’aver servito al conduttore un rigore a porta vuota. Anzi, un vero e proprio autogol per la maggioranza gialloverde.


di Alberto Milani

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