Ai più, forse, il particolare sarà pure sfuggito. Ma quanto sostenuto l’altro giorno in commissione di vigilanza dall’amministratore delegato della Rai, Fabrizio Salini, non è affatto un particolare irrilevante, sia dal punto di vista politico che economico. «Alla Rai servono certezze economiche e di governance: solo tali certezze possono garantire concretamente quell’autonomia da tutti auspicata», ha sostenuto l’ad, rivendicando per il cosiddetto servizio pubblico un ruolo del tutto particolare, come se il fatto d’incassare canone e pubblicità non fosse già qualcosa di strano e unico al contempo. In altri paesi non funziona cosi, soprattutto dove la politica non è padrona assoluta del mezzo televisivo. Dunque rivendicare maggiori certezze economiche e un allargamento dei poteri è quanto mai strano. «Un’azienda di servizio pubblico ha bisogno di risorse economiche certe» e di «una governance più stabile e di lungo respiro, per ridurre i periodi di stallo», ha rimarcato Salini.
Chiariamo un punto i poteri di cui dispone oggi l’amministratore delegato della Rai non sono paragonabili con quelli dei sui predecessori. Quindi di cosa di lamenta? Ha fatto le nomine che voleva e muove le pedine, assieme al presidente Foa, a suo piacimento. Semmai, a nostro modo di vedere, servirebbero regole più stringenti per rendere meno invasivo il peso dei partiti e il ruolo dei leader di governo di turno. La Rai non è cosa loro , ma nostra. Con lui, davanti ai commissari della bicamerale anche il presidente di Viale Mazzini, Marcello Foa. «Un’azienda di servizio pubblico alla quale vengono giustamente chiesti impegni duraturi ha bisogno di risorse economiche certe. È vero, la Rai ha il canone, ma la programmazione deve sempre passare per le revisioni dell’importo unitario o i prelievi decisi all’ultimo momento», ha rilevato l’ad. «Un’azienda che compete sul mercato globale non può essere messa in condizioni di rivedere tutto improvvisamente». Tutto questo, ha riassunto Salini, darebbe all’azienda «più velocità e possibilità di competere in modo più deciso e proficuo sul mercato». La Rai «va allontanata dall’idea di essere solo pubblica amministrazione, per muoversi rapidamente in un mercato che evolve velocemente anche sul piano della tecnologia». In teoria il ragionamento può anche starci ma è la pratica che smonta tutto. La Rai è nella proprietà del ministero del Tesoro e il governo di turno decide chi fa cosa- E, soprattutto, come. Dettaglio non irrilevante. Se Foa e Salini sognano una Rai agile e con ampie risorse economiche chiedano di andare sul mercato, parlando apertamente di privatizzazione. Insistere sul tema delle risorse certe e della governance forte, volendo indurre il governo a rafforzare il loro potere, contraddice il principio di servizio pubblico. Quello è solo servizio privato. Sin troppo facile leggere nel ragionamento di Foa e Salini le vere ambizioni di Lega e 5 Stelle. Anestetizzare la Rai per renderla sempre più uno strumento di disinformazione in mano alla maggioranza che regge il governo. La televisione libera e pubblica è ben altra cosa. E se proprio la volete così togliete canone o ripristinate il fondo per l’editoria in modo da dare soldi ai giornali. In un paese libero il pluralismo è un dogma non un fastidioso accessorio.
di Alberto Milani
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