«I pensionati dirigenti d’azienda, diplomatici e magistrati, non possono essere additati come parassiti da chi forse non immagina quanta fatica, quanti sacrifici, siano necessari, e quanti rischi comporti diventare ed essere dirigenti, sua nel settore pubblico che in quello privato». È questo il grido d’allarme contenuto nella lettera che la Cida, la Confedeazione dei dirigenti d’azienda, insieme alle categorie dei diplomatici in pensione, dell’Associazione nazionale dei magistrati e degli avvocati dello Stato in pensione, ha inviato al Presidente del Consiglio, Conte, per sensibilizzarlo contro il progetto di tagliare le pensioni d’oro.
La proposta di legge D’Uva-Molinari, dovrebbe prevedere ‘disposizioni per il ricalcolo secondo il metodo contributivo’. In realtà, mancando sufficienti dati (sia nel settore privato che nel pubblico) si ricorre all’effettuazione del ricalcolo esclusivamente in base all’età del pensionamento.
L’associazione dei dirigenti sottolinea che il taglio retroattivo permanente dei trattamenti pensionistici provocherebbe la potenziale lesione del principio del ‘legittimo affidamento’ nella certezza del diritto (quale elemento fondante dell’ordinamento giuridico) nei confronti di tutti quei soggetti che hanno maturato un determinato trattamento pensionistico in base alla normativa vigente e modulato in base ad esso il proprio programma di vita. C’è poi la questione fiscale. Chi oggi ha pensioni medio alte è perché ha versato contributi altissimi e ha subito una imposizione fiscale particolarmente pesante durante tutta la sua vita lavorativa. I dirigenti rientrano in quel 12% dei contribuenti che versano il 54% dell’Irpef complessiva, garantendo, dice la Cida, «il gettito indispensabile al mantenimento del nostro modello di welfare». «Voler inasprire ulteriormente il prelievo sulle stesse categorie di contribuenti a fronte di un’evasione fiscale valutata in 130 miliardi, con un mancato gettito di oltre 30 miliardo di euro annuì, significherebbe affermare il fallimento dello Stato sia come apparato amministrativo sia come sistema democratico di redistribuzione delle risorse» si legge nella lettera a Conte.
Il contributo di solidarietà verrebbe quindi a deprimere ulteriormente il ceto medio. Senza contare che si appena concluso, nel 2017, il pesante contributo di solidarietà deciso dai precedenti governi. Le pensioni dei dirigenti hanno subito nel tempo gli effetti negativi di ripetuti blocchi totali o parziali di adeguamento al costo della vita con una perdita del potere di acquisto stimata fra il 15 ed il 20%, a cui bisogna aggiungere i numerosi contributi di solidarietà che, negli ultimi anni, hanno interessato le pensioni medio-alte. In realtà le vere sacche di privilegio, si annidano nelle cosiddette ‘baby pensioni’, i prepensionati degli Anni 80 e 90 che percepiscono l’assegno pensionistico da circa 40 anni: sono quasi 760mila gli assegni che ogni mese l’Inps versa a questi soggetti.
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