Domani la Commissione europea potrebbe decidere di avviare la procedura d’infrazione per l’Italia. Mentre scriviamo lo spread ha superato quota 330 salendo a 335 punti base, il livello più alto dal 19 ottobre scorso. Il rendimento del decennale del Tesoro è arrivato al 3,70%. Come ha spiegato Davide Iacoboni, capo della direzione del debito pubblico al ministero dell’Economia, il costo del debito pubblico è salito di 4miliardi.
I vicepremier Di Maio e Salvini, hanno ribadito però che non intendono cedere alle pressione dell’Unione europea e vanno avanti mentre il ministro dell’Economia, Tria, ha sottolineato che nella storia della finanza pubblica italiana «Il 2,4% è uno dei deficit più bassi».
«L'approccio italiano ai conti pubblici, che non è solo di questo governo, ha spiegato, è che da vent'anni abbiamo un surplus primario, tranne un anno, in cui c'è stata la grande crisi. Il che significa che dire che l'Italia è il Paese della finanza allegra è un falso, un falso storico».
Il deficit maggiore era necessario per «Coprire alcune misure che il governo riteneva di voler portare avanti, ma con questo non si sono assolutamente sfondati limiti di tenuta dei conti pubblici». Quanto alle prese di posizione degli altri Paesi dell'Eurozona nei confronti della manovra economica italiana, Tria ha ricordato che «Questo è un periodo elettorale non solo per l'Italia, ma per tutti i Paesi dell'Ue e ci sono molti Paesi europei che hanno difficoltà politiche interne molto forti».
Gli attacchi di Francia e Germania, che hanno definito anche un accordo sul budget europeo per tagliar fuori l’Italia dai fondi UE, sono proprio l’espressione di due Paesi in difficoltà di leadership. Il Presidente francese Macron è crollato nei sondaggi e deve fronteggiare la protesta interna dei gilet gialli, contro il caro benzina. Il Cancelliere Angela Merkel è in uscita dalla politica e il suo partito, in serie difficoltà, si appresta ad affrontare un difficile appuntamento congressuale. È evidente che questi due Paesi hanno il massimo interesse a tenere accesi i riflettori europei sull’Italia per nascondere i loro problemi e magari lucrare, elettoralmente, sulle difficoltà italiane. I tempi per la procedura di infrazione sono piuttosto lunghi e si intrecciano con le elezioni europee. Questo potrebbe indurre Bruxelles ad essere cauta. Aprire un iter per le sanzioni significherebbe dare al governo un’arma per fare campagna elettorale, per rimarcare la necessità di cambiare le regole europee che impongono ai Paesi una austerità eccessiva contro la crescita.
La procedura di infrazione potrebbe essere aperta solo nella primavera del 2019, quando l’Ue chiederebbe il rientro dal disavanzo eccessivo, specificando anche dei precisi paletti temporali da rispettare. Il processo quindi potrebbe durare un paio di anni per concludersi con sanzioni in caso di mancato rientro del disavanzo eccessivo. Un iter lungo; in due anni possono cambiare gli equilibri politici ma mutamenti di scenario si potrebbero avere anche nella prossima primavera. L’economista Daniel Gros, a capo del Centro studi di politica europea), spiega che le conseguenze immediate della decisione di aprire la procedura di infrazione «Sarebbero piccole ma la reazione rischia di essere più severa se i mercati percepiscono che è in atto uno scontro tra l’Italia e la UE». Al momento la Commissione sembra non abbia altra scelta che procedere. Una indecisione verrebbe interpretata come un cedimento e metterebbe in discussione tutto il sistema di regole europee. Di Maio e Salvini sono concordi: il verdetto UE non ci preoccupa.
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