«Per proteggere famiglie e aziende da un rialzo dei tassi di interesse i Paesi ad alto debito non dovrebbero aumentarlo ulteriormente, e tutti gli Stati dovrebbero rispettare le regole dell'Unione». Mario Draghi è intervenuto allo European Banking Congress di Francoforte, città che ospita la Banca Centrale Europea di cui Draghi è il governatore. Non è la prima volta che l'italiano al comando di Eurotower batti su questi tasti, spread e regole europee; e infatti insiste: «finora il rialzo degli spread è stato provocato dal primo caso, il contagio è stato limitato». E quando parla di «Paesi ad alto debito» Draghi si rivolge essenzialmente all'Italia, avvertendola che mettendo in forse le regole di Bruxelles si è più esposti agli choc. Parole che poco tempo fa avevano scatenato dure reazioni in Italia, con Matteo Salvini a ricordargli che era italiano. Dopo le sue parole lo stesso vicepremier leghista riconosce che «con i burocrati europei non ho un gran rapporto, ma Draghi per l'Italia e i risparmi italiani in questi anni si è impegnato. Ce ne sono di peggiori, Draghi ha fatto il suo».
Ma di nuovo c'è che con tutta probabilità il temuto stop al Quantitative Easing, annunciato per gennaio 2019, potrebbe non esserci e la Bce potrebbe così seguitare a erogare liquidità agli Stati membri proseguendo con l'acquisto di titoli di debito pubblico; un'operazione partita nel 2015 con il "bazooka", comprando fino a marzo 2016 60 miliardi al mese di titoli di Stato, azzerando il tasso di refinanziamento e abbassando a -0,40 per cento il tasso sui depositi, quello cioè che le banche pagano agli istituti centrali per parcheggiare le loro liquidità. Le iniezioni di liquidità sono poi aumentate a 80 miliardi al mese per tornare a 60 nel'aprile 2017, estese anche a titoli di regioni ed enti locali. Da gennaio di quest'anno gli acquisti si sono dimezzati a 30 miliardi di euro mensili, con l'obiettivo di chiudere gli aiuti entro gennaio 2019; nulla di detto però, e nei tanti discorsi fatti da Mario Draghi si lasciava sempre intuire che la porta rimaneva socchiusa, anche dopo aver fornito all'economia dell'Eurozona 2547 miliardi di euro.
Draghi cerca di tranquillizzare tutti gli Stati, che guardano con preoccupazione alla conclusione del QE: i tassi di interesse dovrebbero rimanere al valore attuale «almeno fino a fine estate 2019», comunque finché non si raggiungerà l'obiettivo inflazione sotto al 2 per cento. In ogni caso la Bce continuerà a reinvestire i guadagni dai titoli in scadenza «per un periodo esteso di tempo, per il tempo necessario a mantenere condizioni di liquidità favorevoli e una politica monetaria ampiamente accomodante». E se le cose dovessero peggiorare la Banca Centrale prevede «un aggiustamento nel percorso previsto dei tassi di interesse futuri», tenendoli bassi più a lungo del previsto. Il monito di Draghi però riguarda anche e soprattutto l'Unione Bancaria, con la riduzione del rischio e l'avvio dell'unione del mercato dei capitali, «urgente quanto i primi passi durante la gestione della crisi dell'euro 7 anni fa. Oggi è urgente non a causa di una crisi economica che abbiamo affrontato con successo, ma perché sono la risposta migliore alle minacce rivolte alla nostra unione monetaria; a queste minacce, la risposta è: più Europa».
di Paolo dal Dosso
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