Il giorno in cui lo spread per la prima volta fa tremare il ministro dell’Economia Tria e in cui il governo fa quadrato a difesa della manovra respingendo il warning di Bruxelles, il giorno cioè in cui è successo di tutto, Matteo Salvini e Paolo Gentiloni si sono trovati per la prima volta, l’uno accanto all’altro in un insolito ring, a sfidarsi su Europa e sovranismo. L’occasione è stata la presentazione del libro del direttore de La Stampa, Maurizio Molinari, «Perchè è successo qui». Un viaggio dell’autore «all’origine del populismo italiano che scuote l’Europa».
Tono pacato ma fermo, i due se le sono dette senza peli sulla lingua, con tanto di battute e buona dose di ironia. Un faccia a faccia in cui il vicepremier e l’ex presidente del Consiglio hanno ribadito le loro posizioni e segnato una distanza incolmabile. Ma sarebbe bastato leggere solo alcune righe del libro di Molinari per capire che Lega e 5Stelle sono assolutamente nuovi nel loro Dna politico e che non ci possono essere punti di contatto con quelle forze che comunque sono radicate nella tradizione. «Sono due forze», scrive Molinari, «che non hanno partecipato alla scrittura della Costituzione, alla formazione della Repubblica, alla creazione dell’Unione europea». Il confronto tra Salvini e Gentiloni è stato lo scontro di due mondi diversi, senza punti di contatto. A cominciare dal rapporto con l’Europa. Il vicepremier ha esordito ribadendo la sfida a Bruxelles: «Possono mandarmi 18 lettere me la può mandare anche Gesù ma noi andiamo avanti. Nessuno potrà convincermi a non cambiare la legge Fornero che è sbagliata e va riformulata». E a Gentiloni che spesso ha insistito, come tutta la sinistra, sulla narrazione di un’Italia isolata, Salvini replica: «Siamo meno soli di quello che temi quindi vai a casa tranquillo, perché tutti sanno che l’Europa senza l’Italia non esiste e l’Italia non può fare a meno dell’Europa. Sarà un rapporto di reciproca utilità».
E lo spread? Gentiloni rimprovera al governo «l’allegra spensieratezza con cui dice cosa vuoi che sia se dal a 320». Salvini poi è passato all’attacco dell’Europa per come spende i soldi e per le sue decisioni irrazionali. «Abbiamo esaminato il bilancio europeo. E se l’Europa è quella che taglia l’11% all’agricoltura e alla pesca, che ci sanziona per 600 milioni di euro e regalerà 5 miliardi alla Turchia nei prossimi 7 anni che non c’entra niente con l’Europa, questa non è la mia Europa. O cambia o non si salva». Gentiloni ha rilanciato i risultati di Minniti sul contenimento dei flussi migratori e indicato tre strade: «Servono quote di migranti economici, corridoi umanitari, integrazione. La faccia feroce non rende più sicure le nostre periferie».
Ma Salvini, pur riconoscendo il lavoro svolto dal precedente governo, ha rilanciato: «Ho migliorato le cose fatte da Minniti. Ma nei cassetti del mio predecessore non ho trovato gli accordi di espulsione. E poi, cosa è stato per gli oltre cento palazzi occupati abusivamente?». Quindi a chi parla di complotti sul web per far emergere le forze populiste, risponde tranciante che nessuno ha condizionato il voto e la conferma è un generale cambiamento mondiale delle forze politiche. La gente vuole cambiare se le ricette economiche che ha ereditato non gli piacciono. Perché se vince qualcuno che è gradito a Bruxelles e ai salotti buoni vince la democrazia mentre se emergono movimenti non allineati allora si parla di estremismo? Gli italiani hanno votato con la testa a prescindere da Trump, Putin e dagli hacker. Salvini infine ribadisce una certezza: «Il governo durerà 5 anni, non un giorno in più, non uno in meno». Come dire che quello con i grillini è stato finora un matrimonio d’interesse che non porta a nessuna alleanza elettorale. Poi stringe la mano a Gentiloni con una battuta: questa è una mano moderata.
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