Dyrecta Lab: Parla l’amministratore delegato, Maurizio Galiano
Un drappello di 55 persone che si occupano di ricerca applicata e che spaziano dall’informatica alla meccanica elettronica, dalla meccatronica ai nano materiali, dalle nanotecnologie all’ingegneria gestionale. Sono molteplici le competenze della Dyrecta Lab, istituto di ricerca privato accreditato al Miur e con sedi a Conversano (Bari) e a Milano, che cura circa 70 progetti di ricerca l’anno, commissionati perlopiù da clienti privati, in Italia e all’estero.
Per dire lo scorso anno Dyrecta Lab ed Università di Bari hanno realizzato un macchinario capace di eliminare dal terreno, con un getto di vapore, quindi in maniera sostenibile dal punto di vista ambientale, le uova di sputacchina, l’insetto vettore del batterio Xylella che uccide le piante di olivo. Ma nel palmarès delle “invenzioni” targate Dyrecta Lab ci sono anche i droni ipertecnologici in grado di individuare con una precisione al millimetro, e attraverso sensori termici, le perdite lungo il percorso dell’Acquedotto pugliese, o, ancora, droni in grado di monitorare i viadotti a rischio crollo.
L’ultima sfida dell’azienda è la partecipazione al protocollo “Ripartenza” ideato da Artemisia Lab e rivolto alle aziende per metterle nelle condizioni di riprendere l’attività nella fase 2 nel più rigoroso rispetto della salute dei lavoratori. Un lavoro di squadra, insomma, per monitorare e prevenire la diffusione del Covid-19 e che ha visto allo stesso tavolo oltre a Dyrect Lab, la rete dei Centri clinici Artemisia Lab la società di biotecnologie Biotecho e un equipe di professionisti quali la dottoressa Rosella Squicciarini (epidemiologa), il dottor Felice Spaccavento (medico anestesista) e l’ingegner gestionale Francesco Squicciarini. Il protocollo è in via di validazione, ma già numerose aziende pubbliche e private si sono fatte avanti per assicurarsi il servizio.
Ne parliamo con l’amministratore delegato Maurizio Galiano. A cui chiediamo come nasce l’interesse di Dyrecta Lab per la medicina. «Da un paio di anni a questa parte – spiega - ci sono arrivate da parte di ospedali e strutture sanitarie richieste per realizzare sistemi specifici per il monitoraggio di pazienti a domicilio e la telemedicina. Si tratta di tecnologie che da una parte consentono ai pazienti di non doversi necessariamente recare in ospedale per interventi ed analisi che possono benissimo essere fatti a domicilio e, dall’altra, permettono alle strutture sanitarie di ridurre notevolmente i costi senza intaccare il servizio, ma anzi, migliorandolo nell’interesse dei cittadini. L’istituto oncologico di Bari ci disse che tenere per una settimana i pazienti in ospedale dopo i trattamenti chemioterapici solo per monitorare la temperatura rappresentava un costo assai gravoso per l’ospedale».
E voi cosa avete fatto?
«Abbiamo sviluppato una piattaforma di telemedicina, ovvero abbiamo dato la possibilità ai medici di controllare da remoto i pazienti con un monitor. Quando il medico vede che c’è un trend peggiorativo interviene tempestivamente, chiamando il paziente in ospedale o mandando una equipe infermieristica a casa. Insomma, nel corso degli anni abbiamo sviluppato una forte expertise in quello che è il mondo della telemedicina».
Nasce da qui l’idea di mettere le vostre conoscenze nell’elaborazione del protocollo Ripartenza assieme ad Artemisia Lab?
«Ancora prima che iniziasse la fase 2 abbiamo deciso di unire le forze di diversi soggetti con un approccio multidisciplinare e abbiamo iniziato a studiare un protocollo operativo per affrontare al meglio la fase della ripartenza. Questo protocollo ha voluto da subito sfruttare la capacità di analisi diagnostica effettuata su campioni sierologici per la verifica anticorpale. Mentre il tampone ordinario richiede 24 ore di tempo e strutture complesse questi test si eseguono in pochi minuti ed hanno una precisione del 100 per cento sulle IgG e del 98,7 per cento sulla fase infiammatoria. Vengono utilizzate infatti due differenti metodiche, entrambe testate e scientificamente riconosciute, per la ricerca di anticorpi IgM e IgG anti-SARS-CoV-2, che evidenziano la risposta immunitaria da parte dell’organismo. Gli anticorpi IgM sono un parametro che ci indica lo stato infettivo della patologia. Non c‘è bisogno che le dica quanto sia importante avere questi parametri ed individuare gli eventuali asintomatici nel momento in cui le aziende riaprono».
Gli asintomatici sono i soggetti da individuare e da monitorare con più attenzione?
«Certamente. Individuare gli asintomatici è la condizione imprescindibile, quella che permette, nel caso di una azienda, di salvaguardare gli altri lavoratori».
Monitorare le persone è quello che fa Dyrecta Lab. Come però? Con quali strumenti?
«Per monitorare questi pazienti asintomatici e verificare che non ci siano possibilità di diffusione del contagio o contatti troppo prolungati e stretti tra i soggetti Dyrecta Lab ha creato una piattaforma tecnologica che si chiama “monitoraggio sicuro” che è parte integrante del protocollo e che consiste nel fornire alle persone un orologio dotato di sensori particolari che rilevano la temperatura, la saturazione del sangue e la pressione sanguigna, tutti elementi che possono consentire al medico del lavoro di intervenire con efficacia e rapidità. Mentre per le persone che ai test diagnostici sono risultati negativi, invece dell’orologio viene chiesto di installare sul proprio smartphone una app che analizza gli spostamenti. Tutte le informazioni che transitano nella nostra piattaforma e che arrivano dagli orologi o dalle app sono trasmessi ad un server centrale, dove le informazioni sensibili, consultate esclusivamente dai medici, possono, ad esedmpio, permettere di individuare con precisione in che area è avvenuto il contagio per circoscriverla e sanificare gli ambienti. Quando tutti i dipendenti sono monitorati evidentemente il loro livello di rischio si abbassa sensibilmente anche perché loro stessi si accorgono quando sono troppo vicini ad un collega, in quando il cellulare o l’orologio cominciano a vibrare. Ma l’utilizzo della tecnologia per monitorare le persone ed evitare i contatti con persone affette da Covid-19 è ovviamente utilizzabile nei contesti più svariati, pensiamo al mondo dello sport, dove addirittura c’è la possibilità di applicare i sensori invece che sugli orologi sulle magliette degli sportivi».
Il protocollo Ripartenza è in fase di sperimentazione?
«Il protocollo è composto da due macro fasi, una di diagnostica e una di monitoraggio ed è al momento stato approvato ed è in fase di sperimentazione per la validazione clinica dall’università di Tor Vergata di Roma. In questi giorni si stanno campionando 100 soggetti con le nostre apparecchiature e la nostra tecnologia perché questo diventi poi l’inizio di un protocollo validato clinicamente. Ma c’è un altro dato che mi preme evidenziare».
Prego.
«Questo protocollo non è coperto da nessun segreto industriale, vuole essere a disposizione dell’intera comunità perché è un protocollo gestionale, quindi organizzativo, che dà a tutti la maggior certezza di riduzione del rischio di trasmissione del virus. Bisogna rimettere in moto il Paese in sicurezza e questo strumento può dare una mano in tal senso».
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