di Michele Lo Foco
“Una volta il campo dell’attività cinematografica era relativamente aperto e non occupato come adesso da monopoli, duopoli o posizioni dominanti ed esisteva una libertà d’impresa e di espressione sufficiente per realizzare, assieme a film di ogni genere, opere di notevole valore artistico e culturale.”
“Oggi pochissime persone, spesso (soprattutto in Europa) completamente digiune di ogni conoscenza riguardo alla produzione audiovisiva decidono, nei minimi dettagli, quello che devono vedere o non vedere gli spettatori. Molti autori e produttori che credono di scegliere autonomamente quale progetto realizzare, possono avere questa illusione solo perché hanno una affinità a volte elettiva con il burocrate preposto alla somministrazione del prodotto audiovisivo.”
Queste parole non sono mie, ma sono state scritte in un libro del 2006 pubblicato nell’anno della sua morte dal produttore illuminato, critico, sceneggiatore e regista, Mario Gallo, presidente a lungo di quasi tutte le istituzioni pubbliche dal 1954 a 1974, cui si devono Roma di Fellini, La Caduta degli Dei di Visconti, Partner di Bertolucci, Nel nome del padre di Bellocchio, Morte a Venezia di Visconti e molti altri capolavori. Mario Gallo non deve essere confuso con Enzo Gallo, altro ottimo produttore, ma più giovane e meno politico tuttora in attività. Mario Gallo ha individuato con grande lucidità quello che era il percorso negativo intrapreso dal cinema fin dagli anni 2000, e che purtroppo ha continuato a percorrere fino ai giorni nostri come non mi stanco di ripetere quasi settimanalmente. I due difetti, i due vizi alla base di una crisi che sembra quasi infinita sono la mancanza di libertà ed il potere dei burocrati, aspetti che si integrano talvolta ma che sempre collaborano alla standardizzazione dei prodotti ed alla mancanza di qualità. Il risultato è palese, il rigetto del prodotto da parte del pubblico delle sale e la sopportazione dello stesso prodotto da parte del pubblico televisivo: ciò che viene realizzato sembra fatto apposta per riempire un’ora e mezzo di palinsesto Tv mentre la gente mangia, telefona, allatta, chiacchiera. E’ esattamente la trasformazione della cultura in intrattenimento.
La sinistra, invece di intuire la degenerazione e limitarla, ha preferito cavalcarla, posizionando suoi delegati e affezionati funzionari in tutte le posizioni chiave in modo da condizionare ogni aspetto del settore. Questo lungo percorso di mancanza di libertà ha ridotto il cinema italiano al 10% del fatturato nazionale e ha fatto sparire i nostri prodotti dal mercato mondiale. Dobbiamo pertanto ringraziare la sinistra ed i suoi adepti per aver valorizzato le major straniere, le piattaforme straniere ed il cinema straniero ed aver ridotto l’Italia ad una colonia. In teoria e in pratica non esiste libertà di mercato quando non esiste libertà di accesso al mercato. Quando Mario Gallo e Visconti decisero di realizzare “Morte a Venezia” i produttori italiani lo giudicarono pericoloso e uno di loro suggerì di trasformare Tazio in una bella fanciulla, conformando la tesi che molto del prodotto italiano, come ora, dipende dalla disponibilità delle donne. Il film fu realizzato grazie all’intervento di imprenditori esteri. Eppure Visconti era uno dei mostri sacri del cinema! E’ passato molto tempo da allora, ma non sembra.
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