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Ecco che fine hanno fatto gli uomini di Ultimo: siamo stati messi ai margini, non facciamo indagini



“Siamo finiti nel sottoscala, ai margini delle attività operative, oscurati perché abbiamo lavorato con lui”. Ecco che fine hanno fatto gli uomini del capitano Ultimo, nel gennaio 1993 a Palermo protagonista dell’arresto del capo della mafia Totò Riina. Sono i fedelissimi dell’ufficiale, al secolo Sergio De Caprio, oggi colonnello dei carabinieri. Erano con lui al Comando Tutela ambiente di Roma. “Il tempo in cui davamo la caccia ai criminali – sostengono - è un ricordo”. Come quello che si commemora in queste ore: il 23 maggio 1992 sull’autostrada A29, in direzione del capoluogo siciliano, all’altezza di Capaci la mafia fece saltare in aria le auto del magistrato Giovanni Falcone, della moglie e degli agenti della scorta.


“ULTIMO E’ UN GENIO. GLI SCANDALI NON SONO STATI UN CASO”

“Siamo stati tritati per aver eseguito ordini legittimi – ripetono i carabinieri, preferendo rimanere anonimi – Siamo uomini dello Stato, non di De Caprio. Non facciamo più intercettazioni, pedinamenti, accessi a banche dati, perquisizioni. Dove siamo? – si domandano - In istituti d’istruzione, uffici amministrativi, Unità mobili specializzate. Sono state azzerate capacità di alto livello. Per esempio – continuano - i chiavai o chi sistema le microspie ambientali. Per noi – proseguono i carabinieri - Ultimo è un ottimo comandante, non un carrierista: oggi potrebbe essere un generale di Divisione e invece non lo è. Ti insegna a pedinare, a osservare e a non farti osservare. Mette i giovani alla prova spingendoli a seguire i colleghi più anziani e attenti, ma ignari di essere seguiti. Nel 2003, De Caprio è entrato alla Sezione analisi del Noe con l’incarico di capo del Gruppo dell’Italia centrale. Il vecchio Procuratore di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) lo stimava e gli affidato le prime inchieste. Ma sono arrivati anche i primi problemi. Le deleghe aumentavano – rammentano ancora – e Ultimo chiedeva uomini ai Nuclei regionali. Mancavano risorse economiche e il comandante faceva convenzioni con ministero dell’Ambiente e Regioni. Sono state le Procure italiane ad assegnare le indagini al Noe. De Caprio era una garanzia. Dal Comando non uscivano notizie. E poi – ricordano – il colonnello è un genio: non dimentica niente, ha intuito. La maggior parte delle nostre indagini ha retto ai processi: sulla Lega di Bossi, il tesoro del figlio di Ciancimino, la Finmeccanica, la P4, la coop Cpl Concordia (con alcune accuse riformate e altre condanne pronunciate), camorra e rifiuti, il giudice corrotto, le discariche laziali di Cerroni, le buche di Roma e altre ancora. Il legame col pm di Napoli Henry John Woodcock? – s’interrogano i militari – Il magistrato ha i suoi modi, nei corridoi si è pure detto che Ultimo era la sua pistola fumante. Ma quel pm non è stato l’unico col quale si è lavorato. Forse De Caprio era scomodo. Nell’agosto 2015 – concludono – è arrivata la mazzata: al vicecomandante del Noe, all’epoca Ultimo, è stata tolta la responsabilità di polizia giudiziaria, ovvero il controllo delle indagini. Poi è scoppiato il caso Consip. E’ stato tutto un caso?”


I VELENI DEL CASO CONSIP

A sentire questi militari, la deflagrazione che li ha definitivamente spazzati via è stato lo scandalo Consip. Un’intricata vicenda giudiziaria costruita attorno alla Centrale per gli acquisti della Pubblica Amministrazione, che ha messo in dubbio la bontà delle indagini dell’allora responsabile del Noe di Napoli, il capitano Gianluca Scafarto, e ha lambito pure Ultimo, in passato suo comandante. Nella primavera 2016 il colonnello De Caprio è transitato nei Servizi segreti dell'Agenzia per la sicurezza esterna, portandosi dietro circa una quindicina di militari del Noe. Ma con lo scoppio del caso Consip si era ipotizzato che Ultimo avesse fatto da “suggeritore” a Scafarto. Per cui, nel luglio 2017 il brusco dietrofront: gli ex della Tutela ambiente sono tornati nei ranghi dell’Arma, e De Caprio è stato trasferito alla Tutela forestale e agroalimentare. Questa storia, il Comando generale non l’ha mai vista e detta in questo modo. “L'uscita e il rientro del colonnello Sergio De Caprio dall'Arma sono avvenuti nel rispetto delle procedure interne” ha assicurato nell’ottobre scorso l’allora comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette (anche lui finito nel calderone Consip) ascoltato dal Comitato parlamentare sui Servizi segreti, il Copasir.


IL CARABINIERE-MISSIONARIO

Oggi Ultimo si è messo alla testa di una nuova avventura: è presidente del Sindacato italiano militare, nato nel febbraio 2017. Lo spirito è sempre quello del carabiniere-missionario: “Mi metto a disposizione con grande senso di responsabilità – ha detto Ultimo - e prometto, in questa battaglia di civiltà, di impegnarmi per la salvaguardia dei diritti e della dignità di ogni militare dell'Arma". De Caprio è diventato personaggio a sé stante. A una mano indossa il simbolo francescano del guanto senza dita, è fedele praticante. Non sono state poche le sere in cui è sceso in strada in processione distribuendo pagnotte di pane agli automobilisti alla periferia est di Roma. Ha creato la casa-famiglia Mistica per offrire un aiuto anche ai figli dei pregiudicati, dove pure la mensa è in sintonia: Il Viandante. Ama i rapaci e gli indiani d’America.


di Fabio Di Chio

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