Pietro Angelini, direttore generale di Navigo, sottolinea come il settore della nautica resiste alla crisi e può essere considerato modello per quanto riguarda la sinergia tra pubblico e privato.
Perché il progetto “Navigo” può essere considerato un modello?
“Ricetta del nostro successo è l’aggregazione costante. Siamo passati dalle 7 imprese del 2007 fino alle 150 di oggi. L’obiettivo è arrivare a 200 per la fine del 2023. Trattasi di aziende che insieme hanno un fatturato che supera i due miliardi di euro. Una percentuale importante per un settore il cui fatturato complessivo è di 5 miliardi di euro. Ciò a testimonianza di come sia già un progetto che va oltre i confini regionali”.
Protagonista anche il pubblico nella nuova sinergia?
“Certamente. Per il 20 per cento Navigo ha una componente pubblica. Motivo di vanto del progetto è appunto il dialogo tra la componente pubblica e quella privata. Detto ciò, non significa che a pagare sono le imprese. Non abbiamo, infatti, mai chiesto un euro di quota associativa. Ecco perché dopo 15 anni riteniamo di essere un successo, considerando le attività che oggi mettiamo in campo. Riusciamo, inoltre, a essere spin-off, ovvero creiamo altri aggregati. Importanti, ad esempio, sono le sinergie avviate con le varie rete portuali presenti sul territorio, il distretto tecnologico, nonché gli Its. Dall’esperienza partita in Toscana, oggi esistono Navigo Sardegna, Navigo Malta e tra poco Navigo International. Tutti soggetti che prendono un metodo come punto di riferimento”.
State ricevendo dei contatti che chiedono suggerimenti?
“Assolutamente! Basti pensare al mondo delle calzature. Pur trattandosi di un settore diverso, hanno chiesto informazioni su un modello ritenuto di buone prassi perché siamo considerati esperti di aggregazione”.
Su quali aspetti, invece, bisogna ancora migliorare?
“Il progetto avrebbe bisogno di una spinta ancora più forte sul mercato. Il fatto di essere così tanti rende più difficile il percorso. La nostra sfida è superare gli spin-off dedicati. Ecco non possiamo dire che c’è qualcosa che non abbia funzionato, ma è indispensabile un’integrazione costante dell’offerta, a partire dai servizi”.
La politica vi è stata vicina in questi anni?
“Sia sul livello locale che regionale. Nella fase iniziale, c’è stato un input molto importante partito da chi amministra il territorio, che ha avuto appunto la determinazione di voler collaborare col privato. Nella seconda fase, invece, con il distretto tecnologico e con i riferimenti regionali siamo riusciti a portare avanti comuni strategie di sviluppo”.
L’attuale crisi in Ucraina potrebbe avere conseguenze anche sul consorzio?
“A livello di settore, il conflitto è preoccupante. Quel tipo di utente-cliente per noi è importante, anche se meno rispetto ai competitors tedeschi e olandesi. Ci potranno essere comunque ripercussioni soprattutto sulla parte relativa alla riparazione e ai servizi, meno sulla produzione”.
In tal senso, fondamentale è avere personale qualificato. Quanto è importante?
“Stiamo parlando di un settore human intensive, come diversi altri in cui si lavora sia con la testa che con le mani. Le persone, quindi, sono variabile importante per il successo. Specializzarle, pertanto, è al centro della nostra strategia. Nel 2015 abbiamo fatto partire un Its dedicato allo yachting, unico in Italia nel suo genere. Qui formiamo i comandanti, i costruttori, ma anche coloro che sono in ambito portuale a fare turismo e accoglienza. Allo stesso tempo stiamo investendo sulla formazione dei mestieri, tramite un percorso che dia appunto possibilità di carriera. Anche da falegname si può arrivare a diventare manager. Quest’anno saremo, poi, impegnati nell’iniziativa Gioia, che prende spunto dall’inventore della bussola, ovvero un’università che consente di giungere al livello manageriale”.
L’Italia, nell’indirizzo al lavoro, sta seguendo un percorso virtuoso oppure manca una formazione mirata che di conseguenza faccia crescere il numero di alcune figure professionali, ma allo stesso tempo ne faccia mancare altre…
“L’Italia dovrebbe avere una pianificazione unitaria. Troviamo differenze tra i vari livelli regionali e in settori come il nostro ciò è particolarmente evidente. Dall’altro campo, serve avere una concezione modulare. La somma dei moduli diventa una figura professionale e non il contrario. Ecco perché è indispensabile avere la consapevolezza che formare è sempre utile, non solo all’inizio, ma durante l’intero percorso”.
Di Edoardo Sirignano
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