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“Effetto Renzi”, negativo, sulle primarie del Pd, tutti parlano dell’ex leader e nessuno del 3 marzo



«Ci mancava solo l’arresto dei familiari di Renzi e la sua reazione ‘berlusconiana’. Non è vero che questa vicenda non avrà conseguenze sulle primarie. Rischiamo il flop. Se vota meno di un milione di persone è un disastro, anche a prescindere da chi vinca. Probabilmente sarà Zingaretti, ma rischia di diventare un segretario dimezzato in partenza». Lo sbotto di accidia del big dem di lungo corso e – come si capisce dalle sue parole – per nulla vicino a Matteo Renzi, dà il climax pesante che sta vivendo il Pd in queste ore. Ormai da tre giorni, sui media come sui social, non si parla d’altro che dei genitori di Matteo Renzi, finiti agli arresti, seppur domiciliari, della reazione furibonda dell’ex leader, che – come dice – non intende “mollare di un centimetro” e delle polemiche tra giustizia e politica che investono anche il Pd. Un partito che, su una certa ‘vicinanza’ ai giudici e al loro operato, ha fondato la sua costituency, dall’epoca di Mani Pulite, quando si chiamava Pds, in poi, a tal punto da aver cavalcato, durante il ventennio berlusconiano, un ‘giustizialismo’ di fatto, con tanto di collegamento – per quanto contraddittorio – con la stagione dei ‘girotondi’. Oggi, invece, il Pd si riscopre convintamente ‘garantista’, ma forse è troppo tardi. Non a caso, ai senatori dem che protestavano contro il voto dei 5Stelle per ‘salvare Salvini’, il senatore pentastellato Mario Giarrusso ha fatto il gesto – subito condannato persino dai suoi – delle ‘manette’. Lo stesso gesto che un deputato M5S aveva rivolto ai banchi dei dem durante i lavori d’Aula, provocandone l’ira funesta e l’uscita in massa dai loro scranni di Montecitorio, con tanto di scontro col presidente della Camera, Roberto Fico.


Il guaio, al di là delle polemiche e del rapporto tra il Pd e la giustizia con Maurizio Martina che dice «Bisogna ribadire la fiducia e la stima nella giustizia, come ha anche fatto Renzi ieri con le sue parole, ma la dinamica e la tempistica» dei domiciliari e dell’arresto a carico dei genitori dell’ex premier rendono “comprensibile che si apra un dibattito”) e della piccata, e durissima, presa di posizione dell’Anm (“Inammissibile parlare di giustizia ad orologeria e di arresti con finalità politiche, bisogna evitare i dannosi tuffi nel passato”, cioè nella stagione del berlusconismo), è che il dibattito è tornato a focalizzarsi intorno alla figura di Renzi. Il disorientamento dei dem, rispetto alle possibili ripercussioni sulle primarie, è trasversale alle tre mozioni, anche se i pasdaran del renzismo, quasi tutti sostenitori della mozione che ha candidato Roberto Giachetti, sono gli unici che vanno all’attacco, cercando di sfruttare l’onda emotiva che sta trascinando nel fango la famiglia Renzi sia per reale convinzione sia per sfruttarla per guadagnare voti. La prima conseguenza è che, delle primarie del 3 marzo – che, per giunta, capita pure sotto Carnevale, data ed effetto non previsto quando al Nazareno si fissò la data - non parla praticamente più nessuno. Sembra quasi che non esistano.

Secondo gli ultimi – e informali – sondaggi disponibili, in particolare un sondaggio condotto dalla società Ipsos, Zingaretti si attesterebbe intorno al 51-55% (quindi oltre la soglia psicologica e numerica del 51%), Martina al 37%-40 e Giachetti all’8-9%, ma il dato preoccupante riguarda il numero di sostenitori del Pd disponibili ad andare a votare: circa un milione di persone, forse anche qualcosa di meno.


I problemi, però, non riguardano ‘solo’ la partecipazione. Manca il numero dei gazebo che saranno allestiti nelle varie regioni e si rischia che siano molto meno dell’ultima volta. Più gazebo vuol dire una partecipazione più ampia, quindi Zingaretti, ad esempio, preme perché ce ne siano tanti. Gli uomini di Zingaretti accusano, in buona sostanza, gli avversari di voler ostacolare l’affluenza, in modo da “dimezzare” la sua – ad oggi molto probabile - vittoria e parlare già di un partito ormai in stato di decomposizione. Dall'altra parte, si vedono difficoltà organizzative che, soprattutto in regioni come Puglia, Calabria e Sicilia, rendono complicato mantenere uno standard di seggi pari a quello del passato. I numeri dalle federazioni regionali arriveranno a Roma solo in questi giorni e sarà compito della Commissione congressuale confrontarli con quelli delle scorse primarie e intervenire laddove si riscontrassero anomalie, sia in eccesso che, più facilmente, in difetto.

Il Pd, peraltro, non ha organizzato una ‘tradizionale’ campagna pubblicitaria, come è sempre stato fatto finora, perché sono poche decine di migliaia gli euro da investire e verranno destinati alla campagna on-line e a qualche spot.


Le casse del partito, infine, sono esangui. Nel 2017, il bilancio del Pd, l’ultimo disponibile e il primo privo di rimborsi elettorali, si è chiuso con un attivo di 555 mila euro dopo il tracollo del 2016 che aveva fatto precipitare i conti a un passivo di quasi 9 milioni e mezzo a causa dell’infausta campagna referendaria del 4 dicembre 2016. Il tesoriere, Francesco Bonifazi, renziano doc, ha imposto l’austerity, mettendo tutti i dipendenti del Nazareno in cassa integrazione (in buona parte a zero ore, scade a fine luglio) e il confronto tra il Pd, in quanto datore di lavoro, e i sindacati, in quanto rappresentanti dei dipendenti, rischia di farsi drammatico: si parla di scendere da 170 a 45 posti. Infine, anche sui media del congresso del Pd si parla poco. Martina e Giachetti spingono per organizzare quanti più confronti televisivi possibile e molti talk show si sono detti pronti a ospitarli, ma Zingaretti – la ‘lepre’ da inseguire - recalcitra, davanti ai confronti a tre e non vuole farli. Finora se n’è tenuto solo uno, negli studi di In mezz’ora di Lucia Annunziata, su Rai 3, ma i candidati si sono presentati uno dopo l’altro, e non tutti e tre insieme. Difficile che, da qui al 3 marzo, si riuscirà ad avere un ‘vero’ confronto tra i tre. Morale: le primarie del Pd sono finite nel dimenticatoio. Anche questo un effetto degli arresti dei genitori di Renzi.


di Ettore Maria Colombo

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