Campagne di sensibilizzazione, formazione e la strategica collaborazione dei medici di famiglia. La Puglia e la Sardegna ferme al palo.
Occorre ripartire in tutto il Paese con gli screening per far emergere il “sommerso” dell’Epatite C, ossia coloro che hanno contratto l’infezione ma non ne sono consapevoli. Proprio le Regioni sono le protagoniste di questa nuova fase. Una sfida reale contro il tempo, che vede questa volta Piemonte, Emilia-Romagna, Sardegna, Puglia al centro dell’analisi con una serie di incontri che hanno coinvolto rappresentanti delle istituzioni, degli enti locali, del mondo scientifico, AISF e SIMIT, i medici di famiglia SIMG. L’analisi di queste quattro regioni è il cuore del Progetto CCuriamo ideato da ISHEO, con il contributo non condizionante di Gilead Sciences Italia, che da maggio si propone di monitorare e incoraggiare le politiche regionali in tema di lotta all’Epatite C. A questi quattro incontri hanno partecipato oltre ai clinici del territorio anche i rappresentanti delle istituzioni come la Dott.ssa Loreta Kondili dell’Istituto Superiore di Sanità e diversi parlamentari, fra cui l’on. Elena Carnevali, XII Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati, e l’on. Luca Rizzo Nervo, Assessore Welfare Comune di Bologna e componente della stessa commissione in occasione dell'iniziativa dedicata all’Emilia-Romagna.
LA SITUAZIONE ATTUALE E IL PROGETTO "CCURIAMO" - Eliminare l’Epatite C è possibile, grazie ai nuovi farmaci ad azione antivirale diretta che permettono di eradicare il virus definitivamente, in poche settimane e senza effetti collaterali. Per favorire gli screening, nel febbraio 2020 il Governo ha stanziato 71,5 milioni di euro con un emendamento al decreto Mille Proroghe, adottato dal Ministro della Salute solo ad aprile 2021. Lo scorso agosto è stato pubblicato un decreto che ha prescritto alle Regioni l’identificazione e la comunicazione al Ministero di una o più referenti per lo screening e la compilazione di una scheda di monitoraggio e valutazione dai contenuti da trasmettere, come prima scadenza, entro il 31 gennaio 2022 e successivamente ogni sei mesi. Le politiche regionali dovranno definire il programma di accesso allo screening in tutte le articolazioni; definire il budget, tra i fondi reperibili per i test, e le risorse da allocare alle altre attività, necessarie, per realizzare i test; informare la popolazione delle modalità operative di accesso agli screening; intercettare le popolazioni chiave, come detenuti e tossicodipendenti; analizzare gli esiti e la presa in carico. “Ad oggi stiamo lavorando su Puglia, Emilia-Romagna, Piemonte e Sardegna, anche se quest’ultima essendo una regione a statuto speciale non riceve i fondi – ha spiegato Davide Integlia, CEO di ISHEO – Lo scenario attuale mostra l’avvio di un piano di screening in Piemonte ed Emilia-Romagna nella fascia di coloro che sono nati tra il ’69 e l’89. Il problema è che le regioni possono usufruire degli screening gratuiti, ma devono provvedere a formazione, percorsi negli ospedali, reti tra specialisti. Un processo complicato ulteriormente dall’andamento della pandemia che frena i trattamenti. Il caso dell’Epatite C è pertanto emblematico delle difficoltà di coordinamento tra Stato e Regioni”.
I CONTRIBUTI DEI DIVERSI SPECIALISTI, IL RUOLO STRATEGICO DEI MEDICI DI FAMIGLIA – Gli incontri online sono stati l’occasione per fare il punto su quanto è stato realizzato e quali siano stati alcuni ostacoli individuati finora. In occasione di questi confronti è stata lanciata la proposta di una nuova campagna di sensibilizzazione che possa portare i test per l’HCV sul territorio, dalla Medicina Generale alle farmacie. “Il 2021 è stato fondamentale perché ogni singola regione ha dovuto disegnare una propria strategia per l’implementazione dello screening e sull’utilizzo delle risorse per gli screening per i nati tra il 1969 e il 1989 – ha evidenziato il Prof. Alessio Aghemo, Segretario AISF – Alcune regioni hanno puntato molto sullo screening ospedaliero, come la Lombardia. Altrove sono stati scelti altri canali, come avvenuto nelle Marche con la medicina del lavoro nelle singole aziende. In altri casi ancora i test per l’HCV sono stati abbinati alla campagna vaccinale contro il Covid, stimolati dalle terze dosi, ma con alcune difficoltà nell’unire questi due processi complessi”. Dalla propria esperienza, la Professoressa Cristina Mussini, Professore Ordinario di Malattie Infettive presso l’Università di Modena e Reggio Emilia e Consigliere SIMIT, ha rilevato un ulteriore problema. “Molte persone con Epatite C sono già diagnosticate nell’ambito di screening pre-operatori, ma non ne sono a conoscenza in quanto per problemi di privacy, noi infettivologi non potevamo comunicare la positività ai pazienti. La collaborazione con l’igiene pubblica che si sta impegnando attraverso i tamponi e tracciamento per il Covid ha permesso di darne comunicazione a queste persone, ma tale percorso deve essere semplificato per far emergere i casi e migliorare il processo di eliminazione del virus”. Strategico anche il ruolo dei medici di famiglia. “Nella gestione dei pazienti con HCV spesso si va avanti tramite contatti interpersonali – dichiara il Dott. Carlo Piredda, Coordinatore provincia di Cagliari per la SIMG, Società Italiana Medicina Generale e delle Cure Primarie - Manca infatti una vera e propria gestione condivisa, istituzionale e ufficiale. Si potrebbe, ad esempio, coinvolgere tramite mail aziendale i medici di medicina generale, che dispongono di molte più informazioni sullo stato di salute dei propri assistiti di quanto ne abbiano gli altri specialisti. In questo modo si creerebbe un ponte utile alla condivisione della terapia e di contatti diretti, consentendo ai medici di individuare gli individui portatori del virus”.
LA PROPOSTA DI UN LAVORO DALL’INIZIO DEL 2022 – La disponibilità per impiegare i 71,5 milioni si esaurisce nel dicembre 2022, un termine molto vicino. Per questo diventa importante sia stimolare le regioni a un’azione rapida e incisiva, ma anche pensare a nuovi progetti. Peraltro. come sottolineato dalla dott.ssa Loreta Kondili, Centro Nazionale per la Salute Globale, Istituto Superiore di Sanità, sarebbe auspicabile estendere il prima possibile di almeno due decadi le coorti di riferimento per gli screening con i nati dal 1948 al 1968 per impedire la progressione della malattia del fegato presente in questa popolazione. In questi processi, sarà fondamentale anche un supporto delle istituzioni. “Oggi assistiamo alla necessità di rendere maggiormente efficiente la campagna per l’emersione dei pazienti che non sanno di essere portatori di HCV – ha sottolineato l’on. Elena Carnevali – Tuttavia, servirà andare oltre l’attuale termine della sperimentazione degli screening nazionali, previsto per la fine del 2022 ed aumentare la platea, con un nuovo finanziamento che non avrà l’ordine di grandezza degli attuali 71 milioni di euro. Se vogliamo raggiungere una fetta più ampia di popolazione e reclutare il maggior numero possibile di persone dobbiamo pensare a una soluzione in tal senso. Ciò non avverrà con questa legge di bilancio che ha dei limiti di carattere economico. Se il progetto si esaurisse nell’arco temporale sin qui individuato sarebbe monco, quindi auspico che si possa protrarre. Mi auguro che ci sia questa volontà da parte del Ministero con un futuro finanziamento. Questo investimento con una maggiore spesa iniziale alla fine consentirà una maggior sostenibilità del SSN. Vorremmo che lo screening diventasse permanente per raggiungere l’obiettivo dell’OMS di eliminare l’Epatite C dal nostro Paese entro il 2030”.
di Daniel Della Seta
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