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F. Giro: “Il tentato suicidio di Giovanna Boda? Procura, pm e giudici gli stessi di Mafia Capitale”

Intervista esclusiva a Francesco Giro, Senatore di Forza Italia

“Nessuno vuole fare il Sindaco di Roma per non ritrovarsi la Procura in ufficio il giorno dopo”


“Va riformata la legislazione emergenziale. E rivista una comunicazione che denigra e opprime”


Senatore Giro, un altro caso drammatico di cronaca, il tentato suicidio della dirigente del #Miur, #GiovannaBoda, dopo un avviso di garanzia, scuote la coscienza dei garantisti. Ancora una volta in Italia un’ipotesi di reato equivale, o rischia di equivalere, a una condanna a morte. Che ne è della presunzione di innocenza fino a prova contraria?

Io cerco sempre, quando affronto questi temi, di depurarli da accadimenti così drammatici, come è quello che lei cita. Non dobbiamo arrivare a commentare solo gesti estremi. Lei sta parlando con una persona che ha seguito da vicino la vicenda nota, non solo in Italia ma in tutto il mondo, di #MafiaCapitale, conclusasi, come sappiamo, con una sentenza della Corte di Cassazione che ha demolito l’inchiesta. Perché faccio questo riferimento? Innanzi tutto perché parliamo della stessa Procura, degli stessi Pm e degli stessi giudici istruttori che sono coinvolti nella vicenda, da lei evocata, del Capo Dipartimento del Ministero dell’Istruzione. L’inchiesta di Mafia Capitale è stata demolita, ma molta gente è stata distrutta sotto il profilo politico e anche morale. Io, quindi, non mi meraviglio più di nulla. Come saprà, per Mafia Capitale vennero inquisite 46 persone per il reato gravissimo di associazione a delinquere di stampo mafioso (416 bis) e molte di loro hanno trascorso due anni e mezzo in carcere senza neppure una sentenza di primo grado. Salvo poi essere tutti assolti dall’accusa relativa al 416 bis. Dopo due anni e mezzo di carcere duro (41 bis), quale è quello previsto per i mafiosi.

Un caso evidente, ma non è certo il solo, di abuso della custodia cautelare in carcere e delle perquisizioni notturne. Io, come senatore, avrei voluto proporre una legge che impedisse le perquisizioni notturne. Non servono assolutamente a nulla. Che necessità c’è di entrare in casa alle 4 o alle 5 del mattino, alla presenza molto spesso di minori. Non si potrebbe aspettare almeno le 8 prima di perquisire, sottrarre, mettere a soqquadro una casa, per di più trattandosi di una fase istruttoria preliminare, quando neppure il Gip si è ancora pronunciato. Mi sembra una forzatura. Mi sembrano procedure fuori luogo, fuori misura, fuori norma e anticostituzionali. Le vicende, come quella da cui lei è partito, le posso confermare che non sono nuove e si ripetono in continuazione. Le faccio un altro esempio. Un esempio concreto di una persona che conosco personalmente e che non appartiene al mio schieramento politico: il Capo Gabinetto di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio Maurizio Venafro. Assolto per non aver commesso il fatto in tutte le inchieste che lo hanno coinvolto, dopo essere stato massacrato per anni dalla giustizia. Con tanto di perquisizioni in piena notte, davanti a un figlio, all’epoca minorenne, che è rimasto scioccato. Come tutta la famiglia. Sono cose che non si possono assolutamente tollerare, che riguardano non solo persone di un certo livello, ma anche cittadini comuni e normali, che vedono sconvolta la loro vita. Poi, l’esito è molto spesso positivo, ma non è una festa perché arriva dopo un calvario lungo cinque, sei o sette anni.


Soprusi e abusi sono, io credo, cominciati ventinove anni con Tangentopoli. Allora almeno non c‘erano Internet, Facebook e le altre piazze virtuali, dove tutto viene moltiplicato per sempre e all’infinito…

Quello che lei dice è totalmente condivisibile. Quello fu il periodo della deriva definitiva, ma una legislazione di emergenza era stata consacrata durante gli anni di piombo e poi allungata e allargata a quelli della guerra contro la mafia. C’era stata una minaccia diffusa e capillare, che aveva minato la vita stessa dello Stato, delle istituzioni e degli uomini che le rappresentavano. Lei ricorderà che ci fu anche una battaglia del #PartitoRadicale contro la legislatura emergenziale, che negava, o perlomeno ridimensionava pesantemente, le garanzie individuali e collettive. Era una legislazione necessaria, ma a tempo, che riuscì ad arginare una situazione apparentemente ingestibile e incontrollabile. Seguì poi la stagione della corruzione e del malaffare, esplosa soprattutto nel Nord Italia. Di fatto si è inserita stabilmente nel diritto positivo del nostro Paese una legislazione che certo non può essere considerata molto garantista. Pensi all’ergastolo ostativo per i mafiosi e alla Corte Costituzionale che proprio in questi giorni ha dovuto ribadire alcuni diritti inviolabili delle persone, al di là che siano effettivamente mafiose. Sono leggi emergenziali che esistono perché esiste la #mafia, esiste la corruzione, è esistito il terrorismo violento e sanguinario. Noi non possiamo, però, esporre le persone, penso soprattutto agli amministratori locali, a un controllo di polizia. Che poi, come vede, disincentiva l’attività pubblica e politica. Facciamo fatica a reclutare i Sindaci. A Roma non abbiamo ancora i candidati. La verità è che nessuno vuole fare il Sindaco di Roma, perché sa che si ritroverebbe la Procura nel suo ufficio il giorno dopo. Tutto questo è oltretutto enfatizzato dai mezzi di comunicazione, compresi i social e le altre piazze virtuali del web che sono diventati una grande vetrina della denigrazione, del vilipendio e della diffamazione. Non circolano le notizie positive. Circolano solo quelle che tendono a screditare le azioni e le opere delle persone. C’è indubbiamente una legislazione da riformare, ma anche da rivedere una comunicazione che opprime anziché liberare. Internet era nato per liberare le persone. Sta diventando, invece, un’arma a doppio taglio.


di Antonello Sette

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