Ci risiamo, ancora una volta.
Dopo Gerhard Richter, Modigliani, i nudi di Pompei, Gustave Courbet, la Sirenetta di Copenaghen, Egon Schiele e tanti altri, questa volta tocca a Rubens
Scappate, copritevi gli occhi dalle nudità. Non le guardate, potreste sentirvi turbati, chissà, scandalizzati, sfiorati nell’intimo. Immaginiamo il vostro sdegno, gli occhi coperti ai bambini, tragedia della perversione.
Il t(ri)onfo della bigotteria. Ancora una volta. In quello che dovrebbe essere il migliore dei mondi possibili. Social, aperto, emancipato moralmente, maturo. Ma ricco di contraddizioni. Come quelle che popolano Facebook, che torna, ancora una volta, a censurare un nudo artistico, non distinguendo l’arte dalla pornografia, ma tra le sue pagine, nei gruppi, tra fiumi di fake, si può trovare di tutto. Foto e foto, commenti su commenti, di sederi, seni, bestemmie e nudità varie che nulla hanno a che fare con l’esaltazione di un qualsiasi ramo dell’apparato umano. Se non del trash.
Facebook, regno del trash, viene a farci la morale dello scandalo, nel suo candore antirazzista, nella sua dorotea missione di rendere il social meno gretto e fascista, più civile e moderno, però, si rivela essere prodotto del suo tempo, come il suo tempo, una bella mela dalla buccia lucida e succosa, quasi caravaggesca, marcia dentro, con un verme di fragilità indecente e contraddittoria.
E così, dopo già innumerevoli volte, rendendosi ridicolo agli occhi del mondo, il social dei social censura ancora l’arte perché incapace di distinguere il gretto, dal genio. Questa volta tocca a Rubens. E' questo il concetto espresso in una lettera aperta indirizzata a Mark Zuckerberg, ceo di Facebook, da parte di una serie di musei ed istituzioni culturali del Belgio, che hanno protestato per la censura ai nudi di Rubens. Le nudità vengono automaticamente escluse dalla piattaforma e filtrate dal social in base ad alcune regole che regolano la pubblicazione sul web dei contenuti per adulti. «Indecente, è questo il modo in cui il seno, i glutei e i cherubini di Peter Paul Rubens vengono considerati, ma non da noi, bensì da voi. Potremmo riderci sopra, ma questa censura complica la vita degli attori culturali che vogliono far scoprire le opere dei maestri fiamminghi», così commentano questa indecenza virtuale i firmatari della lettera al re dei social. Ma anche Peter De Wilde, ceo di Visit Flander, constata con amarezza l’impossibilità di un dialogo tra arte, genio, realtà, social e virtualità: «Sfortunatamente la promozione del nostro patrimonio culturale unico non è più possibile sul social network più popolare».
L'ufficio del turismo belga ha deciso di dar vita ad una protesta ironica diffondendo un video via web che invita i visitatori della House of Rubens ad Anversa, ad allontanarsi dai dipinti del pittore barocco per "proteggersi dalla nudità", in una sorta di replica a Facebook.
Ancora una volta è l’algoritmo dei talebani a imporre i ritmi e gli stili di vita? Allontanatevi, scappate. Dall’arte? No, dalla modernità, dalla sua essenza eterea, virtuale, una mancanza sentimentale, una delusione concettuale. Se questo è il progresso…
E.R.
コメント