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Fenomeni


di Michele Lo Foco

Quando avvengono fenomeni come quello di Mare Fuori, la serie televisiva di straordinario successo, il mondo convenzionale dell’audiovisivo creato in questi ultimi anni dalla sinistra ha un sussulto ed un tracollo.

Improvvisamente il pubblico viene trainato da una storia di giovani disagiati, di giovani detenuti e dei loro pensieri, in un movimentato intrecciarsi di avvenimenti lungo il percorso per vivere onestamente.

Una serie realistica, cruda, ma di buoni sentimenti ed insegnamenti.

Ma al di là della trama, quello che crea scompiglio nel cerchio magico di cinema e televisione è il successo di sceneggiatori ed attori sconosciuti in gran parte, che probabilmente non avrebbero raggiunto la notorietà se non avessero preso il treno di Mare Fuori, così come avevano fatto gli attori che ai tempi avevano preso quello di Gomorra.

La convenzionalità che ha caratterizzato questi anni di spettacolo, e che ha ridotto il nostro cinema e la nostra televisione ad una stantia ripetizione di banalità, viene frantumata da un principio base, la libertà, che Bakunin, filosofo e rivoluzionario russo (che non ha certamente ispirato Putin) ha esaltato: “la libertà è l’unica condizione nella quale l’intelligenza, la dignità e la felicità umana possono svilupparsi e crescere.

La burocrazia, la piaggeria, la presunzione, i soprusi sono tutti elementi che limitano la libertà di espressione, che non è di per se una certezza o un’arte, ma una componente essenziale del progetto audiovisivo.

Se il burocrate assume le vesti dei tycoon, come quando il bancario indossa le vesti dell’imprenditore, si crea un movimento depressivo nel quale assumono importanza persone che nulla valgono professionalmente, e che inevitabilmente appiattiscono le scelte rendendole solo coerenti con la banalità dei vertici.

Ora tutti sanno che la corruzione è la migliore forma di creazione d’interessi, e che ormai quasi ogni azione burocratica è frutto di corruzione, ma se quest’ultima fosse garante della libertà d’espressione potrebbe addirittura essere tollerata o peggio ancora auspicata!

Quando invece ad essere corrotta è la consapevolezza del proprio ruolo, ed un super-io titillante e fragile non detta sufficienti divieti, ecco che l’ambizione di essere creativi o creatori di successi e di notorietà interviene nel meccanismo produttivo mortificando le possibilità di riuscita del prodotto.

Cosi come Weinstein ha confuso nella sua mente e nella sua gestualità il potere produttivo con il potere sessuale, al punto da non riuscire più ad identificarli separatamente, il burocrate nazionale spesso non si riconosce nel ruolo amministrativo, che pure ha molta importanza, ma assume su di sé scelte e strade editoriali che non solo non conducono da nessuna parte, ma spesso lo proiettano nel vuoto rarefatto del fallimento.

Talvolta, come nel caso di Mare Fuori, la libertà di espressione, tutelata dalla necessità di assumere giovani attori, o dal numero dei ruoli, crea il miracolo del successo, dal quale escono come fiori di campo autori, scrittori, sceneggiatori, scenografi o del tutto sconosciuti o del tutto trascurati, ed il successo, liquido come l’olio, si sparge lentamente all’estero e crea attenzione ed imitatori, con buoni risultati economici che oggi sono altrettanto rari quanto la libertà creativa scevra di sovrastrutture, vincoli, rispetti e cancelli.

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