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Ferrero: «La democrazia partecipativa di Cuba può essere un modello per l’Italia»



Paolo Ferrero, vice presidente del Partito della Sinistra Europea, presenta le ragioni della visita a Cuba da parte di una delegazione del partito.


Che tipo di visita si prevede?


«Sarà un incontro ufficiale sia con gli organi di governo che con il partito comunista cubano».


Quali saranno le priorità?


«I punti principali sono due. Il primo è la denuncia del blocco economico che gli Stati Uniti, con la presidenza di Trump, hanno aggravato. Non solo non è stato rimosso, come in qualche modo aveva fatto intravedere Obama, ma sta provocando sofferenze a un intero popolo. E’ qualcosa di disumano, criminale e ingiustificabile. Gli Usa così non solo non commerciano con Cuba, ma impediscono che qualsiasi impresa, in qualche modo, connessa con il circuito americano possa farlo. Il secondo aspetto è legato alla conoscenza delle riforme, nonché sperimentazioni che il paese sta facendo, a partire dallo sviluppo dell’industria farmaceutica che ha prodotto il vaccino. Per vedere, insomma, tutti quegli elementi che possono essere considerati utili per ogni popolo del pianeta».


Si aspetta una Cuba diversa da quella di qualche anno fa?


«L’aggravamento del blocco determina una Cuba più povera. Nonostante ciò, stiamo parlando di un popolo incredibile. Sebbene sia a livello geografico in America Latina, ha livelli di istruzione e tutela sanitaria simili o migliori di quelli europei».


Rispetto alla politica, invece, quali saranno i principali cambiamenti?


«Mi sembra che c’è un funzionamento della comunità cubana, pur essendo diversa dalla nostra. Il parlamento li sì forma partendo dalle assemblee di quartiere, dalle comunità locali e i deputati rendono conto, in maniera maggiore rispetto a quanto accade in Italia, alla gente. In questo modo la rappresentanza politica conosce bene i bisogni sociali e riesce a portare avanti battaglie importanti, come ad esempio quella della figlia di Raul Castro sulla questione dei diritti delle persone omosessuali. E’ un sistema permeabile e flessibile alle trasformazioni. Non ha niente a che vedere con la rigidità cristallizzata della vecchia Urss o all’incapacità delle democrazie occidentali di rapportarsi con le esigenze degli strati più deboli».


Tale modello può essere esportato in Europa?


«Oltre alla democrazia parlamentare che conosciamo, in Europa c’è bisogno di forme di partecipazione dal basso che coinvolgono i lavoratori, proprio come accade nei quartieri di Cuba. Sarebbe stato bello discutere territorio per territorio come utilizzare le risorse del Recovery Fund. Non si capisce, invece, nemmeno dove vanno questi fondi. Ecco perché in Italia assistiamo a una crisi della democrazia. Le persone vogliono partecipare alle decisioni. Non deve comandare più uno solo».


In un certo senso fa riferimento alla democrazia diretta dei 5 Stelle…


«Qualche intuizione nei 5 Stelle originari di questo tipo c’era. Almeno hanno sollevato il tema. Il problema vero dei 5 Stelle non sono le proposte, più o meno discutibili con cui hanno preso il 30 per cento dei voti, ma che non hanno fatto nulla di quanto promesso. Volevano aprire la scatola di tonno e invece vi ci sono infilati dentro».


Adesso, però, c’è una crisi nel Movimento…


«Non è un caso che abbiamo ottimi rapporti con quei deputati dei 5 Stelle che hanno rotto con il loro partito e che dall’opposizione si pongono il problema di sviluppare le cose positive per cui avevano chiesto i voti».


Di Edoardo Sirignano

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