Intervista esclusiva (di Antonello Sette) SprayNews a Lorenzo Fioramonti, deputato di FacciamoECO nel Gruppo Misto, già del M5S ed ex Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca
Fioramonti, lei, un evento più unico che raro in Italia, il 30 dicembre 2019 si dimise, a tre mesi dall’investitura, da Ministro dell’istruzione. Disse che la scuola aveva bisogno di più coraggio, perché è il motore del Paese. E’ stato trovato il coraggio che mancava?
«Più che il coraggio, sono arrivati i finanziamenti europei, che hanno fatto saltate le regole di bilancio del passato e si è cominciato a investire sulla scuola, ma in modi e misure sbagliati e tuttora assolutamente insufficienti. Abbiamo pochi presidi, pochi insegnanti e, in compenso, tantissimi precari. Abbiamo fatto investimenti, anche importanti, sui tablet e sulle infrastrutture, ma non abbiamo ancora fatto quelli indispensabili sulle persone, che a scuola operano e vivono. Mi ha molto colpito una cosa segnalatami da una mia cugina che insegna in Puglia. Il Governatore Michele Emiliano ha lasciato gli studenti liberi di decidere se tornare a scuola o continuare con l’apprendimento a distanza. Siamo stati tutti studenti. La stragrande maggioranza degli interessati, come era scontato considerando anche le ultime valutazioni in corso, ha preferito continuare con il computer e i block notes casalinghi».
Il Covid starà pure scomparendo ma, hanno fatto sapere, è sempre meglio non rischiare, almeno durante le ore da dedicare alla scuola. Le sembra una cosa seria?
«Questo caos e questi paradossi nascono perché la scuola è un’istituzione troppo debole e troppo poco finanziata. Se le scuole avessero un numero sufficiente di docenti, spazi appropriati e tutti gli strumenti necessari, potrebbero garantire la sicurezza senza alcun problema e i governatori non avrebbero, a quel punto, nessun alibi per dire “fate come vi pare”. Purtroppo non è così. Le scuole seguitano a essere troppo piccole con ambienti troppo angusti e molto spesso sono dislocate in edifici non idonei. In Italia abbiamo tantissimi edifici, che non sono nati come scuole, ma successivamente riconvertiti. Non abbiamo un numero sufficiente di termoscanner e non possiamo garantire dappertutto il controllo della temperatura. E poi abbiamo troppi insegnanti precari con la conseguenza che, se uno voleva dividere le classi in piccoli gruppi, anche per evitare l’affollamento nelle aule, non lo ha potuto fare. So di molti presidi che erano per questo disperati. La situazione di base è ancora quella che io avevo constatato da ministro. Una situazione che ha lasciato carta bianca ai governatori di poter fare il bello e il cattivo tempo. Purtroppo. In questa situazione, che provoca caos e paradossi, si inserisce perfettamente quello che io chiamo il pasticciaccio del concorso scolastico per dirigenti scolastici del 2017. I fatti sono arcinoti. Una commissione nazionale che ha lasciato mano libera a trentotto sottocommissioni, dislocate anche in sedi quasi impossibili da raggiungere con i mezzi pubblici, che hanno agito come altrettante repubbliche indipendenti e sovrane con il risultato che alcune hanno promosso tutti gli ammessi agli orali, altre meno della metà».
La scuola, esaminatrice per obbligo e vocazione, non sa esaminare i suoi dirigenti. Non le sembra un paradosso, oltre che un’inaccettabile disparità di trattamento?
«E’ un episodio davvero esecrabile, che mette in discussione la credibilità dello Stato nella sua interezza. Purtroppo i concorsi pubblici nel nostro Paese continuano a essere, mi perdoni il termine poco tecnico, una grande buffonata, con la conseguenza che viene lesa completamente la fiducia che le persone hanno nelle istituzioni. Ho seguito la vicenda del concorso per dirigenti scolastici del 2017 con molta attenzione quando ero ministro. Da subito mi sono reso conto che serviva da parte dell’Amministrazione almeno una grande trasparenza e ho fatto in modo che i ricorrenti avessero accesso a tutte le informazioni ritenute necessarie. Purtroppo, dopo di me è accaduto l’esatto contrario. L’Amministrazione continua a nascondere e a nascondersi. Le amministrazioni che nascondono sono una vergogna per la Repubblica italiana. Sono l’esempio più anticostituzionale che si possa immaginare. I cittadini hanno diritto alla privacy. Le istituzioni no. Questa è la questione centrale. Le ribadisco che noi abbiamo oltretutto una penuria di dirigenti scolastici. Nel mio collegio elettorale di Torre Angela a Roma c’è una scuola ì, dove io stavo lavorando questa mattina, con un dirigente scolastico reggente, che è titolare in un’altra scuola. Quindi, è costretto a dividersi tra due istituti. Pensi che quello, di cui ha solo la reggenza, è dislocato in sette plessi. Lei si rende conto? Un istituto con sette plessi ha tre o quattromila studenti e qualche centinaia di insegnanti. Docenti e discenti vedono il preside una volta alla settimana, se sono fortunati. Ma come si fa? Si parla di sicurezza e di scuola innovativa. A me viene da ridere. Anche quando si dice che si è investito sulla scuola, mi viene da ridere. Si è investito sulle pareti, non sulla scuola. Si è investito sulle tinteggiature, sui tablet e purtroppo si sono buttati milioni di euro sui banchi con le rotelle. Quello su cui non si è investito sono gli insegnanti, i dirigenti, il personale amministrativo e ausiliario e gli studenti. La scuola non è solo pareti e tecnologia, ma molto più le persone che ogni giorno varcano il portone d’ingresso. A partire da chi avrebbe meritato di varcarlo con un altro ruolo, dopo aver vinto un concorso che non ha vinto. Solo perché non è stato un concorso, ma una buffonata».
Antonello Sette
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