Dopo un boicottaggio online, Scarlett Johansson ha dovuto rinunciare a una parte in un nuovo film. La morale di questa favola è semplice, e si intreccia a doppio filo con le consuete cronache etiche di un mondo globale, specie sessualmente. L’arte non è più roba da artisti, ma da tribunale democratico. Il grande tribunale delle masse indignate e capricciose in cui, che sia per diventare deputato, o per una parte in un film, si deve passare per ottenere una patente di abilitazione civile. Azzerando la perfezione di una visione, rinunciando alla prosecuzione di una battaglia ideale, o magari, semplicemente, cedendo a un ricatto.
Rub & Tug, una biopic diretta da Rupert Sanders, la storia vera di una donna che nella Pittsburgh degli anni Settanta si faceva passare per uomo e gestiva un centro massaggi, doveva vedere la Johansson come protagonista, e invece, non essendo transessuale, non può recitare nel ruolo di una transessuale. Punto. Certo, direte voi, è il mestiere dell’attore quello di interpretare una sensibilità a volte vicina alle sue corde, altre lontanissima. Ma in questo caso la questione è uscita, come ormai accade sempre, dai canoni estetici dell’arte, per entrare in quelli etici del sistema. Boicottaggio online, indignazione e proteste dalla comunità transessuale americana per la divergenza di genere, per lo stacco troppo netto tra film e realtà: Scarlett Johansson non è transessuale e, pertanto, non può considerare l’idea di interpretare un trans. L’attrice, però, sembra averla presa bene: «Alla luce delle questioni etiche sollevate relativamente al mio ruolo ho deciso di abbandonare il progetto», ha dichiarato Johansson a Out Magazine, «Stiamo facendo dei progressi, a livello culturale, nella comprensione delle persone transgender e io in prima persona ho imparato molto sulla comunità da quando ho scelto di accettare questo ruolo e ho capito che alcune mie dichiarazioni sono state poco sensibili».
Inizialmente la Johansson, aveva risposto alle critiche avvertendo che, per coerenza, avrebbero dovute essere rivolte anche a noti colleghi come Jeffrey Tambor, Jared Leto o Felicity Huffman che, nel tempo, hanno interpretato vite di transessuali, pur non essendolo, come, nella serie tv Transparent, in Dallas Buyers Club o nel film Transamerica.
Follie del mondo moderno. Come se per interpretare il ruolo di un pompiere, servisse un pompiere vero, e non un attore, capace di vivere piena empatia, di cogliere sentimentalmente gli stessi drammi, lo stesso spirito di corpo, le stesse emozioni nella realtà, quanto nella finzione. E allora, iniziate pure a pensare a come riportare in vita Carlo Magno quando qualche produzione di Hollywood vorrà dedicargli un film…
E.R.
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