Il primo semestre del 2021 ha fatto registrare per il mercato dell’M&A (fusioni e acquisizioni) e, in particolare, del private equity numeri in linea con quanto il mercato registrava prima dell’arrivo della pandemia, complici una serie di fattori che, storicamente, sembrano rappresentare elementi di una formula chimica capace di portare al successo: grande liquidità, fiducia nel mercato domestico, economia in forte espansione.
Il PIL italiano, dopo tanti anni di risultati da prefisso telefonico, si annuncia per il 2021 e i prossimi anni di come un valore sensibilmente positivo; le riforme messe in campo e annunciate dal Governo hanno riportato fiducia nel e verso il nostro Paese e di tutto questo beneficia anche il mercato delle acquisizioni.
Il made in Italy da un lato e la strategicità per il Paese rappresentano, contemporaneamente, fattori di forza ed in alcuni casi limiti alla circolazione di partecipazioni di società attive in settori strategici.
Di tutto questo ne abbiamo parlato con l’Avv. Gabriele Arcuri, socio dello studio DLA Piper che da anni opera nel settore dell’M&A e, in particolare in quello del Private Equity.
Buongiorno avvocato, le chiederei per cominciare di presentarsi ai nostri lettori.
Grazie, sono Gabriele Arcuri e sono socio del Dipartimento Corporate dello Studio DLA Piper di Roma anche se divido la mia attività tra la nostra sede di Roma e quella di Milano.
Ho il privilegio di esser socio di uno studio che presta la propria attività in tutte le aree del diritto societario e dell’assistenza alle società in generale e, come tanti nostri competitor, siamo attivi nell’ambito delle operazioni straordinarie. Siamo sicuramente, quindi, un osservatore privilegiato di quelli che sono i movimenti culturali ed economici del Paese, perché attraverso il mercato delle acquisizioni riusciamo a registrare l’interesse che il mercato domestico e internazionale ha rispetto alle realtà che operano nel nostro mercato.
Lei descrive, sostanzialmente, un ruolo di termometro della nostra società dal punto di vista economico ed industriale, e la nostra società ha vissuto di recente un periodo di stress straordinario imprevisto per via del Covid e dei provvedimenti di contenimento dei flussi che ne sono conseguiti: come è stato vissuto quindi questo nel vostro mondo?
Il nostro lavoro è sempre stato focalizzato su base internazionale, quindi non è infrequente che le interlocuzioni che noi abbiamo le abbiamo con delle società estere, il che vuol dire, se devo esser sincero, che nonostante la tragicità del momento che tutti abbiamo vissuto, e mi riferisco al lockdown più duro del marzo 2020, dopo un iniziale momento di break vero e proprio in cui noi ed i nostri clienti abbiamo avuto bisogno di riorganizzazione (io allora ero socio di uno studio italiano che si chiama Gianni & Origoni), appena il mondo ha rimesso la testa fuori dalla sabbia per riprendere la sua volatilità, noi eravamo operativi, perché comunque abbiamo continuato a prestare la nostra attività, con il supporto offerto dalla tecnologia, da remoto. Che il cliente fosse in studio o a casa poco cambiava, se vogliamo dirla tutta tanti nostri clienti americani e inglesi probabilmente sono stati ancor più bravi di noi a chiudersi in casa (forti di una maggiore esperienza con il cd. smart working) e continuare a lavorare, rappresentando uno stimolo anche del nostro lavoro.
“Grazie” al Covid l’Italia ha effettivamente conosciuto lo smart working, ma all’estero già era molto praticata questa forma di lavoro cd. intelligente e, quindi, l’adattamento è stato più veloce: noi, a nostra volta, ci siamo adattati ai nostri clienti, riprendendo, verso il mesi di maggio-giugno, la nostra attività quasi a pieno regime.
In effetti il mercato delle operazioni straordinarie ha vissuto nel 2021 e sta vivendo tutt’ora uno straordinario momento che probabilmente lo ha riportato ai livelli pre-Covid se non migliori: quali sono secondo lei gli elementi che concorrono a questi risultati e che prospettive ci sono perché perdurino?
Iniziamo dando qualche numero che mi pare che sia la cosa più importante. AIFI, che è l’associazione di categoria italiana dei fondi di investimento, ha pubblicato nel mese di settembre l’analisi di come è andato il mercato nel primo semestre 2021 e ci si è resi conto che nel 2021 la raccolta è cresciuta quasi del 200%, laddove il 2020 era stato un anno drammatico. Le cifre che le sto dicendo sono considerevoli, quando parliamo di investimenti per +142% significa che se nell’anno prima si sono fatte 100 operazioni nell’anno dopo se ne sono fatte 242, quindi molto di più e, cosa ancora più rilevante, ci sono stati un +76% di disinvestimenti.
Secondo lei quali sono i motivi?
Il primo motivo è la grandissima liquidità: la grande raccolta, come dicevamo prima, costituisce il presupposto con cui affrontare il mercato acquisitivo; secondo elemento, la grande fiducia nel mercato nazionale quindi, laddove fino a qualche anno fa gli stranieri non si avvicinavano al mercato italiano perché c’era incertezza nel diritto, incertezza nella fiscalità, incertezza nella tassazione, incertezza in generale su come potesse andare l’investimento qualora poi i rapporti con altri soci degenerassero, oggi, anche se queste cose sono ancora cambiate, esiste un nuovo assetto politico che assicura quell’entusiasmo minimo da far pensare che quelle riforme che da lustri il mercato annuncia forse stavolta riusciremo finalmente a farle: e, quindi, ci si avvicina a noi con più favore.
Mi pare di capire che le prospettive - perché le condizioni perdurino - sono legate al futuro della politica italiana, o sbaglio?
Io non credo che siano legate al futuro politico del paese in quanto tale ; credo, al contrario, che sia stata già posta in essere un’attività utile a togliere metaforicamente la polvere da sopra una bellissima statua, che è l’Italia; :quindi, ora prima che questo interesse scemi dovrebbe riformarsi quella polvere. Il mercato conosce il valore che ha la nostra industria, la nostra manifattura, la nostra moda, la nostra capacità nella tecnologia, la nostra capacità nell’armamento: noi siamo un Paese di 50 milioni di abitanti che eccelle in non si sa quante aree e il paragone diventa impietoso al cospetto di colossi mondiali, che di persone ne hanno miliardi. Senza comunque dimenticare che l’Italia è spaccata in due e che il mezzogiorno merita ancora molte attenzioni per dare il suo contributo (che sarà poderoso) alla ripresa del Paese.
In effetti, il 2021, è stato un anno di grande ripartenza.
Così come il 2020 è stato un anno che ha visto l’Italia coi suoi pochi milioni di abitanti pagare l’avvento della pandemia con un prezzo altissimo in proporzione ad altri paesi, il 2021 sta rappresentando un anno di ripartenza economica come non se ne vedevano da molti anni, nella speranza che l’onda non scemi.
Quindi da questo punto di vista per favorire l’economia quelle come il Green Pass o il Super Green Pass sono state misure vincenti che lei si sente di sostenere?
Non amo parlare di temi in cui non sono perfettamente competente, ma io penso che una campagna vaccinale come quella che ha fatto l’Italia, dove è comunque vaccinato quasi il 90% della popolazione, è comunque una campagna vincente e fa sì che noi, sostanzialmente, non stiamo di nuovo chiusi dentro casa come purtroppo sta capitando in altri Paesi a noi vicini.
Torniamo agli argomenti che sono proprio i suoi: quali sono le industries che più di altre in questo momento stanno intercettando l’interesse degli operatori di Private Equity e Venture Capital?
Secondo me, sicuramente ci sono due aree, che dobbiamo ben individuare: la prima è l’area finanziaria, nella quale inserisco tutto ciò che attiene a realtà attive nel mondo della finanza e delle assicurazioni, ed esistono player di Private Equity a livello europeo che hanno fatto importantissimi investimenti in questi anni in società attive in questo tipo di mercato; al contempo, va detto che esistono società che stanno investendo in maniera molto importante nel valore umano e nell’esperienza della cultura italiana.
E’ notizia di poche settimane fa che un fondo come Investindustrial ha da poco raggiunto un accordo con la famiglia Ferraioli per l’acquisto del controllo di una società che fa conserve di pomodoro, quotata alla borsa di Milano, con sede ad Angri, Salerno e diverse sedi in Italia, sia in Campania che altrove. Questo se vuole è un po’ la cartina di tornasole di un investimento fatto sull’Italia, per l’italianità, per il prodotto. Siamo il paese che ha nelle aziende familiari una forza assoluta e questa è davvero una delle storie più vincenti di questo settore.
Altri settori che in qualche modo stanno attirando gli interessi di tutti sono quello della tecnologia, quello della cyber security, quello del gaming, cioè dei videogiochi, che sono un mercato che sta riscuotendo molto successo: ancora non ci sono state operazioni degne di nota ma quest’ultimo è un mercato in cui per esempio la moda sta investendo tantissimo;, i grandi marchi di moda si stanno in qualche modo ritagliando il proprio spazio nel mondo del gaming attraverso dei prodotti fatti fare “su misura” per le loro esigenze dagli sviluppatori. ; E poi la comunicazione, o il digitale sono tutti settori che stanno riscuotendo moltissimo successo da parte degli operatori.
Illimity Bank è stata definita pochi giorni fa il secondo unicorno italiano, cosa manca al Venture Capital italiano per avvicinarsi ai risultati di paese come gli Stati Uniti, che riescono a valorizzare meglio idee nate dalle società Start up?
Guardi, io credo che sia stato fatto un pezzettino di strada su questo, perché per esempio è stata incentivata la crescita di start up innovative e società ad alto contenuto tecnologico, favorendo gli investimenti in questo tipo di società. Probabilmente, allargare la tipologia di realtà che possono beneficiare di questo sistema di investimenti incentivati favorirebbe un maggior numero di operazioni e una più veloce crescita di altre società (alcune delle quali potenziali unicorni), su tutto il territorio nazionale in quanto, in questo momento, la maggior parte delle start up italiane è basata in Lombardia (dato frutto di molteplici aspetti). E’ un peccato che un paese con l’Italia abbia conosciuto, ad oggi.
Quindi oltre a Illimity Bank qual è il primo unicorno italiano?
Yoox , un portale che vende moda on line, che tra l’altro in questo momento è oggetto di febbrili interessi da parte di altri primari operatori della vendita on line
A proposito di questo, l’Italia è famosa per la moda, e quindi arriviamo al made in Italy: è ancora un valore sul mercato?
Il made in Italy, intendendo non la targhetta “made in Italy” ma il contenuto di italianità in ciò che le aziende italiane sono in grado di offrire, rappresenta un asset unico, inestimabile, che raccoglie l’interesse degli investitori più di qualunque altro valore di bilancio.
Se l’italianità, voglio dire la parte buona dell’italianità, viene espressa all’interno di un’azienda, difficilmente questa non viene valorizzata: per non parlare di campi come la moda, dove l’italianità è un elemento imprescindibile.
Ed ecco allora che due anni fa hanno venduto Versace applicando un multiplo che è molto più alto di quello che si applica per un altro tipo di società, perché la vendita di una società come Versace è di per sé una “mosca bianca”, cioè un deal di cui non se ne vedono molti e spesso. Adesso le voci vogliono che potrebbe essere oggetto di qualche operazione di acquisizione sia Valentino che la stessa maison di Armani (nonostante Exor abbia smentito il suo interesse qualche giorno fa): in ogni caso, qualcosa in termini di aggregazione o cessione credo che debba succedere nel mondo della moda, ora vedremo cosa.
E del made in Italy, oltre alla moda, secondo lei dal punto di vista della sua professione, quali sono gli altri settori più forti attualmente?
Il food lo è tantissimo, e per food intendo l’alimentare e l’enogastronomia, e le direi anche lo sport, nel senso che non è un caso che il collocamento sul mercato di società di calcio intercetti sempre di più gli interessi di realtà estere: lei pensi al Milan, all’Inter o alla Roma che ha cambiato due volte proprietà negli ultimi anni, tutte e due le volte ceduta ad operatori americani. Anche la Serie A sta incontrando in questi mesi forti interessi per un’acquisizione da parte di primari operatori di private equity nazionali e internazionali.
Quindi riassumendo questo si può considerare un periodo di grande fermento positivo in cui l’Italia in diversi settori si sta imponendo nel mondo come uno dei grandi protagonisti.
Devo dire la verità: sì. Il nostro mercato, torna finalmente, ad essere oggetto di grandi interessi da parte di primarie realtà nazionali e internazionali.
E invece da un punto di vista societario, cosa mi dice del turismo, altro pilastro della nostra economia?
Il turismo è un settore che è molto in fermento in questo momento, e vive una grande ripartenza. Sono state fatte delle grosse compravendite immobiliari nel recente passato e in questo le politiche di Governo hanno rappresentato un volano diretto, perché tutte le politiche legate alla possibilità di ristrutturare gli immobili con degli incentivi hanno comunque rappresentato un elemento di grande crescita del settore.
E le dirò un’altra cosa: anche la possibilità di ristrutturare in un momento in cui il turismo è fermo rappresenta un vantaggio. A causa delle chiusure causate dal Covid, chi ha potuto, ha investito, cercando di maturare un vantaggio competitivo su altri concorrenti. Infatti sono stati compravenduti hotel pazzeschi, come il La Palma di Capri, e stanno nascendo alcuni importanti hotel a Roma -– W e Bulgari su tutti.
Leggiamo in questi giorni di un forte interesse da parte di un fondo di Private Equity statunitense su Tim, seguito da alcuni interessi di altri fondi: mi può provare a chiarire in parole semplici cosa significa “golden power” e quindi che potere ha lo Stato di tutelare gli asset ritenuti strategici?
Il golden power, superamento della golden shere, in parole povere, è il diritto del Governo italiano ad avere l’ultima parola sull’acquisto da parte di una società estera di una società o di un asset avente valore strategico in e per Italia. Non è un caso che l’interesse di KKR, che è uno dei più grandi fondi americani e del mondo, su Tim abbia portato un po’ tutti gli operatori a guardare che reazione avesse il Governo italiano, per capire se tale interesse sia in qualche modo apprezzato.
Sulla scorta di KKR, anche altri fondi, stanno osservando il file TIM in attesa di vedere cosa succede.
Di Umberto Baccolo.
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