«Desirée Mariottini è deceduta a seguito di una crisi cardiocircolatoria. Inoltre, nel corso dell’esame autoptico, si è riscontrata una recentissima rottura imeneale».
Desirée era vergine prima di essere violentata! È lo scioccante dettaglio emerso dall’autopsia eseguita dal medico legale sul cadavere della 16enne di Cisterna di Latina morta due mesi fa a Roma. Lo rivela in esclusiva il settimanale Giallo. La tragedia è avvenuta nel quartiere San Lorenzo, in uno stabile abbandonato: la ragazzina vi è arrivata la sera del 17 ottobre, ma è morta dopo due giorni di atroci sevizie. Desirée è stata prima drogata e sedata con potenti psicofarmaci, poi violentata ripetutamente. Infine, è stata lasciata morire nell’indifferenza generale. Nessuno in quel maledetto edificio fatiscente, che si trova in via dei Lucani, cioè in pieno centro a Roma, ha mosso un dito per aiutarla. Anzi, la minore sarebbe stata violata perfino da morta. Violenza su violenza, orrore su orrore. Chi era presente la tragica notte del 17 ottobre non ha avuto un briciolo di umana pietà nei confronti di questa sfortunata ragazzina, per il cui decesso sono accusati quattro immigrati clandestini, abituali frequentatori di quel palazzo abbandonato nonché noti spacciatori di sostanze stupefacenti.
Sono Mamadou Gara detto “Paco”, 27 anni, del Senegal, Brian Minteh detto “Ibrahim”, 43 anni, anche lui del Senegal, Chima Alinno detto “Sisco”, 46 anni, della Nigeria, e Yusif Salia detto “Youssef”, 32 anni, del Gambia. Due di loro, Paco e Youssef, sono in carcere con l’accusa di omicidio volontario. Per gli altri due, Ibrahim e Sisco, è decaduta l’accusa di violenza di gruppo. Tuttavia, entrambi restano indagati per la morte della 16enne di Cisterna di Latina e sono ancora in carcere con l’accusa di spaccio di droga.
Ma torniamo all’autopsia, i cui risultati, clamorosi, sono finiti in una dettagliata relazione consegnata in questi giorni alla Procura di Roma, titolare delle indagini. Da quanto ha potuto constatare il medico legale incaricato dal pubblico ministero di eseguire l’esame sul cadavere di Desirée, quest’ultima, fino a poco prima di morire, non aveva mai avuto rapporti sessuali. Insomma, Desirée era ancora vergine. Molti si chiederanno perché vi riferiamo un particolare così intimo della vittima. Ve lo riferiamo perché ha una grandissima rilevanza nell’inchiesta sulla morte della ragazzina. Dopo il decesso, infatti, era stato detto che la vittima si concedeva sessualmente in cambio di droga. Un oltraggio alla memoria di questa ragazzina morta nel fiore degli anni. Accuse che si sono rivelate completamente false. Non è vero che Desirée concedeva il suo corpo per la droga. Lo ha stabilito, come avete letto, un esame scientifico “infallibile”.
Nel clamore iniziale che aveva suscitato questo crimine così efferato, qualcuno aveva creduto alle voci circolate sul conto della ragazza e della sua famiglia: «Desirée Mariottini non era seguita dai genitori. Era una drogata. Faceva sesso in cambio di stupefacenti», dicevano. Tutto falso! Da quanto è stato possibile ricostruire durante le indagini, la ragazza apparteneva a una buona famiglia. I genitori sono persone perbene, stimate da tutti. Non è vera nemmeno la circostanza secondo cui la 16enne viveva con la nonna. Le era molto affezionata, questo sì, e qualche volta andava a dormire a casa sua, ma la maggior parte delle notti le trascorreva a casa della mamma, a cui era stata affidata dal giudice dopo la separazione dei genitori.
Ora che sono trascorsi più di due mesi dalla tragedia, è doveroso stabilire un minimo di verità sul conto di questa ragazzina, che, complice la tenera età, ha commesso l’errore di entrare in un luogo degradato, senza alcun controllo da parte delle autorità. Ma niente giustifica ciò che le è stato fatto. All’interno del “palazzo della droga”, come viene ribattezzato lo stabile di via dei Lucani, è stata accerchiata da un manipolo di orchi, che l’hanno violentata ripetutamente. E sono andati avanti ad abusare di lei anche quando la ragazza non aveva più le forze per opporsi alle barbarie. Desirée era incosciente, ma loro andavano avanti. I risultati dell’autopsia hanno fatto emergere tutta la verità sulla tragica fine della povera ragazzina.
E allora lo ripetiamo ancora una volta: Desirée non si è affatto concessa ai suoi aguzzini in cambio di dosi di droga. Non lo ha fatto in quei tragici giorni di ottobre e non lo aveva mai fatto prima di allora. È stata vittima della crudeltà di un branco di quattro uomini senza scrupoli. Dei veri e propri mostri, la cui spietatezza emerge dalle testimonianze raccolte durante la prima fase dell’inchiesta. Si legge nelle carte in mano al giudice per le indagini preliminari: «La condizione di incoscienza in cui si trovava la ragazza e che diventa con il trascorrere delle ore sempre più grave e intensa è riconosciuta da tutti coloro che sono presenti nel palazzo. Essa è chiara a coloro che l’hanno procurata, a coloro che ne approfittano, ai soggetti intervenuti per prestare ausilio, nonché a coloro che tale soccorso impediscono».
Fa venire i brividi quanto si legge a un certo punto nel provvedimento di fermo, emesso nei confronti degli indagati: «La persona offesa (Desirée Mariottini, ndr) manifesta, invero, sin dal pomeriggio del 18 ottobre, lo stato di stordimento strumentalizzando il quale gli indagati abusano di lei. Ma esso si aggrava, così da tramutarsi in una condizione di dormiveglia prima e incoscienza poi che viene immediatamente avvertita dai presenti allorché trasportano il corpo della ragazza dal container al capannone. Ed è proprio in questa fase che Youssef, Ibrahim e Sisco, che pure sono presenti, ridimensionano la gravità delle condizioni della ragazza e impediscono che vengano allertati i soccorsi, assumendo lucidamente la decisione di sacrificare la giovane vita per garantirsi l’impunità o qualsivoglia fastidioso controllo delle forze dell’ordine. Al riguardo appare di estrema efficacia la frase «meglio che muore lei che noi in galera», che secondo quanto riferito da diversi informatori gli indagati avrebbero pronunciato. Poi ci sono le parole pronunciate da Noemi C., una ragazza giapponese. Ecco cosa ha riferito la testimone agli inquirenti: «Hanno abusato di Desirée solo per divertimento».
Ma per comprendere meglio l’immane tragedia, leggiamo la ricostruzione meticolosa che in poche ore gli agenti della squadra mobile di Roma, coordinati dal dirigente Luigi Silipo, sono riusciti a fare: «Alle ore 4.20 del 19 ottobre, personale del commissariato interveniva all’interno dello stabile sito a Roma, in via Lucani 22, per una segnalazione relativa al presunto decesso di una donna. Lo stabile in questione, i cui cancelli apparivano chiusi con dei lucchetti, era ritrovo solitamente frequentato da senzatetto e tossicodipendenti. Questi ultimi hanno certezza di trovare all’interno del predetto sostanza stupefacente, in particolare cocaina ed eroina. Avuto accesso all’edificio, per il quale si rendeva necessario l’intervento dei vigili del fuoco, gli agenti rinvenivano, riverso su un materasso, il cadavere di una ragazza dall’età apparente di anni 20/25 (in realtà ne ha 16, ndr). I preliminari accertamenti sullo stato dei luoghi permettevano di rinvenire tracce del consumo di sostanze stupefacenti avvenuto in quel luogo e, inoltre, dal riscontro dattiloscopico (identificazione, ndr), si individuava il cadavere in questione come quello appartenente in vita a Desirée, nata a Latina il 13 settembre del 2002. Ciò che si è immediatamente evidenziato è che la persona offesa (Desirée, ndr) frequentava da qualche settimana il complesso in questione dove si recava per procurarsi sostanza stupefacente di ogni tipo che assumeva ivi (sul posto, ndr). In tali occasioni era entrata in contatto con le persone lì gravitanti, per lo più costituite da spacciatori, ricevendo da alcune donne il consiglio di stare molto attenta in quanto si trattava di un ambiente difficile e pericoloso».
Le indagini della squadra mobile e della Procura di Roma continuano e molto presto il cerchio intorno a tutti i responsabili della morte di Desirée sarà chiuso. Se lo augura la sua famiglia, assistita dall’avvocato Valerio Masci.
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