Mariastella Giorlandino, presidente di Artemisia Onlus, in un’intervista a Spraynews, sottolinea come la mancanza di comunicazione sui test anti Covid abbia contribuito a creare un grande disorientamento nella popolazione, favorendo così la diffusione del Covid.
Come la sua associazione è stata attiva durante la pandemia?
«Oltre a questo corso, dedicato al post Covid, abbiamo organizzato tanti altri corsi Fad Ecm, fin dal marzo del 2020, per garantire la giusta formazione e informazione, fondamentale per fare chiarezza rispetto a quanto accade».
A cosa si riferisce?
«Occorre evidenziare l’assoluta mancanza di corretta informazione circa l’esecuzione dei test anti Covid, oltre che sulla medicina territoriale. Tale mancanza di comunicazione ha contribuito a creare un grande disorientamento nella popolazione, che tuttora non conosce la corretta tempistica di esecuzione dei test e la differenza tra le diverse tipologie di tamponi antigenico qualitativo, quantitativo, test molecolare, test molecolare salivare e antigenico salivare, circostanza, anch’essa che ha contribuito fortemente alla propagazione del virus. Così come altrettanto necessaria è la corretta tempistica di esecuzione del test sierologico per
verificare l’eventuale presenza di anticorpi nel paziente».
Il Covid, però, ha creato qualche problema anche per quanto concerne la prevenzione e in modo particolare le liste d’attesa. Come risolvere il problema?
«Solo un’integrazione immediata tra sanità pubblica e privata può contribuire all’abbattimento delle liste di attesa, così da andare incontro a tutte quelle persone che da almeno due anni non fanno prevenzione. Non a caso c’è stato aumento del tasso di mortalità nazionale da 500 persone al giorno a oltre 2500».
A cosa fa riferimento quando parla di sistema integrato di medicina di prossimità?
«È inutile continuare a demonizzare il privato. Le strutture sanitarie private non solo hanno costi più vantaggiosi, ma sono più controllate, oltre a garantire una velocità di esecuzione di fondamentale importanza per la salvaguardia della salute e delle vite umane. Un esempio di drammatico intervento normativo può essere quello della Regione Lazio del 21 agosto, che ha modificato l’iter burocratico per le autorizzazioni».
Cosa è cambiato con quel provvedimento?
«Si è tornati indietro di anni, poiché ora per aprire una struttura, sebbene esclusivamente privata, occorre il parere di compatibilità, oltre all’iter per la presentazione delle pratiche edilizie, l’istanza di autorizzazione alla Regione e tutti i vari parere delle Asl, nonché con gli enti inviati per il controllo delle Asl, che non rispettano mai i tempi necessari per la velocizzazione delle relative pratiche burocratiche. Il paradosso è che all’interno della Regione Lazio, così come all’interno delle Asl stesse, ognuno usa regole e argomentazioni completamente diverse l’una dall’altra».
Cosa cambia, invece, nelle altre Regioni?
«La Lombardia e l’Umbria adottano il parere regionale di compatibilità con il piano di fabbisogno territoriale e tale parere viene rilasciato entro e non oltre 60 giorni, quando invece nella Regione Lazio occorrono talvolta anche più di 2 anni. Nel convegno, quindi, parleremo concretamente di ripresa del Paese e non di parole non seguite dai fatti. La burocrazia talvolta impedisce o ostacola lo sviluppo e purtroppo spesso annida episodi di corruzione. Tagliarla comporta più linearità e onestà».
Intanto, però, quali sono stati i danni per il sistema sanitario nazionale durante la pandemia?
«La gestione dei contagiati da Covid ha comportato una pressione molto forte sull’intero
sistema, costringendo non solo a un repentino adattamento delle strutture ospedaliere all’emergenza, ma come dicevo prima costringendo a utilizzare molte delle risorse, delle attività e dei posti letto destinati alle varie specialistiche per accogliere e assistere i malati di Coronavirus. Nell’ultimo anno il 30 per cento degli italiani sono stati costretti a rinunciare alle visite di screening. La percentuale sale al 40 per cento nel caso di visite specialistiche. Ancora più evidente il ritardo nella prevenzione vaccinale, soprattutto per quanto riguarda gli adolescenti e gli adulti. In particolare, in base agli ultimi dati disponibili, durante la pandemia la vaccinazione degli adolescenti ha raggiunto il 68% di posticipazioni; questo ha comportato aggravamento delle patologie non diagnosticate o non trattate tempestivamente, determinando costi aggiuntivi sul sistema e possibilità di registrare ulteriori decessi. L’Associazione Italiana di Oncologia Medica ha recentemente dichiarato che dall’inizio dell’epidemia, in tutta Europa, le diagnosi mancate di tumore ammontano a un milione. Altri studi e ricerche hanno, inoltre, analizzato gli effetti del Covid19, e della caotica informazione mediatica a riguardo, sulla sfera psichica. Si stima, ad esempio, che, in Italia, emergeranno almeno 150mila nuovi casi di depressione connessi ai danni della pandemia».
Di Edoardo Sirignano
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