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Giornata no per Salvini: in Ue passa la ‘tedesca’, e il Parlamento chiede di riferire sul Russiagate



Contestato in Parlamento (italiano) e isolato in Parlamento (europeo). Dato che le disgrazie, come si sa, non arrivano mai da sole, una giornata iniziata sotto il segno ‘no’, per Matteo Salvini, finisce nel peggiore dei modi. Infatti, nell’aula del Parlamento europeo, quello di Strasburgo, non solo la candidata dell’asse franco-tedesco alla guida della Commissione europea, la ex ministra alla Difesa della Merkel, Ursula von der Leyen, ne è il nuovo presidente, ma succede anche che Pd e M5S fanno ‘asse’, e la votano entrambi – e, entrambi, convintissimi, anche se di più il Pd – e che la Lega, con il suo gruppo di sovranisti, resta isolata e in minoranza. Insomma, per Salvini, una sconfitta doppia.


La von der Leyen passa con i voti decisivi dei 5Stelle

La von der Leyen, peraltro, passa con una maggioranza risicatissima che tiene tutti con il fiato sospeso fino all’ultima scheda da scrutinare: 383 i voti a suo favore, su una maggioranza richiesta di 374, quorum della metà più uno. Contro di lei votano, appunto, i sovranisti di ???, Lega compresa, e i Verdi, oltre al partito di Farage e alla estrema sinistra (327 i voti contrari) mentre il PPE (popolari), l’Alde (liberali) e il grosso del Pse (socialisti) vota a favore, più 22 astenuti e una scheda nulla. Insomma, la ‘tedesca’ – già ribattezzata la ‘feldmarescialla’ – ce la fa per un soffio (nove i voti di margine) e dovrà dire ‘grazie’ ai 5Stelle.

Nel Carroccio, la cosa, la prendono malissimo: ”È gravissimo il voto europeo: Von der Leyen passa grazie all’asse Merkel, Macron, Renzi, 5stelle. Avrebbe potuto essere una svolta storica: la Lega è stata coerente con le posizioni espresse finora, ha tenuto fede al patto con gli elettori e difende l’interesse nazionale”, recita una nota.


Il Pd, tornato a nuova vita, parte all’attacco di Salvini

Ma non è che, in Italia, e nel Parlamento italiano, le cose vadano molto meglio. Mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia tacciono, imbarazzati, perché non vogliono di certo creare altri grattacapi a Salvini (o non più di quelli che non abbia), il Pd è come tornato a nuova vita e si produce in un assedio asfissiante al grido “Salvini venga a riferire in Parlamento”. Salvini, in serata, dopo aver tentennato per un intero giorno (anche perché identica richiesta gli fanno Conte e Di Maio), in serata fa sapere che non ci pensa neppure, di presentarsi, e allora la rabbia del Pd esplode, ma l’assedio è iniziato già dalle prime ore della mattina. Gli interventi si susseguono agli interventi, in Aula, e tutti i democrat non fanno altro – tra cartelli con tanto di foto che ritraggono insieme Salvini e Savoini e interventi in aula recitati in russo (Romano) – che cingere da presso la bestia ferita, nello stesso modo in cui il Pds, nel 1993, fiutato l’odore del sangue, puntava il ‘cinghialone’ Craxi quando esplose l’inchiesta Mani Pulite.


Zingaretti dalla Casellati, Romano parla russo in aula…

Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, dopo aver incontrato la presidente del Senato Elisabetta Casellati, chiede che Conte riferisca in aula, a Palazzo Madama, sul caso dei presunti fondi russi alla Lega su cui ha aperto un’indagine la magistratura di Milano (che però non chiamerà Salvini): “Il Pd chiederà domani, alla riunione dei capigruppo del Senato, che si calendarizzi nel più tempo breve possibile una sessione speciale in cui il premier Giuseppe Conte possa riferire in aula sulla vicenda dei presunti fondi russi alla Lega” spiegano Zingaretti e il capogruppo dem a Palazzo Madama, Andrea Marcucci. La Casellati deciderà.

Ma i dem protestano in aula anche alla Camera, in avvio di seduta, chiedendo che Salvini si presenti in Parlamento a spiegare i suoi rapporti con Mosca e, appunto, mostrando le foto che lo ritraggono con Gianluca Savoini, indagato per corruzione internazionale (accusa difficile da dimostrare).

Il clima si surriscalda subito, alla Camera. Ostruzionismo sui lavori parlamentari in Aula e occupazione dei banchi della prima commissione fino a quando Matteo Salvini non si presenterà in Aula è la decisione del Pd: “Non basta una risposta durante il question time, serve un vero dibattito”.

I deputati del Pd sono agguerriti. In Aula sollevano cartelli e foto che ritraggono insieme Salvini e Gianluca Savoini, il presidente dell’Associazione Lombardia-Russia, che avrebbe trattato il trasferimento di fondi alla Lega. A seguire un inedito intervento di Andrea Romano in lingua russa. Ed è, subito, ovviamente, bagarre. In questo contesto prende la parola il capogruppo FdI, Francesco Lollobrigida, che, nel ricordare i rapporti tra il vecchio Pci e l’Unione Sovietica, appella i deputati dem con la parola “servi”.


Bagarre in Aula. Le ‘otto domande’ di Fiano a Salvini

Emanuele Fiano, uno dei bulldog dem, altrettanto quanto Enrico Borghi, prende la parola e va alla sostanza dei fatti: “Il ministro dell’Interno ha mentito al Paese e scappa dal Parlamento come nel caso della nave Diciotti e non basteranno certo tre minuti al question time per spiegare anni di rapporti con la Russia”. Infatti, il question time prevede che il ministro chiamato in Aula risponda alla domanda, posta in un minuto, in un tempo massimo di tre minuti e, poi, chi pone il quesito ha diritto solo a una controreplica di due minuti. Tempi contingentati che per il Pd non sono sufficienti per affrontare un affare enorme e attorno al quale i dem hanno rivolto già otto domande.

Tra quelle che Fiano, modello domande di Repubblica a Berlusconi sulle cene eleganti, pone ci sono queste: “Perché Salvini ha mentito sull’invito di Savoini alla cena con il presidente Putin? Quali rapporti intercorrono tra il Ministro dell’Interno e il Partito Russia Unita, con il quale lo stesso, allora solo segretario della Lega, concluse un protocollo d’intesa nel quale è previsto un partenariato confidenziale tra i due partiti? Quando Savoini partecipa con o senza il Ministro a incontri ufficiali o meno in Russia con rappresentanti di quel paese e di quei partiti, lo fa a titolo personale o in sua rappresentanza?”. Per il Pd, la sicurezza dell’Italia ruota intorno alla risposta a tali, decisivi, quesiti.

Infine, oggi Zingaretti incontrerà il presidente della Camera Roberto Fico, a cui invece chiederà che il vicepremier leghista si presenti alla Camera per un’informativa. Fico, tanto per togliersi diversi sassi dalla scarpa, con Salvini, sembra disposto a concederla, quindi Salvini dovrà venire.

Ma proprio mentre il deputato dem Andrea Romano pronuncia in russo, provocatoriamente, il suo intervento in Aula, come se stesse parlando alla Duma, il parlamento russo, dal Cremlino arriva una nota: “Mai soldi a partiti italiani, disposti a collaborare con le indagini”.


In serata arriva, però, la notizia che Salvini non si presenterà a riferire in Aula. Il Pd decide di sospendere l’attività alla Camera e occupare la commissione Affari costituzionali, impegnata nell’esame del decreto sicurezza bis, come fa sapere il capogruppo dem Graziano Delrio. Insomma, siamo al puro ostruzionismo. Quanto porterà, in dote al Pd, in termini di sondaggi oggi e di voti domani, è ancora tutto da vedere, considerando che gli stessi sondaggi registrano, per Salvini e la Lega, consensi stabili e duraturi.


Intanto, dentro il governo, la tensione sale…

Certo è che la sintesi di una giornata frenetica, dominata dal caso “Moscopoli” dà il climax di un’atmosfera che, intorno a Salvini, si va facendo sempre più chiusa e rarefatta. Intanto, nel governo la tensione sale. Dopo le critiche del premier Giuseppe Conte al leader leghista per il vertice al Viminale con i sindacati, oggi è stato il vicepremier Luigi Di Maio ad attaccare Salvini, usando – il che ha, oggettivamente, dell’incredibile, dato che si tratta del suo alleato di governo - lo stesso argomento usato da Zingaretti (che ribadisce in tutte le salse e dichiarazioni che “Salvini deve venire in Parlamento”) e cioè avanzando l’ipotesi che l'incontro con i sindacati al Viminale sia stato solo un diversivo per sviare l’attenzione dell’opinione pubblica dal ‘Russiangate’. Insomma, siamo – di nuovo – agli stracci, o ‘ai materassi’, tra la Lega e i pentastellati.


L'attacco di Di Maio identico a quello di Zingaretti…

“Chi vuole incontrare i sindacati lo può fare, quello che però mi dà noia in questo momento è che lo si faccia per sviare da una questione molto più grande che è quella di un vice primo ministro che secondo me deve andare a riferire in parlamento sulla questione russa. Sono sicuro che ci andrà e così ci darà anche modo come maggioranza di difenderlo” dice il vicepremier da Bologna: “Quando il Parlamento chiama è giusto che un ministro, un premier un vicepremier, un sottosegretario risponda” conclude.


Come già accennato, dunque, il capo politico del M5s ha ribadito gli stessi argomenti già avanzati ieri da Zingaretti, subito dopo l’incontro del leader leghista con i sindacati. Al punto che il coordinatore della segreteria dem Andrea Martella ne sottolinea, beffardo, l’identità di vedute: “Anche il vicepremier Di Maio dà ragione a Zingaretti. Meglio tardi che mai. L’unico problema è che con Salvini ci governa Di Maio”. Il che è, oggettivamente, ineccepibile.


La risposta di Salvini ‘non conclude’…

Da parte sua Salvini, nel corso di una conferenza stampa a Genova, a chi gli chiedeva se si presenterà in Parlamento, risponde duro: “Ci vado due volte alla settimana per il question time. Quello che mi chiedono, io rispondo. Rispondo a ogni cosa sullo scibile umano, sulle questioni più varie e eventuali. Rispondo, partendo dal presupposto che da dieci giorni mi sembra parlino del nulla. Ma ognuno occupa il suo tempo come vuole...”. Poi, però, in serata, fa sapere che, appunto, non ha alcuna intenzione di andarci.

E proprio ieri sera Salvini aveva spiegato al premier Giuseppe Conte, che lo aveva criticato sempre per l’incontro con i sindacati al Viminale dove c’era pure l’ex sottosegretario Siri, che “la mia pazienza ha un limite”.


Ma, in serata, ecco che arriva il colpo di scena: durante la conferenza dei capigruppo di Montecitorio, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, riferisce di non avere avuto alcuna risposta dal ministro Matteo Salvini alla richiesta del Pd di un’informativa in Aula sui presunti fondi russi alla Lega. Per questo, il Pd decide di “sospendere le attività parlamentari” e di occupare la commissione Affari costituzionali a Montecitorio. E così, per una volta, il Pd si prende la scena, i 5Stelle oscillano tra la voglia di dare il ‘calcio dell’asino’ a Salvini e quella di continuare a restare abbarbicati al governo, e Salvini sa che, una situazione così, non la reggerà ancora a lungo. Dentro la Lega, in diversi, anche ministri, gli avevano consigliato di sconfessare sì, Savoini, ma anche di riconoscere che il legame con lui era – come è – solido e saldo, ma Salvini non ci sente, da quell’orecchio. Del resto, gli stessi leghisti – sempre ministri in testa – sono due mesi che chiedono a Salvini, in tutte le salse, di rompere l’alleanza con i 5Stelle, aprire la crisi di governo e portare il Paese alle elezioni anticipate, ma al di là del fatto che, ormai, la ‘finestra’ utile per andare a votare si è chiusa (il tempo giusto voleva che la crisi venisse aperta entro e non oltre il 15 luglio per poter andare a votare non oltre la metà di settembre perché, subito dopo, inizia la sessione di bilancio, nelle Camere), Salvini ragiona e opera di testa sua. Anche quando sbaglia.


di Ettore Maria Colombo

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