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Giovanni Follesa: "La Sardegna non è omofoba, abbiamo atteso la Legge Cirinnà e volevamo il DDL Zan"


Spraynews ha intervistato Giovanni Follesa, giornalista de L'Unione Sarda e voce di Radio X, che ha appena pubblicato con Janus Editore nella collana Mareaperto un libro, We're family – Storie di unioni civili, che racconta gli effetti della Legge Cirinnà sulle unioni civili nella sua Sardegna.

Ciao Giovanni, ci puoi raccontare come è nato il tuo libro?


Nasce da una mia esigenza particolare, quella di capire e raccontare che tipo di impatto ha avuto l'approvazione della legge Cirinnà nella mia Sardegna. Così ho pensato di andare a cercare le storie delle coppie che grazie alla legge si sono sposate, per capire quale fosse il loro concetto di famiglia e quale sia stato il percorso personale che li ha portati all'unione civile o al matrimonio. Lo spirito del libro è quindi questo: raccontare le storie di dodici coppie scelte a caso e presentarle al pubblico.

Puoi farci qualche esempio di come nel territorio sardo questa legge abbia influito sulla vita concreta delle persone?

La prima cosa che ho riscontrato è che questa legge era tanto attesa, c'era la necessità di un riconoscimento legale per le tantissime coppie omossessuali presenti sul territorio regionale, come del resto in tutta Italia. Per fare un esempio, una delle coppie che ho intervistato, Giovanni e Stefano, che vivono tra Alghero e Sassari, hanno convissuto 40 anni in attesa di una legge simile e sono stati infatti i primi a sposarsi ad Agosto 2016 in Comune, alla presenza tra l'altro di Monica Cirinnà. E tanti altri come loro.

La Sardegna è una terra molto legata alle sue tradizioni, come è vissuto lì il tema dell'omosessualità, ci sono ancora pregiudizi?

Ti do un piccolo dato: dal 2016 al 2020 sono state registrate 153 unioni civili femminili e 305 maschili. Io ho avuto modo di scandagliare comune per comune e capire quante unioni civili fossero state fatte nei 367 comuni sardi: ho visto che non sono numerose nella zona del centro dell'isola, che è la più chiusa, difficile, dove queste tematiche forse sono ancora da affrontare nel modo giusto, soprattutto a confronto dei numeri delle grandi città come Cagliari, Sassari e le altre. C'è quindi una differenza evidente tra i piccoli centri e le città, e questo dipende anche dalla conformazione dell'isola: siamo poco più di un milione e mezzo di abitanti, quindi non siamo molti in generale, e di conseguenza è evidente che nei piccoli centri, che sono davvero poco popolati, sia più difficile fare arrivare un certo tipo di comprensione.

Anche se devo dire una cosa veramente positiva: in Sardegna che io ricordi non si sono quasi mai registrati casi di omofobia, aggressioni omofobe e cose simili sono qui rarissime, e questo è un grande merito sardo. Se si legge il libro, emerge uno spaccato molto umano e molto toccante del popolo sardo in relazione all'omosessualità, fuori da ogni stereotipo.

Mi racconti una storia che ti ha colpito?

Ti racconto di Damiano e Sergio. Uno dei due era neocatecumenale, e quando ha incontrato l'altro lo ha portato nella sua comunità religiosa per presentarlo a tutti, facendo outing. La reazione è stata come si può immaginare negativa, ed è iniziata una sorta di processo nei confronti dei due, con la comunità che gli chiedeva di separarsi e rimanere single. La cosa positiva nella storia è la reazione del ragazzo neocatecumenale, che se ne è andato con il suo compagno ed anzi proprio quella sera ha deciso di sposarlo

Come è stata vissuta invece in terra sarda la vicenda del DDL Zan?

Alessandro Zan era in Sardegna per presentare il suo libro proprio il fine settimana successivo alla bocciatura del DDL, quindi il suo tour ha assunto una valenza politica importante. Anche in Sardegna c'è stato moltissimo malcontento per come è finito l'iter; dal mio punto di vista sono state assolutamente vergognose le urla, i sorrisi compiaciuti, gli abbracci, le congratulazioni che ci sono state al Senato e abbiamo visto tutti quanti nel momento in cui c'è stata la bocciatura. Vero che la politica è fatta di vittorie e di sconfitte, però l'immagine che il Senato ha dato quel giorno non è stata degna di un paese civile: non mi pare ci fosse nulla da festeggiare, perché le azioni di odio, discriminazione e violenza contro chi vuole semplicemente amare una persona in Italia, come nel resto del mondo, ci sono, questo è innegabile, e la legge Zan non faceva altro che punire chi si metteva contro la libertà di essere sé stessi e amare. A me ha fatto tantissimo male questa cosa, ci poteva stare che la legge venisse affossata, ma non avrebbe dovuto esserci una reazione simile, non dovrebbe nemmeno essere concepibile.

Per finire, le coppie che hai intervistato cosa ne pensano delle adozioni, tema molto sentito nel mondo omossessuale, e del controverso argomento dell'utero in affitto?

Ho incontrato tantissime coppie, ciascuna con il proprio vissuto particolare, e quasi tutti pongono come centrale il tema delle adozioni. Ti voglio raccontare un paio di storie. Carlo e Pierpaolo, coppia di Alghero, hanno potuto adottare grazie alla cosiddetta maternità surrogata, ovviamente fuori dall'Europa, negli Stati Uniti: ormai loro figlia ha cinque o sei anni ed è cresciuta tra tantissimo amore e cure. Poi ci sono due donne di Sassari, Cristina ed Annalisa: una delle due ha avuto una figlia grazie all'inseminazione artificiale, e la cosa particolare è che loro desideravano battezzarla, e sono riuscite a trovare un sacerdote che lo ha fatto, ed ha riconosciuto entrambe come madri nel certificato di battesimo. Questo mi ha molto colpito, mentre me lo raccontavano quasi non ci credevo.

Ti capisco, è abbastanza sorprendente.

Veramente unica. Quindi ci stanno delle storie assolutamente particolari, che ribaltano alcuni punti di vista abituali, e mostrano che si può sempre trovare una buona soluzione. Queste storie danno speranza, perché dimostrano che ci sono persone che riconoscono l'amore, e nel farlo rinunciano ad ogni tipo di ostracismo.

Di Umberto Baccolo.


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