Il no all'Alta Velocità detto recentemente dal consiglio comunale di Torino e la rivolta delle associazioni delle attività produttive che hanno manifestato sotto il Comune sono serviti per far appuntare l'attenzione sulla situazione del capoluogo piemontese. C'è stato come un risveglio di una serie piuttosto eterogenea di sigle proprio grazie alla Tav e Massimo Giuntoli, presidente dell'Ordine degli Architetti di Torino, sta organizzando una serie di incontri che potrebbero culminare in una manifestazione. Nulla a che vedere con la marcia dei 40 mila, quei quadri Fiat che il 14 ottobre 1980 sfilarono per le strade sabaude in segno di protesta contro i picchettaggi che impedivano loro, da 35 giorni, di entrare in fabbrica. Certo, quella spinse il sindacato a chiudere la vertenza con la Fiat, ed altrettanto sperano i favorevoli alla Tav che sabato scenderanno in piazza.
Architetto Giuntoli, si farà questa manifestazione?
«Domani mi incontro con le sigle produttive come Unione Industriale, Api, Confartigianato, Cna e altre. Poi decideremo quando farla. Sembrerebbe il 10 novembre, sabato prossimo. Stiamo decidendo, comunque sarà una manifestazione non politica, super partes e senza strumentalizzazioni. Giovedì poi mi incontro con gli ordini professionali e i due lettori di Politecnico e facoltà umanistiche. Sembra proprio che siamo tutti uniti per dire a questa giunta, ormai arrivata a metà mandato, che così non va».
Ecco, la giunta Appendino. Sembrerebbe che una parte rilevante della città, quella delle attività produttive, sia stanca dei continui no targati 5 Stelle
«A Torino c'è un sentimento della società civile e dei cittadini, nel rispetto delle elezioni, che porta a essere un po' stufi dei no continui degli ultimi mesi a Torino: G7, Olimpiadi, Tav. Questo si innesta nella revisione del piano regolatore che è un po' modesta, io ne avrei preferito uno nuovo. La Tav è un pretesto importante per dire alla giunta Appendino che c'è qualcosa che non funziona e Torino merita di respirare l'energia che c'era nel 2006».
Voi avete proposto l'apertura di un tavolo di confronto super partes proprio sulla Tav, ma il sindaco ha gentilmente rifiutato. Forse perché siete schierati decisamente a favore della Tav?
«Noi non siamo una parte, la Tav è un'opera che va fatta. E lo dico senza sapere chi ha appoggiato o no l'Alta Velocità, è migliorare il traffico sul tunnel del Frejus, ed è l'Europa che ce lo ha chiesto. Dal Frejus passano 750 mila tir all'anno, 2 mila al giorno. In Italia portiamo l'80% delle merci su gomma e il 20% su rotaie; con la Tav si invertirà quel rapporto».
L'Ordine degli Architetti ha organizzato una serie di incontri dal titolo "Architettiamo la città". Sembra abbia ottenuto un buon successo. A che cosa porterà?
«Attraverso il nostro viaggio per le circoscrizioni abbiamo chiesto ai cittadini su quali strutture Torino dovrebbe puntare. Sul turismo congressuale, ad esempio, abbiamo perso molto terreno: se la città intende ospitare convegni di caratura internazionale, da almeno 5 mila persone, c'è bisogno di un nuovo centro congressi, non si può andare avanti col Lingotto e con Torino incontra. Poi vorremmo candidarci come città dello sport e quindi abbiamo bisogno di palazzetti sportivi come il pane, così potremmo riqualificare le periferie. Quindi abbiamo ascoltato cittadini per otto mesi, abbiamo preso le parole chiave di ciò che non va e il 14 dicembre presenteremo alla Lavazza con tutte le istituzioni e i cittadini la sintesi di questo lavoro, interviste con ospiti internazionali e un video in cui immaginiamo una città che arrivi al 2050. Proporremo qualcosa di nuovo, una visione super partes in cui noi prenderemo le best practices europee. Un esempio: in circoscrizione si parla del mercato? Noi prenderemo il mercato di Bruxelles come esempio. Fiumi? Prendiamo Lione. Infrastrutture? Salt Lake City. Faremo vedere come le cose funzionano nelle città del mondo. Ho la sensazione che "Architettiamo la città" sia diventato quasi un format, il Consiglio Nazionale degli Architetti vorrebbe che fosse fatto anche in altre città per consegnare un buon lavoro a un'amministrazione, di qualsiasi colore esso sia».
di Paolo dal Dosso
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