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Giuseppe Brescia: I bambini ci guardano. E’ l’ora dello ius scholae. Basta con gli alunni di serie b



Onorevole Brescia, oggi può essere il principio di una grande storia. La Commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato, con il voto contrario di Lega e Fdi e l’astensione di Coraggio Italia, il testo del progetto di legge, di cui lei è relatore, che introduce in Italia lo ius scholae, ovvero, se ho capito bene, il diritto dei bambini, nati in Italia e figli di stranieri, di ottenere la cittadinanza italiana, dopo cinque anni di frequenza scolastica. Quanto è importante il voto di oggi per un Paese, come il nostro, che di fronte ai diritti, anche i più elementari, è troppo spesso indietro nei confronti non solo di altri Paesi, ma anche dell’opinione pubblica?


Il voto di oggi è solo un primo passo. La discussione proseguirà sugli emendamenti, che verranno presentati al testo. Ho sempre detto ai tanti ragazzi, che ho incontrato, che non voglio né illuderli, né deluderli. Il testo proposto toglie ogni alibi a chi vuole strumentalizzare. Non si discuterà sullo ius soli, una parolina magica che ha creato solo contrapposizioni lasciando tutto così com’è. Io credo che i partiti debbano guardare in faccia questi cittadini. Spero che la mobilitazione dal basso, che ci sarà, li possa influenzare. Su questo tema, come su tanti altri, la società è più avanti.


Quanto è assurda e pesante la discriminazione nei confronti di centinaia di migliaia di bambini, che siedono sui banchi scolastici, fianco a fianco con i nostri figli, ma che per legge non sono come loro e come noi?


Credo che sia anche un torto al lavoro degli insegnanti che a scuola trasmettono valori e conoscenze decisive per la convivenza civile. Con questa proposta diritti e doveri camminano insieme. E poi c’è una pesante contraddizione nella legislazione. La dico con le parole del professore Morozzo della Rocca della Comunità di Sant’Egidio, che abbiamo ascoltato in audizione in commissione. Con il principio dello ius sanguinis “si potrebbe benissimo essere italiani senza sapere dov’è l’Italia e appartenendo, magari, a una comunità antropofaga dell’Oceania dove un avo italiano esploratore si invaghì nel 1800 della trisnonna concependovi un figlio creolo, cresciuto senza nemmeno sapere di essere italiano”. Ecco, su questo bisognerebbe riflettere.


Quanto è odioso fare politica in nome di ideologie e pregiudizi, che non risparmiano neppure i bambini? La tragedia della guerra non dovrebbe insegnarci che tutte le ingiustizie vanno combattute, a partire da quelle che colpiscono le persone più deboli, quali sono i bambini? Come si può essere sensibili a corrente alternata, specie quando si tratta di bambini?


La guerra ci riporta alle basi dell’umanità. La contrapposizione politica è nulla quando si è uomini di fronte ad altri uomini. Si annullano i colori. L’abbiamo visto anche con la pandemia. Per questo credo che i partiti, che si oppongono alla proposta, debbano incontrare i ragazzi e le ragazze che da anni si mobilitano per questa battaglia di civiltà. Al tempo stesso non voglio che venga strumentalizzato il conflitto in corso a fini quasi “pietistici”, con rischi di paradossali caricature. Guardiamo il testo per quello che è.


Lei, a questo punto, è ottimista? Ce la faranno i bambini, sinora considerati stranieri, e ce la faremo noi ad avere una legge, che tutela un diritto tanto elementare quanto prezioso?


Garantisco il mio massimo impegno personale nel dialogo con tutti. Il MoVimento 5 Stelle è sempre in prima fila sui diritti e spero che i partiti non usino questo tema come clava preelettorale, sia a destra che a sinistra. Questa proposta non ha nulla a che fare con l’immigrazione, ma con l’integrazione. Questi ragazzi sono già in Italia. Si tratta solo di prendere atto della realtà.


di Antonello Sette

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