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Giustizia, Rampelli (Fdi): «Palamara ha acceso un riflettore, ma non basta solo il referendum»




Fabio Rampelli, deputato di Fratelli d’Italia e attuale vice presidente della Camera dei Deputati, in un’intervista esclusiva rilasciata a Spraynews, sottolinea come il referendum, proposto da Radicali e Lega sulla giustizia non sia la panacea di tutti i mali, ma esorta il Parlamento a procedere quanto prima con una riforma, in grado di superare il correntismo denunciato nelle inchieste di Palamara. Per quanto riguarda la capitale, invece, sottolinea come debba essere data la priorità agli esponenti della società civile e quindi come l’ipotesi Gasparri non sia mai stata neanche sul tavolo del centrodestra.


Rampelli, Fratelli d’Italia è il secondo partito d’Italia. Gli elettori hanno premiato la scelta di stare all’opposizione?


«Si sta premiando la coerenza e la linearità del comportamento di Fratelli d’Italia. Il problema non è stare all’opposizione o in maggioranza, ma rispettare la parola data. Abbiamo detto che saremo andati al governo su precisa indicazione degli elettori e non con manovre di palazzo. Draghi è un presidente del Consiglio autorevole, ma non è stato votato dalle persone. Per tale ragione, l'attuale esecutivo non ci interessa».


Possiamo dire che in un certo senso “le volgarità”, come lei le ha più volte definite, contro la Meloni vi rafforzano?


«Non ci sono grandi dubbi. Ritengo che la sinistra non abbia ancora capito ed è una reminiscenza antica o meglio ancora degli anni 70 che questa modalità aggressiva, intollerante e addirittura discriminatoria scivola sul piano inclinato, nell’indifferenza dei cittadini italiani, che si sono abituati a valutare le persone e i leader per ciò che dicono, sincerità e appunto coerenza. La gente, infatti, riconosce la Meloni come chi è capace di far corrispondere alle proprie affermazioni idee e conseguenze, aspetto che fino a qualche tempo fa sembrava quasi impossibile nel panorama politico italiano. Questa è la ragione per la quale serve quanto prima una democrazia avanzata in cui ci si possa confrontare senza essere criminalizzati, ghettizzati o discriminati».


Un tema oggi molto discusso è quello relativo alla giustizia. Se l’argomento torna a essere di massa, lo si deve anche alle inchieste di Palamara?


«Ha acceso sicuramente un riflettore, considerando il suo punto di vista oggettivo. Egli racconta dall’interno quello che è accaduto. Non è più un’accusa che arriva da un altro organo dello Stato. In questo caso, sono state narrate cose veramente importanti. Come si dice nel gergo, si temeva che piovesse, ma non che grandinasse. La cosa più scandalosa del suo lavoro e che ha indignato il Paese è che le posizioni apicali dello Stato venivano di fatto lottizzate tra correnti di uno stesso partito, cioè del Pd. E’ davvero inaccettabile tutto ciò perché dimostra che non esiste uno Stato di diritto».


Il referendum proposto da Radicali e Lega basterebbe per cambiare la giustizia in Italia o serve una commissione d’inchiesta parlamentare come proposto da Labboccetta?


«Sono del parere che ogni strumento utile a fare chiarezza debba essere utilizzato perché i cittadini devono essere rassicurati, devono potersi riconquistare il diritto ad avere una magistratura, a tutti i livelli, senza eccezione alcuna, terza, equilibrata e che faccia prevalere il merito, la laboriosità e non l’appartenenza politica-partitica. Il referendum, pertanto, è un’iniziativa a cui siamo abbastanza abituati, ma certamente non è la panacea ad ogni male. Può darsi anche che se ne faccia uno e nessuno intende correggere le anomalie perché non gli viene consentito di farlo. Prima del referendum, pertanto, c’è l’attività parlamentare. Occorre mettere le mani subito alla riforma della giustizia per renderla più snella, veloce, ma soprattutto più imparziale».


Cambiando argomento, si avvicinano le amministrative, ma il centrodestra prende ancora tempo sui candidati alla fascia tricolore nelle grandi città del Paese…


«Faccio presente che il centrosinistra, che ha il governo dei territori che vanno al voto, tenendo conto che Pd e 5 Stelle hanno i primi cittadini di Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna, solo pochi giorni fa ha sciolto delle riserve e indicato delle proposte, tra l’altro che in alcuni casi devono passare per le primarie e quindi non definitive. Il centrodestra ci sta impiegando più tempo perché ha scelto di fare un appello alla società civile per avere candidati che non siano espressione di partiti, ma dei cittadini. L’operazione, nonostante sia un atto di generosità estremo, perché toglie al centrodestra un potere, è risultata più difficile del previsto, ma la certezza è che saranno rappresentanti di tutto il centrodestra e non capiterà quello che accade a sinistra, dove ogni partito ha il proprio candidato sindaco».


Diversi parlamentari del M5s sottolineano come il ritorno di Gasparri a Roma possa facilitare la riconferma per la Raggi. Forse meglio puntare su Michetti?


«Gasparri non è un’espressione della società civile per quanto sia un parlamentare di lungo corso, un conoscitore di Roma, un ex ministro ed ex sottosegretario. Da settembre in poi, i leader del centrodestra, hanno deciso che ci doveva essere a Roma un’espressione della società civile e non della politica».


Ieri è stato il 2 giugno, a 75 anni dal referendum, quanto è importante oggi il senso di “nazione”?


«Nazione lo siamo sempre stati perché precede lo Stato. La Repubblica è una forma che viene data a una comunità nazionale intera per conferirle il diritto e il potere di organizzarsi e quindi avere anche delle istituzioni. Se non ci fosse stata la nazione, pertanto, non ci sarebbe stata la Repubblica italiana».


Spesso il Paese, comunque, è ancora diviso. Mentre ci sono un Sud e un centro che si svuotano, il Nord cresce. Nonostante ciò, si sentono casi come quello della Rai, che intendono spostare il centro di produzione da Roma a Milano. Non le sembra un controsenso?


«Milano è una grandissima città, che dà molto all’Italia e lo Stato deve continuare a sostenere la sua capacità di sviluppo ed estensione. Allo stesso tempo, comunque, non si può pensare di fare tutto lì. La nazione è fatta di equilibri, di spinte, di necessità di investimenti in maniera trasversale alla latitudine geografica dello stivale. Il nostro problema principale oggi è colmare il divario infrastrutturale, digitale e organizzativo, socio-economico che esiste tra il Nord e il Centro-Sud. Nulla da eccepire su Milano, pertanto, ma abbiamo necessità di mantenere e rafforzare o esportare nel Mezzogiorno realtà che possano essere utili a rilanciare l’Italia perché il giorno in cui partirà una nuova vita per il Sud sarà quello in cui il nostro Paese avrà qualcosa da dire nello scenario continentale».


Edoardo Sirignano

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